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Assoporti chiede un fondo per la rottamazione dei fondali portuali in cambio di un aumento di tasse, canoni e diritti
L'associazione dei porti italiani propone rincari dal 30 al 50%
23 ottobre 2008
Di primo acchito sembra una provocazione. Per anni si sono susseguiti interventi a sostegno dell'industria automobilistica attraverso incentivi alla rottamazione delle autovetture. Tale pratica si è allargata a macchia d'olio ad altri settori commerciali, che sovente ne hanno adottato solo la formula pubblicitaria non corredata di aiuti statali. Tutti avevano qualcosa da rottamare per acquistare un prodotto simile con uno sconto sul prezzo di listino. In rete abbiamo trovato l'annuncio commerciale qui a lato: singolare, ma uno dei tanti.
La macchia d'olio ha raggiunto anche i porti, che qualcosa da rottamare ce l'hanno eccome. Cosa? Ma i materiali di risulta della attività di dragaggio dei fondali, ovvio. Inoltre i porti hanno “bisogno” di un sostegno dallo Stato. C'è il rischio nel prossimo triennio - ha sottolineato Assoporti (Associazione Porti Italiani) - «di avere una portualità che, non solo non cresce a ritmi migliori del Pil nazionale, ma va in recessione, nell'ambito di uno scenario evolutivo internazionale dello shipping e del terminalismo che pone seri interrogativi».
Quindi: perché non ricorrere alla rottamazione?
È proprio questa la proposta di Assoporti: un fondo per la “rottamazione” dei fondali dei porti. L'associazione la fa passare per «una delle idee maggiormente innovative scaturite oggi dal direttivo di Assoporti tenutosi a Trieste». A dire il vero così innovativa non appare. Provocatoria invece sì.
Non è affatto una boutade e fa parte di un pacchetto di proposte che il presidente dell'associazione, Francesco Nerli, ha sottoposto al direttivo con l'obiettivo di presentarle al governo «per evitare il rischio di una nuova stagnazione degli investimenti e quindi di un arretramento globale della portualità nazionale».
In particolare Assoporti ha intenzione di chiedere all'esecutivo, e specificatamente al ministro dei Trasporti Matteoli, la destinazione ai porti di due miliardi di euro, dei 15 stanziati dalla Banca Europea d'Investimento BEI, per le priorità infrastrutturali del Paese.
L'associazione delle Autorità Portuali italiane ha precisato che, quale contropartita, i porti, per parte loro, «sono pronti a procedere ad un adeguamento delle tasse portuali, dei canoni e dei diritti portuali in misura dal 30 al 50% in più, a seconda delle esigenze e delle realtà». Misura, questa, che non sarà bene accolta dagli utenti dei porti e che, a questo punto, sembra far deragliare la proposta dalla classica formula di “rottamazione”, secondo la quale chi acquista qualcosa paga di meno, anche se viene incentivato a spendere.
Dei due miliardi di euro, non più di un quarto della cifra verrebbe utilizzata per effettuare i dragaggi. Assoporti ha precisato infatti che la richiesta al ministro per lo Sviluppo Economico è di istituire di un “Fondo per la rottamazione dei fondali dei porti” «attraverso il quale si possa destinare all'escavo dei fondali dai 300 ai 500 milioni».
«La portualità italiana - ha dichiarato Nerli - è davvero ad un bivio; non può permettersi il lusso di una fase di stagnazione, esattamente come il sistema Paese non può permettersi il lusso di buttare al vento una risorsa strategica essenziale quale è la sua portualità. È quindi giunto il momento che anche fra maggioranza parlamentare e governo si trovi sul futuro dei porti una linea condivisa e possano essere compiute in tempi brevissimi scelte non più rinviabili».
Si riusciranno a rottamare i fondali o verrà rottamata la proposta? Si accettano scommesse.
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