- Riassumere gli 800 marittimi licenziati in tronco da P&O Ferries? Non se ne parla neanche, è la risposta dell'amministratore delegato della compagnia di navigazione, Peter Hebblethwaite, a questa richiesta, posta ieri sotto forma di intimazione dal ministro dei Trasporti di Londra, Grant Shapps, quale replica del governo alla decisione del vettore marittimo, che fa parte del gruppo DP World di Dubai, di lasciare a casa lo scorso 17 marzo, da un'ora all'altra, il proprio personale di bordo per rimpiazzarlo con lavoratori esteri meno costosi ( del 17 e 28 marzo 2022).
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- In una lettera inviata oggi al ministro, Hebblethwaite ha ribadito che la compagnia ha esaminato tutte le opzioni alternative per concludere infine di non aver altra scelta che quella di licenziare i marittimi. «Se non lo avessimo fatto - ha scritto l'amministratore delegato di P&O Ferries - avremmo rischiato il collasso dell'intera compagnia con la perdita di 3.000 posti di lavoro. Pertanto, purtroppo, non abbiamo avuto altra scelta che licenziare 786 dei nostri colleghi senza seguire le corrette procedure». Con queste parole Hebblethwaite ha confermato nuovamente che l'azienda non ha rispettato le norme del diritto del lavoro, aggiungendo però, quale compensazione ritenuta equa dalla compagnia per questo atto illegale, che «per questo stiamo risarcendo adeguatamente e rapidamente il personale che ha lasciato i nostri posti di lavoro».
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- Nella lettera Hebblethwaite rinfaccia al ministro di non aver compreso il problema: «mi hai chiesto - ha proseguito il CEO di P&O Ferries - di annullare la nostra decisione e di “ridare a tutti gli 800 lavoratori il loro lavoro”. Purtroppo ciò sottovaluta le questioni fondamentali ed attuali della situazione. Innanzitutto continuano a sussistere le circostanze che hanno indotto P&O Ferries ad assumere questa prima decisione. Soddisfare la tua richiesta - ha spiegato - causerebbe il deliberato collasso della compagnia, con la conseguente irrimediabile perdita di ulteriori 2.200 posti di lavoro. Non riesco ad immaginare - è l'ulteriore frecciata di Hebblethwaite al ministro - che tu intenda costringere un datore di lavoro a provocare la propria rovina, colpendo non centinaia ma migliaia di famiglie. In secondo luogo - ha proseguito sostenendo implicitamente che la decisione non ha avuto ripercussioni sui marittimi così gravi come sostenuto dal governo - dei 786 membri degli equipaggi licenziati, più di 765 hanno reso noto di accettare l'offerta compensativa. Di questi, attualmente oltre 500 hanno accettato e firmato accordi transattivi, inclusi 67 ufficiali che hanno accettato l'offerta di lavorare con la nuova società che gestisce gli equipaggi o lo stanno per fare. Si tratta - ha sottolineato Hebblethwaite quasi a dire che “ciò che è fatto è fatto” - di accordi legalmente vincolanti e i membri degli equipaggi che li hanno stipulati si aspettano, giustamente, che ne rispettiamo i termini. Di conseguenza non possiamo acconsentire ad una modifica della scadenza del 31 maggio della nostra offerta compensativa ai marittimi».
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- Prima di proseguire con il resto del contenuto della lettera di Hebblethwaite non si può non rilevare quanto sconcerto suscitino le sue affermazioni, in particolare l'ultima, messe nero su bianco dal massimo dirigente di un'importante società e rivolte addirittura ad un ministro e al suo governo. L'amministratore delegato di P&O Ferries sostiene che i marittimi licenziati esigano in pratica che siano posti in atto i termini del nuovo accordo a cui sono stati sostanzialmente costretti a sottostare invece che, come richiesto dal governo, riavere il lavoro alle precedenti condizioni. Precedenti condizioni che, per stessa ammissione di P&O Ferries che lo ha più volte confermato nei giorni scorsi, risultavano migliori di quelle offerte dalla compagnia dopo il loro licenziamento.
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- Specificando che con le nuove condizioni proposte agli equipaggi è stato adottato un modello che è applicato all'80% dell'intero settore marittimo ed è solitamente utilizzato dalle compagnie concorrenti di P&O Ferries, Hebblethwaite ha precisato che «l'adozione di un modello flessibile per gli equipaggi ci consentirà di soddisfare le richieste dei nostri clienti pur rimanendo commercialmente competitivi. È importante sottolineare - ha aggiunto - che la maggior parte dei risparmi attesi deriverà dall'eliminazione di sovrapposizioni lavorative e dai vantaggi di una maggiore flessibilità piuttosto che dalla riduzione dei salari. È necessario evidenziare - ha precisato ancora Hebblethwaite - che, se anche fosse applicabile il salario minimo nazionale, non muterebbe la necessità di adottare un diverso modello per gli equipaggi. In base a questo modello gli equipaggi sono pagati per il tempo effettivo di lavoro, più le ferie, mentre con il modello precedente agli equipaggi veniva concessa l'intera retribuzione per lavorare 24 settimane all'anno. Questo modello è insostenibile nell'attuale ambiente operativo che è molto competitivo».
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- All'implicita sollecitazione di farsi da parte espressa ieri a Hebblethwaite dal ministro Shapps, l'amministratore delegato della compagnia di navigazione, puntualizzando di essere «pienamente consapevole del costo in termini di reputazione per il marchio P&O Ferries e per me personalmente», ha replicato che «ciononostante sono obbligato ad adempiere ai miei doveri per questa storica compagnia, salvando i posti di lavoro dei 2.200 preziosi dipendenti che continuano a lavorare per P&O Ferries provvedendo all'efficace funzionamento delle rotte commerciali da cui dipende questo Paese. Continuerò quindi - ha concluso comunicando che non ha alcuna intenzione di farsi da parte - a fare del mio meglio per assicurare che l'attività di questa compagnia sia sostenibile anche in futuro».
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- È ancora da sapere se tono e contenuto della lettera siano stati graditi o meno al ministro Shapps, anche se è facile intuirne la reazione. Certo non sono stati apprezzati dai sindacati. «L'ultima lettera di Peter Hebblethwaite - ha tuonato infuriato Mick Lynch, segretario generale dell'organizzazione sindacale RMT - rappresenta una diretta sfida al quadro giuridico e all'autorità del governo in Gran Bretagna. La diabolica arroganza dimostrata da P&O Ferries equivale al banditismo autostradale e deve essere contrastata. Questo assoluto putridume dimostra che il governo deve intervenire, assumere la gestione di P&O e reintegrare tutti gli 800 dipendenti licenziati senza alcuna perdita di salario».
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- Intanto, mentre stamani in un'audizione presso il parlamento scozzese Peter Hebblethwaite è stato al centro delle medesime critiche mossegli dal governo del Regno Unito ed è stato bollato come «amministratore delegato fallimentare» dalla parlamentare laburista Monica Lennon, la Maritime & Coastguard Agency (MCA) ha fermato a Dover una seconda nave della P&O Ferries, la Pride of Kent, dopo che un'ispezione che ha accertato carenze nella familiarizzazione dell'equipaggio con la nave e con le procedure di sicurezza.
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