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L'anno portuale 2013 a Venezia inizia all'insegna di una recrudescenza del conflitto porto-città
Il sindaco Orsoni intima senza mezzi termini al porto di fare un passo indietro e di adeguarsi ai propri indirizzi di politica territoriale
28 giugno 2013
A Venezia il presidente dell'Autorità Portuale e il sindaco concordano su una cosa: che il porto debba essere trasferito al di fuori della laguna veneziana. Tuttavia dissentono su quali attività portuali trasferire: il primo cittadino vorrebbe portare tutti gli approdi per le grandi navi in mare aperto, o almeno alla maggior distanza possibile dal delicato eco-sistema veneziano, mentre Paolo Costa ritiene indispensabile consentire alle navi da crociera di raggiungere la città al fine di non perdere un traffico turistico prezioso sia economicamente che come strumento di promozione di Venezia.

Oggi, in occasione dell'inaugurazione dell'anno portuale 2013, il presidente dell'Autorità Portuale di Venezia ha ribadito la necessità di realizzare il progetto del porto d'altura, che l'ente ha presentato nel 2010 con l'obiettivo di costruire una piattaforma portuale in acque profonde da situare a circa otto miglia nautiche dalla bocca di porto di Malamocco e alla quale far approdare i traffici petroliferi e container ( del 23 settembre 2010). «L'accessibilità nautica lagunare - ha ricordato Paolo Costa - ha limiti non superabili che viziano ogni possibile ipotesi di sviluppo della sua portualità in linea con le tendenze dello shipping mondiale. In virtù dei suoi fondali a -12 metri, infatti - ha spiegato - il porto di Venezia si può attrezzare oggi per ospitare navi in grado di trasportare fino ad un massimo di 7.000 teu». Costa ha evidenziato come la capacità ricettiva per portacontainer di questa capacità di carico sarebbe stata sufficiente nel 1997, «non più oggi - ha sottolineato - e tanto meno domani quando i mari dei container verranno solcati da navi fino a 18.000 teu, già in esercizio, alle quali si affiancheranno presto navi da 22.000 teu, in costruzione.
Una prospettiva che non mette fuori mercato solo Venezia, ma pressoché tutta la portualità italiana, se valutata sui tre parametri: dell'accessibilità nautica, degli spazi operativi in porto e delle infrastrutture di collegamento con i mercati retro portuali da servire».

«Paradossalmente - ha proseguito il presidente dell'Autorità Portuale - la “necessità” di superare il vincolo di accessibilità nautica dei canali lagunari interni si sta trasformando nella “virtù” di garantire con una piattaforma portuale d'altura, l'offshore, l'accessibilità nautica necessaria, che si aggiunge a e valorizza gli abbondanti spazi a terra di Marghera, ma non solo, e la ricca dotazione di infrastrutture stradali, ferroviarie e di navigazione interna che l'area veneziana già offre. L'idea di coniugare lo sviluppo portuale veneziano su una accoppiata offshore-onshore, che fino a ieri poteva apparire come un progetto utopico - ha rilevato Costa - si presenta oggi come una delle strade che l'Italia può e deve seguire per dotarsi di “macchine portuali” fortemente innovative che sole possono consentire al nostro Paese di competere con il resto della portualità europea».

Costa ha ribadito anche la convinzione che il nuovo porto d'altura potrà lavorare in simbiosi con gli altri approdi portuali del nord Adriatico e che tutti i porti potranno trarre frutto dalle nuove opportunità offerte dalla piattaforma portuale offshore. Secondo Costa, infatti, è «un progetto che si esalta nel quadro di adeguamenti complementari in corso negli altri porti NAPA (Trieste, Koper e Rijeka) oltre che a Ravenna», dichiarazione con la quale il presidente dell'Autorità Portuale ha rilanciato un'esortazione a Ravenna affinché riconsideri le sue perplessità circa il porto d'altura, perplessità che avevano indotto lo scalo ravennate ad uscire dall'associazione NAPA nata per riunire i porti dell'Adriatico settentrionale.

