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Portualità turistica italiana a rischio con i canoni demaniali introdotti con la legge finanziaria 2007
Lo sottolinea ASSOMARINAS, che auspica la sospensione dell'esecutività dei nuovi canoni
14 febbraio 2008
«I nuovi canoni demaniali introdotti con la finanziaria 2007 potrebbero lasciare “a secco” la portualità turistica del Paese». Lo ha detto il presidente di ASSOMARINAS e consigliere UCINA, Roberto Perocchio, nel corso del meeting sul tema “Pregi e difetti del sistema nautico italiano: sfide e obiettivi per poter competere”, svoltosi martedì scorso a Mestre, che è stato organizzato dall'International Propeller Club Port of Venice.
Perocchio ha sottolineato come il futuro della portualità turistica italiana leghi il suo sviluppo alle sorti del decreto legge “milleproroghe” in discussione alla Camera dei deputati il prossimo 19 febbraio, “che - ha rilevato - rappresenta l’ultima occasione per sospendere l’esecutività dei nuovi canoni demaniali introdotti con la finanziaria 2007».
Critico sugli effetti del nuovo codice sulla nautica da diporto (legge n.172 del 2003) il presidente di Assonautica, Gianfranco Pontel: «la legge sulla nautica - ha spiegato - è stata una vittoria a metà in quanto proprio la nautica, poiché settore di nicchia, esercita una forza dirompente sul territorio. Per queste ragioni avrebbe dovuto essere legata più al turismo che al codice della navigazione dando così la possibilità di realizzare l’integrazione tra le filiere del mare e quelle di terra, dall’agroalimentare, al secondario e al terziario». Secondo Pontel, la struttura portuale del Paese non sarebbe ancora qualitativamente adeguata per rispondere alla nuova, crescente domanda di servizi di qualità di un turismo nautico in continua evoluzione.
Sui Distretti nautici e le loro implicazioni, sullo sviluppo del settore nelle varie regioni con particolare attenzione alle grandi concentrazioni di investimenti finanziari che gli stessi possono polarizzare, sono intervenuti il presidente di Consormare, Giuliano Borella, e quello del Distretto nautico veneziano Michele Cazzanti . Per il primo vanno presi a modello di sviluppo i poli nautici toscani e marchigiani nonché i centri liguri, romani, napoletani e siciliani mentre nell’area veneziana è già stata individuata un’area di circa 4 ettari con fronte mare di circa 600 metri con all’interno una darsena dotata di moli galleggianti per consentire l’ormeggio di imbarcazioni dai 10 ai 30 metri. Se questa ipotesi venisse realizzata - ha rilevato Borella - sarebbe il primo importante passo per realizzare anche un’area attrezzata per il refitting di yacht e maxiyacht che, fino a 300 unità, regolarmente transitano per il porto di Venezia, ma - proprio per la mancanza di strutture - la loro sosta si limita a soli 3-4 giorni per poi raggiungere le coste croate.
«Nell’area veneziana - ha osservato Cazzanti - bisogna ripartire da zero in quanto se accanto ai cantieri produttori manca la filiera dell’industria nautica: i primi sono destinati a delocalizzare per avvicinarsi alle industrie di settore dell’entroterra; la seconda, se lontana dai cantieri nautici, per le pesanti diseconomie di scala, è destinata a chiudere i battenti.
A conclusione dei lavori il presidente del Propeller veneziano, Massimo Bernardo, ha richiamato l'attenzione sulla necessaria realizzazione del secondo Polo nautico italiano dopo quello di Genova, cioè quello che sarebbe dovuto nascere in alto Adriatico con finanziamenti europei e con punto di eccellenza nella collaborazione tra le Città di Venezia e Trieste, oggi attualizzata dal recente agreement sottoscritto dai rispettivi sindaci Cacciari e Dipiazza che vede proprio la portualità turistica e commerciale al centro dello sviluppo economico delle due regioni. «Un progetto - ha detto Bernardo - che se realizzato in tempi certi potrebbe rappresentare il vero “start up” non solo per l’alto Adriatico, ma per tutto il sud Europa che proprio al Mediterraneo orientale chiede una nuova politica di sviluppo dell'economia marittima per poter competere con i porti del nord Europa nella conquista dei grandi mercati emergenti dell’est del continente».
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