Il gruppo navalmeccanico spagnolo Izar potrà essere posto in liquidazione nel giro di quattro o cinque mesi. Lo ha dichiarato oggi il presidente della Sociedad Estatal de Participaciones Industriales (SEPI), Enrique Martínez Robles, società a cui fa capo Izar, precisando che questa prospettiva si concretizzerà a meno che «non vengano assunte misure urgenti per la sua sopravvivenza».
L'allarme è stato lanciato da Martínez Robles nel corso di un'audizione alla commissione Economia e imprese della Camera di Madrid. Il presidente di SEPI ha precisato che nel prossimo ottobre Izar dovrà far fronte ad una nuova risoluzione dell'Unione Europea che aumenterà di 560 milioni di euro (più gli interessi) l'ammontare dell'importo degli aiuti illegali che il gruppo navalmeccanico dovrà restituire. I 560 milioni di euro furono elargiti a Bazán, gruppo a cui facevano capo i cantieri navali militari, sotto forma di aumento di capitale per la fusione con i cantieri navali civili Astilleros Españoles (AESA) (
inforMARE del
19 luglio 2000). Con la precedente richiesta di restituzione di altri aiuti illeciti (
inforMARE del
21 luglio 2004) e con la richiesta di restituzione di crediti fiscali per 110 milioni di euro, il gruppo Izar dovrà restituire complessivamente ben 1,1 miliardi di euro compresi gli interessi.
Martínez Robles ha reso noto che il governo spagnolo ha già avvertito le autorità della Comunità europea che la restituzione degli aiuti «risulta impossibile» in quanto il versamento dell'importo determinerebbe per Izar un patrimonio netto negativo che costituirebbe «motivo legale per il suo scioglimento».
Il presidente della SEPI ha annunciato che il piano industriale che il governo spagnolo presenterà a Bruxelles nel corso di quest'estate prevede la separazione dei cantieri navali militari da quelli civili per «preservare» i primi, mentre - ha detto Martínez Robles - i cantieri navali civili «dovranno ricevere finanziamenti privati per poter sopravvivere».
Il presidente della SEPI ha sottolineato le difficoltà attraversate dai cantieri navali civili, i cui costi di produzione si situano tra il 25% e il 40% al di sopra dei prezzi di mercato a causa della forte concorrenza portata dai Paesi asiatici, in particolare dalla Corea, che beneficiano di costi molto inferiori e raccolgono l'85% della produzione mondiale.
SEPI - ha detto Martínez Robles - valuterà «tutte le possibilità di collaborazione con il settore privato» per il mantenimento dei cantieri civili ed ha affermato che il suo gruppo ha già ricevuto «alcune manifestazioni di interesse da parte di operatori privati qualificati del settore della costruzione navale».