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Proteste dei caricatori romeni per il ritardo nei lavori per riportare il Danubio alla piena navigabilità
L'Unione Europea ha stanziato 22 milioni di euro per il ripristino della via d'acqua, ma non per la ricostruzione dei ponti. Le autorità jugoslave si rifiutano di aprire il ponte di chiatte a Novi Sad per permettere il passaggio di natanti in quella zona
12 settembre 2000
Il giorno seguente alle dichiarazioni di Helmut Strasser, al vertice della Danube Commission, secondo cui la piena navigabilità nel Danubio non si potrà avere prima del prossimo anno, i caricatori romeni hanno tentato di bloccare la navigazione nella via d'acqua per protestare per le perdite di lavoro e di denaro (500 milioni di dollari, secondo Strasser) derivanti dallo stato del fiume, che porta ancora i segni dei bombardamenti degli aerei della NATO sulle basi jugoslave. Secondo fonti locali, i caricatori romeni hanno già licenziato 3.500 dipendenti.
Durante i raid dei velivoli dell'Alleanza Atlantica, l'anno scorso vennero distrutti tre ponti sul Danubio a Novi Sad. Lungo il fiume, che attraversa dieci nazioni e che risulta la più economica via di transito di carichi dal Mar Nero al Mare del Nord, detriti e ordigni inesplosi impediscono la navigazione e causano gravi danni economici agli operatori che si sono sempre serviti di questa via di comunicazione.
L'Unione Europea ha stanziato 22 milioni di euro per riportare il fiume alla completa navigabilità: tuttavia il finanziamento, diretto a questo scopo, non comprende la ricostruzione dei ponti.
Le autorità jugoslave, che hanno iniziato a liberare il letto del fiume dai rottami, si rifiutano però di aprire il ponte di chiatte che hanno costruito a Novi Sad per permettere la navigazione in quel tratto di via d'acqua.
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