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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS
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ANNO XVI - Numero 7-8/98 - LUGLIO/AGOSTO 1998
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Industria
In ripresa l'industria coreana di contenitori
Appena pochi mesi fa, la produzione di contenitori standard per
carichi secchi in Corea sembrava essere ridotta al lumicino, dal
momento che solo un produttore - la Jindo - ancora resisteva all'impulso
di svignarsela, trasferendo la produzione in Cina od altrove.
L'attuale crisi che ha colpito la Corea e quasi tutti gli altri
Paesi asiatici verso la fine del 1997 rappresenta tuttavia, nonostante
le preoccupazioni dei produttori nazionali di boxes, un fattore
non esente da lati positivi, dal momento che la caduta del valore
del won, unitamente alla corrispettiva stabilità della
valuta cinese, ha improvvisamente reso nuovamente vitale la produzione
nazionale dei contenitori standard.
Di grande rilievo è stato il rientro della HDPIC (Hyundai
Precision & Industry Co) nel mercato dei contenitori di costruzione
coreana. E' interessante notare, tuttavia, che la HDPIC non ha
ripristinato le proprie infrastrutture per la produzione di boxes
per carichi secchi di Ulsan e ha invece subappaltato la produzione
ad una società, nota come Bongsan, che è risorta
dalle ceneri della New World Containers, una impresa del settore
che si era arresa nel corso dell'impari lotta verso la fine del
1996.
La Hyundai dispone di un accordo di fornitura esclusivo con questa
nuova società e le assicurerà una completa assistenza
tecnica nel processo produttivo, così come per i programmi
ed i metodi di controllo della qualità al fine di soddisfare
gli elevati standard tecnico-qualitativi per i quali la ditta
è famosa. La Hyundai sarà direttamente responsabile
nei confronti della clientela per conto della Bongsan per quanto
riguarda le vendite così come per le assicurazioni sulla
qualità ed i contratti di garanzia.
Le infrastrutture produttive di Yangsan, dove è localizzato
l'impianto della Bongsan, sono ora in fase di adeguamento: alla
linea di assemblaggio per unità standard da 20 piedi si
sta aggiungendo la capacità atta a produrre containers
da 40 piedi e da 40 piedi high cube. Ci si aspettava che tali
sviluppi venissero completati entro la fine di aprile di quest'anno.
Da un tasso di produttività iniziale atteso pari a 400-500
TEU nel mese di maggio, la produzione dovrebbe essere stata costantemente
incrementata sino a 600-800 TEU a giugno, 800-1.000 TEU a luglio
e dovrebbe aver raggiunto la completa capacità (strutturata
su un turno) pari a 1.000 TEU/mese entro la fine del mese di luglio.
Complessivamente, la HDPIC attualmente prevede una produzione
mondiale totale pari a 175.000 TEU di contenitori di tutti i tipi
nel 1998, con un significativo incremento (circa il 12%) rispetto
alle cifre del 1997. Questo ottimismo smentisce completamente
le precedenti lamentazioni in ordine al fatto che i volumi produttivi
complessivi avrebbero dovuto calare nei primi mesi di quest'anno,
dopo che molti clienti avevano effettuato ordinazioni in eccesso
nel 1997 allo scopo di evadere i controlli sui prezzi imposti
dal governo. Sembrerebbe che ciò non si sia verificato,
tuttavia, dato che la HDPIC non è stata assolutamente l'unica
impresa a prevedere una notevole crescita dei volumi per il 1998.
Notizie non altrettanto buone per il settore sono rappresentate
dal fatto che i controlli sui prezzi sopra citati sembrano non
aver comportato alcun effetto di sorta sulla realtà della
situazione, dal momento che si dice sia attualmente diffusa la
pratica di vendere contenitori di costruzione cinese da 20 piedi
per 1.650 dollari USA. L'unico commento della HDPIC riguardo a
questa linea di tendenza è stato estremamente enigmatico:
"Quanto ai controlli sui prezzi "suggeriti" dal
governo cinese, ci limitiamo ad osservare lo sviluppo della situazione
nel settore".
Dalla società in questione non viene fornita nessuna ulteriore
informazione circa il destino delle tre fabbriche cinesi della
HDPIC; essa, peraltro, aveva notizie maggiormente significative
da riferire, nel senso di aver fatto ripartire la produzione di
boxes per carichi secchi non solo nella natia Corea ma anche in
Tailandia, dal momento che l'impianto della Siam Cargo è
recentemente (a febbraio) ritornata sul mercato dopo più
di un anno ma è già in grado di attrezzarsi per
produrre ad un ritmo di 2.000 TEU/mese a partire da giugno. In
tal modo, non uno ma due Paesi (Corea e Tailandia) si sono messi
in condizione di far risorgere le proprie industrie nazionali
di contenitori per carichi secchi sulla scia della catastrofe
economica asiatica. La Tailandia, infatti, era arrivata a far
segnare uno zero totale nella lista dei produttori di boxes prima
della ripartenza della Siam Cargo, dal momento che l'impianto
della Associated Industries China aveva chiuso i battenti a metà
del 1997. La prognosi a breve termine per la Siam Cargo sembra
buona, tuttavia. La produzione era già salita a 1.600 TEU
al mese a marzo e le ordinazioni da stelle di prima grandezza
quali la Hapag-Lloyd, la Textainer, la XTRA e la NOL hanno messo
questo produttore nella condizione di mirare all'utilizzazione
della propria piena capacità entro settembre di quest'anno.
