Ieri eccezionalmente inforMARE non è "uscito". Perché ieri è stata una giornata eccezionalmente triste: è morto Carlo Bellio, giornalista, fondatore, editore e guida del nostro giornale. E' difficile continuare a lavorare in questo momento. Carlo è stato il nostro consigliere nei cruciali momenti della fondazione di inforMARE, ci ha sorretto e consigliato nelle difficili scelte che si sono dovute affrontare nei sei anni di vita del giornale.
Con la sua volontà ci ha permesso di scavalcare ostacoli per noi insuperabili. Era cresciuto giornalisticamente ne "L'Avvisatore Marittimo", di cui era stato per 24 anni direttore responsabile ed editore. Aveva lasciato "L'Avvisatore" il 31 dicembre 1995. Ma quel giornale, fondato nel 1919 da suo nonno e da suo padre - come ha scritto in alcune note che ha voluto consegnarci - lui lo portava sempre «nella testa e nel cuore».
Nel 1996 venne a regalarci la sua esperienza. Lui considerò inforMARE «come un altro figlio, a cui dedicare tutte le energie, entusiasta del nuovo mezzo d'informazione e delle sue infinite possibilità». Pur minato nel fisico, ha continuato a scrivere, interessarsi, lavorare. La sua volontà e la sua determinazione - non glielo abbiamo mai detto - ci sono servite da sprone. Anche negli ultimi istanti di vita ci ha esortato: «forza, ragazzi, siamo forti». Una sicurezza fondata sulla sua onestà, sull'essere consapevole di avere la coscienza a posto. Una certezza che ognuno di noi dovrebbe inseguire come traguardo di vita, come lui ha voluto spiegare in una lettera scritta alla giovane nipote. L'abbiamo voluta riportare più avanti, perché quelle poche righe ce lo ricordano nitidamente e perché egoisticamente vorremmo ci fossero state indirizzate.
Con Carlo non si sprecavano parole. Parlavamo solo di argomenti importanti per noi, nel lavoro e nella vita. La sua eredità non è fatta di parole, è fatta di esempi. Una traccia troppo limpida e lineare che, pur non riuscendoci, ci sforziamo di ripercorrere.I funerali si svolgeranno mercoledì 24 gennaio alle ore 08:15 nella parrocchia del Sacro Cuore di Gesù e S. Giacomo di Carignano
Cara nipote,
vorrei tanto - da vecchio - darti qualche consiglio, ma so che i giovani a udire certe cose s'annoiano.
Volevo parlarti dell'onestà, dell'onestà verso il mondo ma soprattutto dell'onestà verso se stessi.
Oggi molti non sono onesti perché non è stato neanche spiegato loro cos'è l'onestà, come si pratica e a che serve.
Dovrei dirti che l'onestà, in un oceano di disonesti, è difficile da praticare, lascia sempre chi è onesto in ombra, qualche volta lo squalifica in compagnie troppo "avventurose".
Dovrei dirti che la disonestà rende quasi sempre sùbito, e bene anche, mentre l'onesto aspetta, e spesso invano, il semplice riconoscimento della propria virtù.
Dovrei dirti quanto sia difficile navigare in un mare di soprusi, di intrallazzi, di furberie, di corruzione, di bugie. Corruzione e bugie sono gli assi portanti di questa nostra società, in cui la coscienza individuale esiste sempre, ma bisogna andarla a cercare con fatica.
Dovrei dirti che l'onestà è sempre disarmata e soverchiata dai disonesti. Che non rende mai nulla. Che spesso non è compresa.
Ma dovrei dirti anche quale sublime fierezza essa consenta, quale felicità interiore, quanta pace intensa apporti. Chi è onesto - e per onesto non intendo solo chi non si appropria di cose altrui, ma chi soprattutto è onesto nel comportamento, nel giudizio - chi è onesto, dicevo, può guardare con immenso orgoglio gli occhi dei propri figli e dire: "io, onesto, ti ho generato onesto. Spetta ora a te seguire il mio esempio".
|
|