Le acque più pericolose sono quelle indonesiane ( 53 attacchi a navi mercantili nel 1996)
L'anno scorso si sono verificati nei mari di tutto il mondo 176 attacchi di pirati a navi mercantili, con un incremento lieve ma significativo rispetto a quelli registrati nel 1995 (170), ma quasi il doppio di quelli del 1994 (90). Sembrava che le misure adottate dalle autorità di alcune nazioni del sud-est asiatico e africane avessero ridotto sensibilmente il fenomeno della pirateria marittima, ma i rapporti dei centri che rilevano, anche solo statisticamente, gli atti di pirateria, sono allarmanti. Gli assalti alle navi avvengono ora con sempre maggior violenza con l'impiego di mezzi tecnologici e armamenti modernissimi. I pirati sono in grado d'individuare i carichi più ricchi e le navi più indifese e agiscono con sicurezza sui bersagli prefissati. Inoltre non operano più in determinate aree geografiche, ma seguono gli spostamenti imposti da modifiche geografiche, commerciali e anche politiche delle correnti di traffico. Così, mentre l'Indonesia rimane l'area nella quale è si è verificato il più alto numero di attacchi alle navi, la pirateria si è manifestata in modo più virulento anche nei mari tailandesi, nonostante le misure preventive messe in atto - finora con qualche successo - dalle autorità di quella nazione.
C'è stata una diminuzione di attacchi alle navi nel Sud America, ma nei porti brasiliani non si attenua la piaga delle bande armate che assaltano le navi. Nei porti sudamericani aumentano anche i furti e le altre azioni criminose nei confronti dei passeggeri di navi crociera. Così nel porto venezuelano di La Guayra, dopo che tre compagnie crocieristiche hanno annunciato la rinuncia allo scalo delle loro navi in quel porto infestato dai banditi, è stato istituito un corpo di sicurezza formato da 35 poliziotti che assicurano la tranquillità ai turisti nell'ambito portuale e nella zona alberghiera nei pressi del litorale marittimo.
Continuano invece a verificarsi frequenti atti di pirateria nelle acque africane. Il 1° febbraio otto somali armati con mitra, che si erano qualificati come marittimi della guardia costiera, si sono impadroniti della nave "Clove" di bandiera keniota, che era in viaggio da Mombasa a Chisimaio con un carico di generi di consumo. Per lasciare la nave e liberare i venti membri dell'equipaggio i pirati hanno chiesto un forte riscatto.
Migliora invece la situazione nello Sri Lanka, dove l'impiego più massiccio della marina militare a protezione dei porti e del mare territoriale ha contribuito ad una maggiore sicurezza della navigazione mercantile. Nei giorni scorsi una nave militare dello Sri Lanka ha affondato al largo di Nachchikudda una nave pirata ed ha ucciso dieci membri del Liberation Tigers of Tamil Eelam. Altre due imbarcazioni dei guerriglieri sono invece riuscite a fuggire.
Ma è l'Indonesia l'area geografica più pericolosa per la navigazione mercantile. Dei 176 atti di pirateria che si sono verificati l'anno scorso, l'International Maritime Bureau's Piracy Center ne ha segnalato 53 nelle acque indonesiane (33 nel 1995 e 22 nel 1994). Al secondo gradino di questa classifica negativa la Tailandia con 13 (4 nel 1995) e al terzo posto il Brasile con 10 (17 nel 1995 e 7 nel 1994).
Durante gli arrembaggi dei pirati vi sono stati anche dei morti: dieci nel 1996, contro 18 nel 1995 e nessuno nel 1994. L'episodio più cruento è stato quello che ha visto l'assalto di quattro pirati su due imbarcazioni al peschereccio "MN-3 Normina" presso le isole Basilan nelle acque filippine, con nove dei dieci membri dell'equipaggio uccisi. La decima vittima faceva parte dell'equipaggio di un panfilo assaltato nelle acque greche.
STEFANO BELLIO |
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