«Venezia - ha rimarcato Paolo Costa - non ha alternative a un progetto proposto per dare concretezza a quanto previsto dalla legge speciale e originariamente declinato al principio della sola salvaguardia ambientale, laddove si immaginava di allontanare i traffici petroliferi e di allentare la pressione di navi sempre più grandi sul canale Malamocco-Marghera, ma diventato il cardine di una politica realistica di sviluppo portuale commerciale di Venezia e dell'alto Adriatico. Un progetto che, come noto, si fonda sulla fusione di due procedimenti amministrativi (quello affidato al Magistrato alle Acque di Venezia per l'offshore necessario per l'estromissione del traffico petrolifero dalla laguna e quello di Autorità Portuale di Venezia per la creazione di un molo container e di un porto rifugio in altura) che ha reso entrambi più credibili anche per le evidenti economie di scala».

Se la visione del sindaco di Venezia collima con quella di Costa per quanto riguarda petroliere e portacontainer, diverge assolutamente per le navi da crociera. Già negli elogi rivolti da Giorgio Orsoni al presidente dell'Autorità Portuale per i risultati raggiunti dal porto si intuisce come il sindaco sembri incolpare Paolo Costa di non comprendere le esigenze e le urgenze della città, ma solo quelle meramente settoriali e commerciali del porto: «non posso non prendere atto con soddisfazione - si è felicitato il sindaco Orsoni - di come il porto di Venezia sia attualmente bene gestito nella sua componente tecnica».

Il sindaco è però entrato subito nel vivo delle polemiche legate all'arrivo delle navi da crociera che si sono innescate dopo il naufragio della Costa Concordia all'Isola del Giglio e del successivo provvedimento normativo (decreto Clini-Passera) con il quale il governo in carica lo scorso anno ha impedito alle grandi navi di avvicinarsi alle aree protette nazionali e a siti sensibili dal punto di vista ambientale, tra cui la laguna di Venezia. «Tutti sappiamo - ha affermato Orsoni - che esiste un problema di sviluppo strategico del porto di Venezia, esploso in questi mesi con il tema delle cosiddette “grandi navi” e del loro passaggio in Bacino San Marco». Secondo il sindaco, «è la punta dell'iceberg di un problema più profondo e complesso che non possiamo eludere».

«È stupidamente semplicistico e riduttivo - ha osservato Giorgio Orsoni - riportare la questione dell'accesso delle “grandi navi” ad una lite tra sindaco e presidente del porto, o, meglio, ad un mio presunto cattivo carattere. Con il presidente abbiamo condiviso e condividiamo l'idea dello sviluppo anche sociale di questa città e tutti e due traguardiamo il bene comune. La realtà è che a fronte del divieto di passaggio sancito da un decreto interministeriale, siamo da più di un anno in attesa della sua attuazione, ed ora si prospettano soluzioni ritenute da molti incompatibili con il mantenimento dell'equilibrio lagunare, in una affannosa rincorsa ad un rimedio, come se le navi oltre i 300 metri si fossero presentate improvvisamente oggi alla bocca di porto. E si affronta il problema come se fosse ineluttabile che il gigantismo navale debba soggiogare tutta la laguna e la città stessa.

«Che questo venga avvallato dal Comitato Portuale - ha proseguito Orsoni - è del tutto comprensibile visto che è assemblea di portatori di interessi particolari nella quale il Comune ha avuto già modo di esprimere le sue contrarietà. Ciò che non è comprensibile - ha accusato il sindaco - è che un ente strumentale dello Stato, cui partecipano gli enti locali, che ha il compito di pianificare lo sviluppo del porto, si faccia promotore di iniziative in conflitto con la scelte di pianificazione generale, e non abbia saputo anticipare i tempi, prevedendo i problemi che il gigantismo delle navi da crociera avrebbe posto alla laguna. Se si è arrivati ad un provvedimento emergenziale come quello Clini-Passera, significa evidentemente che non si è guardato abbastanza lontano. Ora non si può porre come unico rimedio lo scavo di un canale, che renderebbe operativo il divieto, se va bene, fra due anni, quando forse le navi da crociera saranno magari arrivate a quattrocento metri di lunghezza ed oltre, e senza considerare l'effetto sugli accessi alla laguna che determinerà l'entrata in funzione del Mose. Un rimedio peggiore del male assunto nella logica di farsi guidare dagli eventi e non in quella di dominarli con una programmazione consapevole».

