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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XX - Numero 3/2002 - MARZO 2002 |
Progresso e tecnologia
Le attività automatizzate della Hessenatie
"Se non si rompe, non aggiustarlo". Questa espressione
colloquiale descrive in maniera molto concisa ma corretta quello
che era l'atteggiamento di uno degli operatori terminalistici
di maggiore successo del mondo, la Hessenatie; almeno, lo era
fino a poco tempo fa.
Le "naties" sembrerebbero essere un'invenzione peculiare
belga, essendo il suffisso che caratterizza il nome di oltre 80
imprese che da secoli sono specialiste in attività marittime,
di magazzinaggio e di commercio nel porto di Anversa. La Noordnatie
è uno degli esempi più risalenti, dato che sin dal
secolo scorso si è fatta un nome nella movimentazione della
frutta e - da ultimo - nell'attività containerizzata. La
Katoennatie era un'impresa di distribuzione, ma 15 anni fa ha
fatto il proprio ingresso nelle attività di stivaggio.
La Hessenatie ha una storia che sta a sé ed è diventata,
tra l'altro, un operatore terminalistico mostrando il modo in
cui le cose dovrebbero essere fatte sulle banchine portuali.
Con tipica efficienza, alla fine degli anni '60, quando la containerizzazione
cominciò a fare progressi, la Hessenatie raccolse quella
sfida, cominciando dal recintato Churchill Dock di Anversa con
appena due gru e cinque straddle carriers, tutte attrezzature
della prima generazione importate dalla costa occidentale USA.
Mediante fusioni ed acquisizioni, la società crebbe rapidamente
e, nel 1991, si guadagnò la possibilità di costituire
e gestire la prima infrastruttura containerizzata fluviale (soggetta
alla marea) del porto di Anversa, l'Europa Terminal. Nel 1999,
la Hessenatie movimentava 1,6 milioni di contenitori all'anno
ed aveva già stabilito i propri parametri di efficienza
e produttività, che sono invidiati da molti operatori di
tutto il mondo.
La cosa maggiormente frustrante per i soggetti attivi nel settore
è rappresentata dal fatto che la Hessenatie non ha nulla
a che fare con tutti quegli operatori fioriti in un bel numero
di terminali che si reclamizzano strombazzando nello sforzo di
conservare o migliorare la produttività. Tali obiettivi,
nel caso della Hessenatie, sono stati invece affidati alla bravura
del personale ed alla bontà dei sistemi e delle
attrezzature di base.
Più di un decennio prima, la ECT (European Combined Terminal)
di Rotterdam aveva inaugurato un proprio impianto alla foce del
fiume Maas - il Delta Common-user Terminal - dotato di straddle
carriers quale principale equipaggiamento nell'area di deposito.
Le gru bordo-costa comprendevano doppi elevatori adatti al sistema
multi-trailer che era stato portato lì dal terminal sito
a monte. Ettari di nuova pavimentazione a blocchi e le ultime
procedure quanto ai sistemi di controllo ed ai varchi promettevano
una nuova era in ordine alle prestazioni terminalistiche.
Il mondo containerizzato osservava tale iniziativa con notevole
interesse, ma molto presto la ECT andò oltre stipulando
con il suo più grosso cliente un accordo al fine di creare
un secondo terminal sul sito Maasvlachte. Questa volta, esso sarebbe
stato automatizzato.
Senza lasciarsi impressionare dalla tecnologia del primo terminal
olandese, la Hessenatie ha continuato a sorvegliare ed affinare
le proprie operazioni ad elevate prestazioni mediante straddle-carriers.
E' caratteristico come un'analisi pragmatica abbia convinto il
personale addetto alle operazioni del fatto che fosse improbabile
che il servizio alla clientela potesse essere mantenuto presso
il proprio terminal allo stato allora corrente delle attrezzature
e dei sistemi automatizzati, mentre anche le economie apparivano
troppo tirate.
A dispetto di ciò che poteva sembrare ai profani, e cioè
che vi fossero clamorosi fallimenti nel settore delle nuove pavimentazioni,
tale è stato il successo delle operazioni dell'Europa Terminal
che, ancora una volta, la capacità ha cominciato a diventare
un problema. Si potrebbe congetturare che il suo cliente principale
allora non fosse stato proprio contento del fatto di essersi sentito
rispondere di dover effettuare altrove le operazioni di trasbordo
alla richiesta circa la possibilità di concentrare tutta
la propria attività di interscambio in un solo posto.
