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Fedespedi, preoccupazione per il rallentamento del traffico nei porti determinato dalle nuove norme sulla sorveglianza radiometrica
Secondo la Federazione, è possibile un aumento della quantità di merci da controllare superiore al 900%
6 aprile 2010
Fedespedi ha espresso preoccupazione per l'entrata in vigore il prossimo 7 aprile del decreto legislativo 23/2009 che introdurrà l'obbligo di controlli per rilevare la presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti dismesse su tutti i prodotti semilavorati metallici importati dai paesi extra UE. Attualmente l'obbligo della sorveglianza radiometrica è previsto solo per i rottami ferrosi e non ferrosi, come disposto dal decreto legislativo 230/1995.
Secondo la Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali, infatti, l'applicazione di tale norma potrebbe comportare un aumento della quantità di merci da controllare superiore al 900%, portando a 30 milioni di tonnellate la quantità di materiale sottoposto a controlli radiometrici contro le circa tre milioni di tonnellate di rottame ferroso e non ferroso che, annualmente, raggiungono oggi i nostri porti.
Associandosi all'analogo allarme lanciato da Assofermet (l'Associazione nazionale dei commercianti in ferro e acciai, metalli non ferrosi, rottami ferrosi, ferramenta e affini), Fedespedi ha evidenziato che tale significativo aumento del numero dei controlli radiometrici «potrebbe compromettere l'operatività dei nostri porti riducendone la competitività a vantaggio degli scali marittimi europei concorrenti».
«In rappresentanza delle case di spedizioni internazionali - ha commentato il presidente di Fedespedi, Piero Lazzeri - riteniamo indispensabile da parte delle autorità preposte procedere all'individuazione dei prodotti effettivamente interessati da tale norma per non compromettere ulteriormente la funzionalità dei nostri terminal».
La Federazione degli spedizionieri ha sottolineato come l'applicazione estensiva del nuovo provvedimento legislativo «porterebbe di fatto a pesanti ripercussioni sull'operatività degli scali marittimi interessati, provocando una forte congestione di materiale nei terminal e, conseguentemente, un allungamento dei tempi di attesa per lo sdoganamento delle merci e un significativo aggravio dei costi per l'importatore».
«Nei nostri scali portuali - ha osservato Lazzeri - la media delle verifiche doganali effettuate sulle merci (import-export) è oggi già dodici volte superiore rispetto a realtà come Amburgo e Rotterdam, rendendo il costo di sdoganamento delle merci in Italia notevolmente superiore rispetto a tali porti. L'entrata in vigore di questa nuova norma rischia pertanto di accentuare ulteriormente il fenomeno di distorsione dei traffici verso altri scali e altre strutture preposte alle operazioni doganali a discapito della competitività del nostro Paese».
Pertanto Fedespedi ha chiesto «una maggiore definizione del campo di applicazione della norma per non penalizzare ulteriormente la competitività degli scali portuali nazionali».
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