Il quadro è sempre lo stesso. Talmente monotono e monocromo da risultare assolutamente privo di vitalità. È il quadro dell'economa italiana, tratteggiato - questa volta - dall'Associazione Ligure Commercio Estero (ALCE).
Stamani, in occasione dell'assemblea annuale dell'associazione, il presidente dell'ALCE, Vittorio Doria Lamba, ha parlato di un «sistema produttivo italiano alle prese con un calo di competitività e una dimensione delle aziende troppo piccola per riuscire, senza una rete, a sostenere i costi dell'innovazione tecnologica e dell'internazionalizzazione, che è diventata una necessità di sopravvivenza». Perché di sopravvivenza si parla, ormai da alcuni anni, per l'economia italiana, che non riesce a sostenere le durissime sfide della globalizzazione.
Per l'Italia è ormai «crescita zero». «L'Italia - ha sottolineato nella sua relazione Doria Lamba - ha archiviato un 2005 all'insegna della stagnazione. E quest'anno è scesa di tre posizioni nella graduatoria della competitività scivolando al cinquantaseiesimo posto, ben al di sotto dei partner europei e anche dietro a Croazia, Polonia e Romania».
Lievemente migliore la situazione dell'economia ligure, che presenta una crescita del prodotto interno lordo dello 0,5% e un incremento delle esportazioni del 17% rispetto al 2004, dati che - ha osservato Doria Lamba - «segnalano una timida ripresa».
L'internazionalizzazione - secondo ALCE - è un requisito essenziale per poter mantenere e acquisire competitività. Perciò l'associazione ha invitato le istituzioni a costruire un percorso per aiutare le imprese a internazionalizzarsi. «La Regione Liguria - ha detto il presidente dell'ALCE - si sta muovendo in questa direzione, ma è necessario razionalizzare gli interventi affidando ruoli più precisi a tutti i soggetti che hanno le competenze per candidarsi a svolgere un ruolo nell'internazionalizzazione delle aziende liguri». In particolare - ha precisato Doria Lamba - «ci vuole una legge regionale, già prevista dagli accordi sottoscritti un anno fa, ma non ancora messa in atto. Per fare un grande film ci vuole un bravo regista, ma è necessario che ogni attore, siano essi primi attori o comprimari, conosca il proprio ruolo per interpretare la parte. Cioè è necessaria una legge che deve essere scritta a più mani».
Vittorio Doria Lamba ha evidenziato anche l'importanza del sistema dei porti liguri nel quadro dello sviluppo dell'economia regionale. Il porto di Genova che - ha detto - «ha tutte le potenzialità per puntare ad un ruolo strategico non solo nazionale, ma europeo». Il presidente dell'ALCE ha rivendicato per l'associazione un ruolo nella pianificazione delle strategie di crescita del porto: «come rappresentanti della merce - ha spiegato - riteniamo che i tempi siano maturi per l'ingresso dei rappresentanti del commercio nel Comitato Portuale di Genova e in quelli degli altri porti liguri».
Concorde il presidente dell'Autorità Portuale di Genova, Giovanni Novi. «È una manchevolezza - ha risposto - se l'ALCE non è presente nel Comitato Portuale». Novi ha chiesto inoltre la collaborazione di tutti per l'attuazione dei progetti di ristrutturazione del porto inclusi nel piano regolatore portuale vigente e nel disegno del waterfront portuale tracciato dall'architetto Renzo Piano.
Replicando alle accuse che con frequenza gli piovono addosso, il presidente della port authority ha assicurato che le critiche lo incentivano. Tuttavia ha ammesso di «aver chiesto incautamente agli amici industriali di fare critiche». Questi ultimi non si sono risparmiati. Il settore industriale del porto è in ebollizione ed un ennesimo sbuffo di vapore è fuoriuscito ieri da Confindustria Genova sotto forma di comunicato stampa con il quale le aziende genovesi di riparazione navale hanno risposto seccamente "no, grazie" al piano di riassetto dell'area industriale dello scalo elaborato dall'Agenzia Waterfront (
inforMARE del
20 giugno 2006).
«Sono un po' di anni che vediamo sfilare progetti sul porto di Genova», ha replicato il presidente degli industriali della provincia di Genova, Marco Bisagno, nel corso dell'assemblea. Ed ha ribadito che le imprese accettano solo progetti fattibili, finanziabili e con tempistiche definite. «Questa città - ha rilevato - non può spendere migliaia, milioni di euro solo per fare progetti di abbellimento». I soldi - ha aggiunto Bisagno - Genova deve spenderli per le infrastrutture e per lo sviluppo economico.
Bruno Bellio