Per la Hessenatie, si trattava di una proposta che non poteva
essere rifiutata, anche se l'accettare avrebbe comportato l'arrivo
di volumi insostenibili presso il terminal. Nel 1999, il porto
di Anversa stava sviluppando l'intenzione di realizzare un nuovo
complesso destinato ai contenitori sulla riva sinistra del fiume
Schelda, e così, a giugno di quell'anno, venne conferita
una concessione cinquantennale relativa ad una parte di quell'area
ad una joint venture tra la MSC (Mediterranean Shipping Company)
e la Hessenatie.
Per cominciare, sono stati coinvolti 1.260 metri di facciata
sul molo Deurganckdock, unitamente a 56 ettari di territorio retrostante.
Qui, peraltro, è sorto un problema. Pur trasferendovi il
livello di efficienza conseguito presso il terminal Europa, lo
spazio di piazzale disponibile per l'ipotizzata attività
mediante il medesimo sistema era insufficiente, persino lavorando
solamente con una sola (su tre) delle preferite straddle carriers.
Se venisse concesso più spazio in banchine, come ci si
aspetta, ci vorrebbe altro territorio al fine di supportare tale
estensione degli ormeggi. Ovviamente, sono richiesti sistemi di
magazzinaggio intensivi con implicazioni in termini di automazione.
Sebbene gran parte del traffico da trattare mediante il nuovo
terminal sia costituito da trasbordo per conto del socio MSC,
i programmatori della Hessenatie hanno compreso che un notevole
quantitativo di autotrasporto continuerebbe ad esprimere la propria
domanda in relazione ai servizi terminalistici. L'impilaggio in
alto e la domanda casuale da parte dell'autotrasporto non si adattano
troppo bene l'un l'altra e, a meno di non impiegare un numero
anti-economico di gru a forca con equipaggio umano, il livello
del servizio peggiorerebbe oltre l'accettabile.
La tecnologia delle attrezzature ha compiuto progressi nel decennio
precedente ed i computers, i sistemi di controllo ed i collegamenti
tattici di comunicazione con l'equipaggiamento mobile sono migliorati
più di quanto si pensasse. La manodopera, che resta sempre
un elemento significativo delle economie terminalistiche, probabilmente
sarebbe ancora più costosa per questo sito controllato
a distanza. E' sembrato che la risposta finale potesse consistere
nell'automazione del piazzale contenitori.
Le RTG (gru a cavaliere gommate senza guidatore), sebbene adesso
siano tecnicamente realizzabili, non sono state prese in considerazione
quale opzione, non solo perché queste attrezzature non
si prestano alle abituali lunghe movimentazioni a pieno carico,
ma anche in ragione dell'area assorbita dalle corsie camionistiche
per ciascuna fila di impilaggio. Esse, oltretutto, avrebbero rappresentato
anche un problema irrisolvibile di sicurezza per i camionisti
esterni che sono esposti all'azione delle attrezzature senza equipaggio
nel contesto delle operazioni di impilaggio RTG.
Anche le gru a cavaliere gommate (RMG) sono state prese in considerazione
ma sono state subito scartate a causa della mancanza di spazio
richiesto dalle corsie stradali di servizio che a giudizio dei
programmatori erano state ritenute necessarie tra le coppie di
binari utilizzati dalle gru. Le OBC (gru a ponte sovrastante),
d'altro canto, possono essere utilizzate a stretto contatto insieme
alle precedenti in assenza di oscillazioni strutturali; questo
equipaggiamento, peraltro, offre ulteriori vantaggi poiché
l'alimentazione elettrica può essere ricavata direttamente
mediante il contatto coi binari invece che per mezzo di cavi.
A causa della natura alluvionale del suolo del delta dello Schelda,
in ogni caso si sarebbe dovuto pensare a pali destinati a supportare
i binari delle RMG, mentre per le OBC si sarebbe potuto costruire
un baglio di alto livello sulle estensioni al di sopra del terreno
dei suddetti pali. L'equazione costi/benefici è stata sottoposto
ad un severo esame ed alla fine venne presa una decisione a favore
di OBC completamente automatizzate per il nuovo piazzale del terminal.
