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Le velleità del sistema portuale ligure
Genova, La Spezia e Savona provano tutte le strade, anche quella editoriale, pur di trovare risposte ai problemi della portualità regionale e nazionale
13 gennaio 2010
Si parla da anni di costituire un vero sistema portuale ligure. Sono state ventilate varie ipotesi: dalla semplice promozione congiunta del sistema sui mercati mondiali fino ad arrivare alla fusione delle Autorità Portuali di Genova, La Spezia e Savona. La collaborazione - dal punto di vista degli attuali presidenti dei tre enti: Luigi Merlo, Lorenzo Forcieri e Cristoforo Canavese - deve avere lo scopo di evidenziare a livello nazionale le necessità di tale sistema portuale e le opportunità che offre all'economia italiana. Un'attività di lobby, quindi.
«È necessario sottolineare il ruolo della portualità», dice Merlo. «Il settore portuale - aggiunge Forcieri - è stato troppo trascurato negli ultimi anni». «La strada - spiega Canavese - è quella di lavorare assieme su obiettivi comuni».
Su molti temi di politica dei trasporti i tre enti portuali intendono parlare con un'unica voce, quella di “Spazio & Porti”, un nuovo magazine trimestrale diretto da Gianfranco De Ferrari, coordinato da Pierfranco Pellizzetti ed edito da De Ferrari e Devega Srl per conto di Ligurian Ports, l'associazione nata del 2008 con l'obiettivo di consolidare il rapporto tra i porti della regione (inforMARE del 9 luglio e 24 settembre 2008).
L'intento, sia per via editoriale che percorrendo altre strade, è di dare impulso alla portualità ligure e più in generale a quella italiana, sollecitando decisioni politiche che restituiscano competitività al sistema portuale nazionale. C'è n'è bisogno. Su ciò concordano Merlo, Forcieri e Canavese.
L'urgente esigenza evidenziata dai presidenti degli enti portuali liguri induce a ritenere fallimentare il ruolo di promotore della portualità nazionale di Assoporti, l'associazione delle Autorità Portuali italiane. Se da una parte i porti di Genova, La Spezia e Savona invocano soluzioni ai problemi infrastrutturali che limitano la loro funzione a servizio dell'economia del Nord Italia, infatti, dall'altra chiedono anche decisioni politiche che consentano di sviluppare la concorrenzialità dell'intero sistema portuale italiano. Istanza, quest'ultima, che evidentemente Assoporti non pone con sufficiente autorevolezza. Questo, almeno, è quanto abbiamo percepito dalle parole di Merlo, Focieri e Canavese e questo avremmo voluto chiedere loro se le facoltà del cronista, già di suo carente di prontezza, non fossero state ulteriormente intorpidite dal freddo-umido di stamani penetrato anche nella sede dell'ente portuale genovese di Palazzo San Giorgio, dove è stato presentato “Spazio & Porti”.
Alla politica nazionale Forcieri, ma anche Merlo e Canavese, chiedono «strumenti per affrontare le sfide» e sollecitano «il riconoscimento del ruolo strategico della portualità nei confronti dell'economia del Paese».
A credere alle parole dei tre presidenti si desume il fallimento della politica nazionale dei trasporti. Noi non ci crediamo. Riteniamo semplicemente che tale politica non ci sia mai stata essendo naufragato ogni timido tentativo di definirla. Le ultime tracce evidenti di quella che può essere qualificata come politica dei trasporti sono costituite dalla rete autostradale italiana, tracciata oltre cinquant'anni fa. Il risultato è che ancora oggi la nostra economia si regge sull'autotrasporto. Gli interventi successivi sono stati dettati dalla necessità di porre rimedio alle emergenze.
Non c'è molto da attendersi dal legislatore nazionale. Sembra di questo parere anche Merlo, secondo cui il 2010 sarà un anno cruciale, ma non certo perché quest'anno sarà varata (probabilmente) una nuova legge sui porti che prenderà il posto della n. 84 del 1994. Le novità arriveranno dall'Unione Europea, che forse - spiega il presidente dell'authority genovese - individuerà i principali sistemi portuali dell'UE, cosa che noi non siamo in grado di fare a casa nostra. Inoltre è atteso il Libro Bianco sulle reti transeuropee TEN-T. Se Roma non risponde, è Bruxelles che detta legge.
Ormai le periferie italiane chiedono solo autonomia, consapevoli come sono che dal centro non avranno risposte. «Il nostro cronico problema di articolare ciò che vogliamo in quanto comunità nazionale - scrive Lucio Caracciolo nel numero zero di “Spazio & Porti” - significa non riuscire a mettere insieme una strategia organica di sviluppo dei nostri porti e dei nostri retroporti». «Se il futuro dei porti sta nella loro appartenenza strutturata a insiemi macroregionali sincronizzati e dinamici - conclude - siamo dunque abbastanza sicuri che i nostri porti non hanno un grande futuro». Amen.
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