Il salto in alto della Jindo
Anche il secondo grosso nome tra i produttori coreani di contenitori,
la Jindo Corp, è in grado di riferire di essere in procinto
di incrementare i propri risultati del 1998 rispetto al 1997 (v.
Tabella seguente).
Risultati della produzione contenitori 1997-98 della Jindo suddivisi per fabbrica e tipo di contenitori |
Fabbrica | TEU 1998 | TEU 1997 |
Inchon | 34000 | 25000 |
Guangzhou | 66000 | 58000 |
Dalian | 40000 | 34000 |
Shanghai | 53000 | 41500 |
Totale | 193000 | 158000 |
Fabbriche di containers frigo (unità): |
Onyang | 7500 | 8700 |
Qingdao | 5000 | 4500 |
Totale | 12500 | 13200 |
Commentando tali cifre la Jindo, come la Hyundai, è stata
inesorabilmente sfuggente. "Non abbiamo mai sospeso la produzione
presso alcuna delle nostre infrastrutture" ha dichiarato
la società. "Piuttosto, nel caso delle nostre fabbriche
di unità per carichi secchi, abbiamo ampliato la capacità
di produzione di tutte le nostre infrastrutture sin dallo scorso
mese di maggio in ragione dell'ondata di ordinazioni a partire
dal mese di marzo. In conseguenza di tale situazione, le cifre
sopra riportate sono divenute in qualche modo più rilevanti
di quelle originariamente previste in base alle risultanze della
prima parte dell'anno".
Tutto molto bello, ma...
Nello strombazzare l'incremento dei volumi produttivi per l'intero
1998 dopo un brutto primo trimestre, sia la Hyundai che la Jindo
sono apparse abbastanza reticenti (vale a dire, non hanno menzionato
l'argomento) riguardo ai prezzi. Altri commentatori nel settore
della produzione di contenitori sono stati tuttavia meno riluttanti
nel confessare che le cose vanno male. Secondo una società
con sede a Hong Kong che al momento funge da agente di un produttore
cinese di contenitori indipendente, "il prezzo dei containers
in Cina è calato in modo tremendo dall'inizio di quest'anno.
Alcune fabbriche chiedono un prezzo di fabbrica pari a soli 1.650
dollari USA circa per un TEU. Naturalmente, ciò viene tenuto
nascosto da Pechino, dove il prezzo ufficiale è stato fissato
ad un minimo di 1.850 dollari/USA per TEU. La ragione di tutto
ciò è dovuta al fatto che in Cina vi sono troppe
fabbriche, mentre la domanda è in calo. Il fatto è
che la Cina ambisce ad entrare nel gruppo GATT, il che comporta
un allentamento delle regole sulle importazioni. Più importazioni
significano meno esportazioni, di modo che anche l'utilizzazione
dei containers è in diminuzione".
"Un altro problema è rappresentato dal fatto che
alcune fabbriche sono state costrette a fermare la produzione
per problemi di flussi di cassa. Ciò è stato dovuto
al fatto che una società di noleggio relativamente nuova
ha acquistato ultimamente in Cina un mucchio di contenitori con
termine di pagamento fissato a 90 giorni successivamente alla
produzione, ma alcune fabbriche hanno costruito e consegnato le
unità senza riceverne regolarmente il pagamento, di modo
che si sono trovate in una difficile situazione di cassa. Di conseguenza,
queste fabbriche non hanno avuto altra scelta che sospendere la
produzione per un po' di tempo. Un fattore positivo da segnalare,
invece, è che - sebbene il prezzo dei containers sia andato
giù - il prezzo delle materie prime è diminuito
in misura corrispondente. In caso contrario, le fabbriche cinesi
non avrebbero potuto sopravvivere in nessun modo".
L'opinione secondo la quale il boom delle esportazioni cinesi,
che ha largamente sostenuto l'industria containeristica negli
ultimi anni, è in procinto di terminare, è stata
ribadita da un'altra società di Hong Kong, che funge da
agente locale per un importante noleggiatore. "Noi riteniamo
che la Cina si troverà a dover affrontare una forte pressione
sulle esportazioni l'anno prossimo" ha affermato questa società.
"Ciò, perché l'Indonesia dovrà assicurare
costi del lavoro inferiori al fine di attirare gli investimenti
stranieri e ciò comporterà un'enorme influenza sulla
produzione containeristica cinese. La situazione in Cina al momento
è che l'offerta è molto superiore alla domanda e
l'anno prossimo sarà ancora peggio. Solo i produttori di
buoni contenitori potranno sostenere un impatto di questo tipo".
La conclusione che si può trarre da questi commenti è
che mentre la Hyundai e la Jindo (ed altri) possono anche riuscire
a costruire a livelli record, in Cina al momento è assai
improbabile che possano fare altrettanto con profitto; tuttavia,
essi smentiscono fermamente di accettare ordini in perdita. E'
già stato detto molte volte in precedenza, ma sarà
utile ripeterlo: per quanto tempo l'industria può sostenere
una produzione in quantità se i prezzi spuntati non riescono
neanche a coprire il costo dei materiali?
Il ritorno della produzione di boxes per carichi secchi in Corea
ed in Tailandia (e, forse, anche in Indonesia) condurrà
ad un notevole declino dell'industria cinese?
(da: Cargo Systems, giugno 1998)
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