La conformazione del sito disponibile, unitamente alla decisione
di automatizzare, determinarono l'impilaggio allineato perpendicolarmente
alla banchina, mentre il trasporto esterno veniva limitato alle
due estremità delle pile. L'automazione si avviava ad essere
la risposta, mentre restavano da definire solo i dettagli.
Le gru convenzionali per la movimentazione di contenitori fanno
affidamento sui piloti, con o senza assistenza a bordo, al fine
di far fronte ai problemi di oscillazione dei carichi pendenti.
Vari modi sono stati sperimentati allo scopo di risolvere questo
problema presso i terminals automatizzati, tra cui complessi sistemi
di annodamento delle cime, la minimizzazione dell'altezza di impilaggio,
braccia a pantografo e CCTV.
La soluzione adottata dalla Hessenatie è un'imitazione
di quella in origine utilizzata per le gru terminalistiche su
rotaia nel Regno Unito alla fine degli anni '60, costituita da
un traliccio verticale quadrato che passa attraverso ed è
supportato dal trolley cui è attaccato lo spreader. Si
dice che il risultato sia costituito da un posizionamento alquanto
preciso dello spreader, anche nel caso di vento sino a 100 km/h.
Ma mentre le origini degli elementi progettuali possono rinvenirsi
altrove, l'elemento finale del pacchetto in questione è
interamente dovuto all'intuizione dell'operatore. Si dice che
la flessibilità sia la parola chiave rispetto al terminal
convenzionale della Hessenatie mentre l'abilità nel rispondere
immediatamente ai mutamenti tattici dev'essere attribuita alle
prestazioni notevolmente elevate conseguite dal terminal. Le straddle
carriers, gestite con raziocinio da un software di prim'ordine
e condotte da piloti che sanno ciò che fanno, sono in grado
di rispondere rapidamente ed in modo economico alle situazioni
non programmate. Malgrado la disponibilità di AGV (veicoli
a guida automatica "passiva") già sperimentati
e provati presso lo ECT, i programmatori hanno deciso di moltiplicare
le movimentazioni orizzontali nei limiti del possibile delle attività
delle gru da banchina e da piazzale mediante l'impiego di "mini
strad".
Dotate di capacità di raccogliere e depositare i containers,
sarà necessario un numero notevolmente minore di queste
straddle carriers rispetto alle AGV passive (od anche rispetto
ai trattori/trailers) al fine di conservare la produttività
degli ormeggi, il che è più razionale dal punto
di vista economico e comporta la minimizzazione della congestione
delle banchine.
Per quanto riguarda l'attualità, non è in corso
alcuno sforzo al fine di rendere maggiormente raffinato il software
di controllo che consente le operazioni senza pilota; la principale
argomentazione a giustificazione di questo fatto è che
i volumi iniziali consistenti in un milione di box non lasciano
spazio per esperimenti auto-indulgenti. Chi lo sa che cosa potrà
portare il futuro?
La filosofia della Hessenatie continua ad essere quella dell'utilizzazione
delle gru da banchina, il che racchiude il semplice principio
che esse hanno lavorato bene per la società in passato.
Eccezionalmente, viene fornita energia in più per consentire
agli elevatori abbinati da 30 tonnellate di raggiungere la massima
velocità di issaggio in due secondi, nonché di conservare
le notevoli prestazioni di 245 movimentazioni per turno gru. E'
da notare come sembra che non sia stata fatta alcuna previsione
in ordine alle elevazioni abbinate per quanto riguarda l'impilaggio
od il bordo nave.
La decisione di automatizzare da parte di una tradizionale "natie"
belga non è stata certamente un accecante lampo di luce
sulla strada di Damasco, ma i suoi operatori neanche hanno dovuto
esserne convinti a forza. Si è trattato, piuttosto, di
un'attenta analisi di tutti i criteri della situazione, nonché
dell'integrazione di tutti i disparati elementi in un progetto
che poteva soddisfare gli elevati standard propri della Hessenatie.
Nessuno dovrebbe sorprendersi del fatto che l'automazione si
appresti a diventare il prossimo passo logico nel progresso imprenditoriale
del settore, né ci si dovrebbe aspettare che i risultati
siano sempre e comunque un successo. I problemi di crescita sono
probabilmente inevitabili ma è difficile immaginare una
squadra migliore per risolverli. La domanda interessante è:
quanto tempo ci vorrà, prima che l'influenza delle nuove
operazioni si possa far sentire presso i terminals convenzionali
della società?
(da: Cargo Systems, febbraio 2002)
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