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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXXIII - Numero 31 OTTOBRE 2015
CONFERENZE E CONVEGNI
PER SCONFIGGERE LA CONGESTIONE, ALLE OPERAZIONI
TERMINALISTICHE CONTAINERIZZATE ASIATICHE SERVE UNA RIVOLUZIONE, NON
UN'EVOLUZIONE
Andy Lane, socio della CTI Consultancy, ha detto ai partecipanti
alla conferenza JOC TPM Asia, svoltasi a Shenzhen a metà
ottobre, che le ondate della congestione portuale che regolarmente
tempestano i terminal container asiatici possono essere vinte
mediante un cambiamento dell'atteggiamento mentale del settore.
Utilizzando i dati tratti dalla banca dati sulla produttività
portuale del JOC/IHS, Lane ha sostenuto altresì che la
congestione non è stata necessariamente causata dall'impiego
delle mega-navi: appena il 12% di tutti gli scali presso i maggiori
27 porti asiatici sono stati effettuati da navi da 10.000 TEU ed
oltre, che trasportano solo il 22% dei volumi containerizzati
complessivi.
"Le mega-navi non si sono ancora manifestate: pertanto,
semplicemente esse non possono essere il fattore che sta dietro alla
prevalenza di qualsiasi congestione" afferma Lane.
Ha poi aggiunto: "L'impennata dei carichi esisteva prima
che entrassero in servizio persino le navi da 6.000 TEU, causata dal
retaggio della "chiusura nel fine settimana" delle
fabbriche asiatiche, sebbene le navi più grandi in effetti
abbiano amplificato l'effetto.
"Cercare di movimentare la produzione di una settimana nel
giro di due-tre giorni di intense operazioni terminalistiche sarebbe
come cercare di costringere un elefante ad entrare in una tana di
topi!".
Lane ha dichiarato che dato che la maggior parte delle navi sono
salpate a velocità molto simili e hanno servito in gran parte
gli stessi porti, il problema sembrava essere iniziato nella Cina
orientale e meridionale e poi essersi esteso agli hub del sud-est
asiatico e coreani, attingendo anche i porti di raccordo e persino
diffondendosi negli Stati Uniti ed in Europa.
"Se guardiamo ai 12 maggiori porti del mondo, si scopre che
essi vengono utilizzati solamente al 48% delle ore disponibili nel
corso di un periodo e con un'efficienza sub-ottimale" ha
aggiunto.
Tracciando un paragone con l'industria manifatturiera, Lane ha
affermato che la "macchina del collo di bottiglia" - che
dev'essere o lo strumento più costoso in una infrastruttura o
quello che induce il flusso principale di entrate - è stata
normalmente utilizzata all'85% del tempo e con un'efficienza di non
meno dell'85%.
Confrontando la situazione con quella dei terminal container, in
cui la "macchina del collo di bottiglia" sono le gru da
banchina, Lane ha detto che "se l'utilizzazione potesse
incrementarsi fino a quasi il 60% e l'efficienza dalle 28 standard a
32 movimentazioni all'ora, di conseguenza si realizzerebbe una
capacità aggiuntiva del 44% con zero esigenze di
investimento".
Trattando dell'efficienza terminalistica, Lane afferma che il
livello di produttività non era riuscito a tenere il passo
con le dimensioni e la progettualità medie delle navi,
comportando ulteriori ritardi per le filiere distributive dei
caricatori che già avevano dovuto subire l'impatto della
navigazione a bassa velocità.
"Quando la flotta globale ha rallentato, un tipico servizio
Asia-Nord Europa è passato da una rotazione di otto settimane
ad una di dieci.
Poiché le dimensioni delle navi e la quantità
delle movimentazioni terminalistiche si è incrementata, la
produttività è rimasta stagnante, con la conseguenza
che i tempi aggiuntivi richiesti in porto per un servizio ha
ulteriormente incrementato i tempi di viaggio di un'altra settimana"
sostiene Lane.
Le difficoltà per i terminal container - ha aggiunto Lane
- sono consistite nel fatto che la densità delle gru era
adesso insufficiente per l'ultima generazione di portacontainer, e
che "ora viene richiesta idealmente una gru ogni 40 metri di
banchina, invece del tradizionale numero di una ogni 85-100 metri".
Tuttavia, i terminal dovranno lottare per conseguire tale
risultato, perché essi non dispongono delle risorse
territoriali per supportare la velocità aggiuntiva dei flussi
sulle banchine che l'aumento della densità delle gru
richiederebbe. Inoltre, i nuovi terminal allo stato dell'arte
attualmente in fase di completamento sono progettati sulla medesima
scale di quelli degli anni '80.
"È a malapena un'evoluzione, quando ciò che
si richiede davvero è una rivoluzione" suggerisce Lane.
Afferma poi: "Così come un cambiamento della mentalità
ed un aumento strutturato dei programmi, si richiede un livello
molto maggiore di cooperazione e collaborazione nella filiera
distributiva.
Non si tratta di responsabilità di uno o dell'altro, ma
collettiva, e si potranno ricavare solo miglioramenti limitati se
tutti gli interessati continueranno ad operare ognuno per conto
proprio".
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