- «Quando ti deciderai a darmi del tu?». Portavo i pantaloni corti quando incontrai per la prima volta Giuseppe Marasco, quasi cinquant'anni fa, nella redazione de “L'Avvisatore Marittimo” mentre discuteva con mio padre delle vicende del porto di Genova. In quegli anni la differenza d'età imponeva che gli dessi del lei. Da allora, però, ci sono voluti più o meno quarant'anni prima che mi decidessi a passare al tu nonostante il nostro rapporto fosse diventato di familiarità, confidenza e amicizia e malgrado appartenessimo ormai alla medesima categoria professionale che quasi lo impone fra colleghi.
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- Ci sono volute la sua domanda e la sua richiesta di spiegazioni a persuadermi a cambiare il modo di rivolgermi a Giuseppe. «Perché ti porto rispetto», gli ho risposto. Non che io intenda essere irriguardoso nei confronti di coloro a cui do del tu, ma rivolgendomi a Marasco il mio “lei” non era affatto formale e distaccato, quanto invece segno di stima e di considerazione per le sue capacità professionali e per le sue qualità umane. «Ma che rispetto e rispetto», mi ha zittito imponendomi da allora il tu.
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- Giuseppe Marasco non solo come giornalista, esperto di cose marittime, ma anche come scrittore e storico, lavorava con passione e con assoluta competenza evitando di scrivere e di dire cose che avrebbero attirato facili consensi, magari garantito favori, ma che gli avrebbero fatto perdere autorevolezza e credibilità, ed anche l'apprezzamento da parte di chi - come me - lo considera un esempio.
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- In me e in tanti altri la morte di Giuseppe Marasco e il suo funerale, che si terrà domani alle 10 nella parrocchia di San Nicola a Genova, non lasciano un vuoto. Un esempio non si spegne come una candelina. La ringrazio per avermi fatto vedere come si vive e come si lavora, signor Marasco.
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- Bruno Bellio
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