Assiterminal, l'associazione dei terminalisti italiani, ha chiesto un incontro al governo sul problema dei limiti imposti dalla legge finanziaria 2005 alla capacità di spesa delle Autorità Portuali. In una lettera inviata al premier Silvio Berlusconi, al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, al ministro dell'Economia e delle Finanze, Domenico Siniscalco, al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Pietro Lunardi, al presidente dell'ottava Commissione del Senato, Luigi Grillo, e al presidente della nona Commissione della Camera, Angelo Sanza, il presidente di Assiterminal, Luigi Negri, ha espresso il rammarico dell'associazione per il mancato recepimento delle istanze già avanzate all'esecutivo con una missiva inviata lo scorso 14 gennaio, richieste che - ha precisato nella lettera al governo - «non hanno trovato albergo in alcuna iniziativa volta ad evitare un altro "assurdo" in tema di politica portuale e dei traffici marittimi».
«In quella nostra comunicazione - ha ricordato - si esponevano le conseguenze di carattere altamente negativo che sarebbero derivate dal disposto dell'articolo 1, comma 57 della Finanziaria 2005, che prevede ristrettissimi quanto irragionevolmente generalizzati limiti alle spese per infrastrutture consentite agli enti portuali per gli anni 2005-2006-2007. Ridimensionando così in buona misura i risultati della Legge Obiettivo».
«Si notava anche - ha precisato Negri - che il discreto grado di competitività raggiunto dai nostri scali marittimi nei confronti di quelli del Nord Europa e del bacino del Mediterraneo, era stato oggetto di grandi sacrifici da parte dello Stato, in punto finanziario, e delle categorie economico-sociali interessate, ognuna nell'ambito del proprio ruolo. Non si tralasciava altresì di sottolineare che nel corso della ripida scalata alla competitività dovemmo affrontare la fiera opposizione delle influenti nazioni nord europee in seno alla Comunità Europea, che scoprivano una grande propensione al liberalismo e perciò predicavano l'assoluta inibizione dei finanziamenti statali destinati alla costruzione di infrastrutture portuali. Tutto ciò ignorando il fatto, con estrema disinvoltura, che essi pretendevano di proibire allora quello che avevano praticato a man bassa in passato».
«Se dovessimo in estrema sintesi definire l'obiettivo che il governo sembra prefiggersi con la norma finanziaria citata - ha osservato il presidente di Assiterminal - non potremmo, nostro malgrado, non osservare che esso è mirato a chiudere le "porte" (leggasi: i porti) della nostra nazione da e per il mondo. Il tutto a favore degli altri porti concorrenti (Nord Europa e Mediterraneo) dove le politiche portuali si elaborano e si concretizzano velocemente, senza cioè ripensamenti o marce indietro. Tuttavia non è escluso che l'iter di questa vicenda possa ascriversi al vezzo nazionale secondo il quale l'interesse del Paese riesce a prevaler3e, ma non sempre accade, quando la pressione della "piazza" si fa minacciosa. A tanto stiamo ora arrivando; speriamo che gli operatori portuali non debbano ancora una volta sopportare oltre al danno (carenza di infrastrutture) anche la beffa (scioperi)».
«Comunque - ha concluso Negri - i danni verosimilmente irreparabili per la nostra portualità, che deriverebbero dai limiti di spesa imposti alle Autorità in questione, ci obbligano ancora una volta a credere che in ultimo il buon senso avrà la meglio. È appunto in quest'ottica che ci permettiamo sollecitare un incontro al livello di Presidenza del Consiglio, finalizzato a meglio significare le nostre istanze in ordine ad una interpretazione autentica della norma che ne limiti l'obiettivo alle sole spese correnti».