Per il sindaco è necessario, anzi doveroso, che il porto faccia un passo indietro: «l'amministrazione - ha sottolineato - non può e non vuole accettare scelte che prefigurino uno sviluppo infinito e non governabile dell'accessibilità del porto da parte di qualsiasi imbarcazione e pretende - questo sì, lo sottolineo con forza - che il porto si adegui ai propri indirizzi di politica territoriale, predisponendo piani industriali compatibili con il luogo, con la laguna, con la città. Non dimentichiamo infatti che la laguna è parte integrante della città. Qualsiasi atto che interessa la laguna è atto che interessa anche la città. Piani industriali nel contempo idonei a garantire - e lo voglio sottolineare con forza - occupazione e sviluppo economico, invertendo una logica sinora seguita di accettazione supina di qualsiasi richiesta di utilizzo del porto. Nell'emergenza si abbia l'umiltà di affrontare, anche in via transitoria, e magari parzialmente, scelte dimostratesi operative in questi giorni fin da subito, forse non in linea con un certo modello organizzativo che evidentemente si è rivelato sbagliato, se siamo arrivati ad un decreto emergenziale».

Orsoni ha concluso dichiarandosi «perfettamente d'accordo con chi sostiene che su questo argomento “non si deve scherzare con il fuoco”. L'invito - ha precisato - va evidentemente rivolto a tutti coloro che, agitando il ricatto occupazionale, chiudono gli occhi di fronte ad una situazione di estrema gravità ambientale, derivante da una mancanza di consapevole pianificazione e di lungimiranza su cosa sarebbe accaduto nell'attività portuale, che tenesse conto dell'impatto che i nuovi mezzi navali avrebbero avuto sull'ambiente lagunare. E se qualcuno ha fatto investimenti senza tener conto di questa situazione, lo imputi a se stesso, e non pensi di scaricare sull'amministrazione comunale la mancanza di una corretta pianificazione industriale del porto. Una cosa - ha ribadito - è certa: il decreto impone una soluzione immediata. Questa soluzione noi pretendiamo venga trovata nell'immediato e per essa siamo disposti a lavorare tutti insieme con massima lealtà e collaborazione».

«Ognuno di noi - ha replicato il presidente dell'Autorità Portuale - deve fare la sua parte e il problema delle grandi navi - ha concordato Costa - è solo la punta dell'iceberg di un problema di fondo più ampio, che - ha tuttavia rilevato - non deve essere però fatto prigioniero di un problema più piccolo». «Può darsi - ha aggiunto Costa - che ci siamo svegliati tardi su questo tema, ma lo abbiamo fatto tutti, perché le stesse cose sono scritte in tutti i documenti oggi vigenti. E c'è differenza tra sedersi e discutere e dire che non va bene niente: tutti d'accordo che le navi non passino davanti a San Marco. Il vero problema è il coordinamento tra i diversi soggetti che devono decidere». Costa ha ricordato che i progetti per evitare il transito delle grandi navi di fronte a Venezia dovranno essere presentati il prossimo 25 luglio ( del 13 giugno 2013): «noi - ha precisato - non potevamo che confermare quello dello scavo del canale Contorta-Sant'Angelo, che nasce da un'idea del professor D'Alpaos, ma siamo aperti a tutto, mettendo però in chiaro i due obiettivi imprescindibili: non mettere in crisi anche un solo posto di lavoro e il fatto che nessuno può salvare la crocieristica mettendo in crisi il resto del porto».
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(The North Africa Post)
Argentina enfrenta tarifas portuarias hasta 500% más altas que otros países de la región
(Pescare)
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FORUM dello Shipping
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Torbianelli: bene l'ok del CIPESS al finanziamento del futuro Molo VIII del porto di Trieste
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