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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXXIII - Numero 15 SETTEMBRE 2015
TRASPORTO STRADALE
GLI AUTOTRASPORTATORI TEMONO CHE LA CRISI DEI MIGRANTI POSSA
RALLENTARE I TRAFFICI STRADALI INFRAEUROPEI
Gli autotrasportatori coinvolti nella crisi dei migranti in
Europa affermano che le attività vengono interrotte in misura
sempre maggiore dalle code e dai clandestini, ma che essi sono di
gran lunga più preoccupati dall'inasprimento dei controlli
alle frontiere da parte dei vari governi.
A loro dire, se lo spazio senza frontiere in Europa dovesse
crollare od essere abolito, questo metterebbe in discussione non
solo il modello di attività sensibile al fattore tempo
proprio del settore dell'autotrasporto, ma anche le filiere
distributive delle industrie di tutto il continente.
Di fronte all'afflusso dei migranti, i membri delle 28 nazioni
dell'Unione Europea si sono accusati l'un l'altro di violare la
legge con provvedimenti ad hoc e di non essere riusciti ad unire le
forze per concordare una soluzione praticabile comune.
Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha dichiarato il 31 agosto
che se l'Europa non dovesse riuscire a concertare una distribuzione
corretta dei rifugiati, la zona di Schengen senza passaporti che
comprende 26 stati europei verrebbe messa in discussione.
Per la DSV, il terzo maggior operatore di trasporto merci
stradale in Europa con oltre 17.000 camion sulle strade tutti i
giorni, ciò comporterebbe un serio impatto che finirebbe per
alimentare l'inflazione.
"Se cominciano a fermare tutti i camion, la cosa costerà
cara a tutti ed il conto verrà passato ai clienti e, alla
fine, le merci saranno più care" afferma Soren Schmidt,
responsabile della DSV Road.
Jack Semple, direttore politiche dell'Associazione Trasporto
Stradale del Regno Unito, ha detto che le sue oltre 6.000 imprese
associate stanno già avvertendo l'impatto in un settore
costruito sulla logistica in orario, che si tratti di parti per auto
o di prodotti freschi.
Gli scioperi dei lavoratori dei traghetti a giugno hanno
esacerbato la situazione avendo causato lunghe code in più.
"I nostri associati ci dicono di essere incorsi in notevoli
e dimostrabili perdite ma che la stessa cosa hanno subito i loro
clienti.
Abbiamo avuto un caso in cui un carico di piastre d'acciaio di
alta qualità è stato annullato perché i
migranti si erano introdotti nel semirimorchio e quindi esso aveva
tardato, comportando un impatto su ogni genere di filiera
distributiva" afferma Semple.
Una nuova era
La Gran Bretagna non partecipa all'accordo di Schengen ma le sue
imprese, che in parte vanno e vengono dal continente, subirebbero
delle conseguenze se esso dovesse crollare.
"Penso che se Schengen dovesse essere abolito, entreremmo
del tutto in una nuova era" afferma Semple.
"Ci dovrebbe essere un ripensamento della filiera
distributiva europea e del livello delle scorte e questo ovviamente
comporterebbe un impatto sul flusso di cassa".
Cyrille Gibot, portavoce della società olandese di
logistica TNT Express, ha dichiarato che essi terrebbero d'occhio
attentamente che cosa i ministri od i governi dovessero decidere.
"Per ora non vogliamo fare congetture su quali
provvedimenti potrebbero prendere" ha detto.
L'inasprimento dei controlli da parte dell'Austria lungo la
propria frontiera orientale alla fine di agosto, dopo che 71
migranti sono stati trovati morti dentro un camion, ha generato
lunghe code e ha prospettato la possibilità che altri paesi
possano seguirne l'esempio.
"Se la misura dovesse essere permanente, potrebbe
propagarsi a macchia d'olio" ha affermato un importante
diplomatico europeo.
"Schengen è soggetto ad un serio stress".
Per Jan Buczek, responsabile dell'Associazione Autotrasportatori
della Polonia, parlare di una fine di Schengen o di una sua graduale
erosione porta indietro ad amari ricordi del tempo precedente
all'ingresso della Polonia nell'Unione Europea.
"C'erano passaporti, controlli ai documenti, controlli
incrociati e tutto ciò aveva fatto aumentare i tempi di
attesa nel migliore dei casi di ore e di giorni nell'ipotesi
peggiore" afferma.
Buczek, che rappresenta 5.500 imprese, afferma che in Polonia
esistono 27.000 imprese che effettuano trasporti stradali
internazionali, impiegando 200.000 autisti.
"Il costo di un complesso autista-mezzo è di circa
200 euro al giorno, così è facile immaginare quanto
gli attraversamenti transfrontalieri ci costassero di solito
mensilmente od annualmente prima che ci unissimo all'Europa".
L'impatto di qualsiasi inasprimento dei controlli alle frontiere
sarebbe di vasta portata, afferma Buczek.
"La sospensione del libero flusso delle persone nell'Unione
Europea darebbe sicuramente impulso alle tendenze nazionalistiche,
quelle mirate a chiudere i mercati nazionali, che limiterebbero
l'autotrasporto internazionale ed avrebbero conseguenze negative
sull'industria".
Schaak Poppe, portavoce del porto olandese di Rotterdam, il più
grande d'Europa, dal quale molta della produzione industriale della
Germania parte per la Cina, afferma che i container sarebbero quelli
colpiti più duramente.
L'impatto sulle materie alla rinfusa sarebbe relativamente
minore, dal momento che le spedizioni di minerali di ferro o di
petrolio sono "relativamente semplici da gestire quando si
arriva alla dogana" dichiara.
La situazione con i container sarebbe molto più seria,
dato che le spedizioni avvengono in partite relativamente piccole di
35 via rotaia o idrovia.
"Specialmente per l'autotrasporto l'impatto sarebbe
rilevante".
Il portavoce del gruppo svizzero di logistica Panalpina afferma
che l'80% delle proprie attività terrestri in Europa si
svolgono nella zona di Schengen.
La sua abolizione vorrebbe dire più code, più
ritardi, aumento dei costi e probabilmente mancato rispetto delle
scadenze.
"Se venissero introdotti controlli alle frontiere e a
seconda di quanto approfonditi essi dovessero essere, ciò
comporterebbe un impatto sulle nostre attività ed anche sul
settore nel suo complesso" afferma Poppe.
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