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Lavoro portuale, nuove tensioni per il distacco di dieci lavoratori dal porto di Genova a quello di Trieste
Sindacati e lavoratori accusano le Autorità di Sistema Portuale
1 giugno 2018
Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e UGL Mare hanno espresso preoccupazione all'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale e a quella del Mare Adriatico Orientale per un episodio di distacco di dieci lavoratori del terminal del porto di Genova gestito dalla C. Steinweg - GMT del gruppo olandese C. Steinweg, che sono stati impiegati per un mese presso l'Adria Terminal al Molo II del porto di Trieste in cui opera la stessa azienda, distacco che è stato denunciato dal Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) di Genova e che ha suscitato anche la protesta di USB/CLPT (Coordinamento Lavoratori Portuali di Trieste) che hanno deciso di tenere questo pomeriggio un presidio all'entrata della sede Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale
CALP ha stigmatizzato come «una nuova provocazione senza precedenti» l'invio in trasferta dei dieci lavoratori» e ha denunciato che «tutto sarebbe filato liscio nel silenzio dell'Autorità di Sistema e dei sindacati se i lavoratori portuali di Genova non avessero denunciato questo misfatto senza precedenti: trasferire lavoratori da un porto a un altro, a lavorare con doppi turni, avvicendandoli di settimana in settimana, al posto dei portuali locali». ««I lavoratori genovesi - ha concluso CALP - devono rientrare subito da Trieste perché Steinweg - GMT deve assumere il personale per la sede locale come previsto dalla legge».
USB/CLPT hanno definito l'invio di lavoratori genovesi e mezzi da parte di C. Steinweg - GMT, oltre che «inaccettabile», «un'ulteriore grave provocazione verso tutti i lavoratori portuali» ed hanno criticato anche l'AdSP del Mare Adriatico Orientale accusandola di aver creato e avallato questa situazione in quanto, con l'istituzione dell'Agenzia per il lavoro portuale del porto di Trieste (ALPT), l'agenzia per il lavoro portuale temporaneo controllata dalla stessa AdSP, «non è stata in grado di pretendere con determinazione che i lavoratori dell'articolo 17 venissero formati dai vari terminalisti. L'ovvia conseguenza - hanno rilevato - è stata la mancanza di personale qualificato, adottata come scusa dai terminalisti nel richiedere la possibilità di usare i lavoratori genovesi. Avvallata nel totale silenzio come se fosse una prassi normale».
Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e UGL Mare, specificando di ritenere la soluzione adottata dalla società terminalista per sopperire alla carenza di manodopera specializzata «straordinaria e mai più ripetibile», hanno chiesto all'AdSP del Mare Adriatico Orientale la convocazione di un urgente incontro «affinché siano chiariti i contorni di questa “anomala” e per certi versi “contrattualmente non corretta” situazione, che si è venuta a creare nello scalo triestino». «In una fase di lotta e di forte impegno dei lavoratori portuali nel difendere e far rispettare le norme che oggi regolano il mercato del lavoro e delle imprese nei porti italiani - hanno evidenziato le organizzazioni sindacali - situazioni di questo tipo, rischiano di aumentare le tensioni già esistenti». Le segreterie territoriali di Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e UGL Mare hanno concluso precisando di ritenere che «non sia più rinviabile l'avvio di una profonda analisi sui fabbisogni formativi delle maestranze locali, avendo quale obiettivo la sottoscrizione di un accordo che definisca precisi percorsi che diano la possibilità ai lavoratori di acquisire quelle professionalità, che oggi mancano. Ciò - hanno osservato - permetterebbe di garantire la piena autosufficienza del nostro porto rendendo di conseguenza non più necessari interventi esterni».
Nella lettera all'AdSP del Mar Ligure Occidentale, in cui i rappresentanti locali di Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti ricordano che «i lavoratori in oggetto fanno parte di una concessione legata ad un piano di impresa, che comprende un numero di dipendenti, che ad oggi con questa operazione non viene rispettato, i rappresentanti dei tre sindacati ricordano inoltre «che già le segreterie nazionali in passato sono dovute intervenire su una bozza di legge che prevedeva di regolarizzare questo meccanismo, che ad oggi è vietato dalla legge».
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