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Confitarma, lo shipping italiano ha retto bene alla crisi nonostante la latitanza della politica
d'Amato: perplessità sulla privatizzazione del gruppo Tirrenia. Coccia: rischio di un pericoloso passo indietro per la competitività della flotta
18 marzo 2010
Oggi a Roma si è tenuta l'assemblea della Confederazione Italiana Armatori (Confitarma) che ha contrassegnato il passaggio di consegne alla presidenza dell'organizzazione armatoriale tra Nicola Coccia e Paolo d'Amato, dei quali pubblichiamo gli interventi nella rubrica “Forum dello Shipping e della Logistica”.
Il neo presidente d'Amico ha espresso fiducia per le prospettive di crescita dell'industria dello shipping, fortemente colpita negli ultimi mesi della recessione economica mondiale. «La situazione - ha precisato - resta ancora fragile e la ripresa procederà a diverse velocità»; tuttavia ci sono segnali di miglioramento e per i mercati marittimi - ha spiegato - «le stime ufficiali prevedono per il 2010 una ripresa dei traffici mondiali ed un loro aumento del 2%».
Paolo d'Amico ha rilevato come, sul piano nazionale, l'armamento non abbia ricevuto adeguati sostegni per far fronte agli effetti della crisi: «purtroppo - ha sottolineato - la legge finanziaria 2010 ha dimenticato di dedicare le risorse usuali al mare, sottovalutando uno strumento di competitività e di sviluppo quale è da circa dodici anni il Registro internazionale. Inoltre, dopo dieci anni, per la prima volta non sono state rinnovate le misure per la riduzione degli oneri contributivi al cabotaggio, che nella liberalizzazione del mercato europeo rischia di perdere il confronto con le bandiere comunitarie più aggressive. Da anni - ha aggiunto - chiediamo una norma strutturale, che consenta di pianificare con tranquillità attività industriali e investimenti».
d'Amico ha espresso perplessità anche in merito alla privatizzazione del gruppo Tirrenia, lamentando «un difetto di trasparenza dell'intero processo». «La scelta di procedere all'affidamento in blocco dei servizi marittimi a una stessa società di navigazione, invece che ad una pluralità di operatori attraverso gare linea per linea - ha detto il neo presidente di Confitarma - certamente non aiuta, come pure non aiuta la prevista durata di 12 - 8 anni delle convenzioni ad esclusivo appannaggio delle società ex-regionali e della società Tirrenia».
Le perplessità di Confitarma - ha osservato - sono confermate dal fatto «che la materia sia stata oggetto di osservazioni da parte delle istituzioni comunitarie nel dicembre scorso, e ultimamente addirittura di una procedura di infrazione».
Paolo d'Amico ha sottolineato anche il ritardo nell'adeguamento delle infrastrutture portuali italiane e nel rinnovo della normativa per il settore, con la conseguenza che «le infrastrutture portuali non risultano in linea con l'evoluzione della flotta: non solo unità italiane, ma navi di tutto il mondo - ha spiegato - spesso non vengono nei nostri porti perché non trovano scali adeguati a riceverle o, semplicemente, perché i fondali non sono abbastanza profondi».
Nicola Coccia ha evidenziato lo sviluppo dell'industria italiana dello shipping avvenuto negli ultimi anni, che - ha detto - «ha generato un notevole incremento dell'occupazione sia a bordo che a terra», e ne ha sottolineato la resistenza alla crisi, grazie alla quale, «nonostante questo periodo di ridimensionamento dell'economia, il settore non ha registrato riduzioni dell'occupazione».
Coccia ha confermato la poca attenzione della politica nei confronti dello shipping: «mentre le linee-guida della Commissione Europea confermano la centralità del trasporto marittimo nello
sviluppo dell'economia dell'Unione - ha rilevato - in Italia spira un vento d'incertezza a livello politico. Con grande amarezza devo constatare che il mondo della politica italiana sembra aver distolto la sua attenzione nei confronti del nostro settore, con gravi conseguenze sotto vari profili. Innanzitutto, sotto l'aspetto della competitività della nostra flotta: dopo aver celebrato i primi dieci anni del Registro internazionale, oggi è forte il rischio di un pericoloso passo indietro».
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