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Fiom si oppone all'ipotesi della vendita di una quota di Fincantieri prospettata dal governo
Secondo il sindacato, nell'attuale situazione economica italiana, quest'operazione avrebbe il carattere di una svendita finalizzata solo a “fare cassa”
22 ottobre 2013
Reduce da una visita negli Stati Uniti, dove la scorsa settimana ha incontrato il presidente Barack Obama, ritornato in Italia Enrico Letta ha chiarito le proprie dichiarazioni rese in terra americana in tema di privatizzazioni.
Intervistato dal “The Washington Post”, il primo ministro italiano aveva esposto la strategia del governo per diminuire il debito pubblico: «con il taglio della spesa pubblica», aveva spiegato alla richiesta di Lally Weymouth di precisare il piano dell'esecutivo per ridurre il deficit. Alla domanda della giornalista americana su quali entrate intende contare l'esecutivo di Roma a fronte dei prospettati tagli alla spesa, Letta aveva specificato che saranno frutto di «un processo di privatizzazione. Ritengo - aveva aggiunto - che ora i mercati siano pronti a comprare e noi venderemo beni pubblici. Fincantieri, per esempio, un cantiere navale. Venderemo parte di Terna, che è la rete elettrica nazionale. Naturalmente, non il 100%, ma il 49%. Presenteremo questo piano di privatizzazione e ritengo che sarà un passo molto importante».
Tornato in patria, con una nota di Palazzo Chigi, Letta ha puntualizzato che «in tema di privatizzazioni i riferimenti numerici a ipotesi di dismissioni riportati in un'intervista del presidente del consiglio al “Washington Post” sono da intendersi come puramente indicativi della volontà di offrire al mercato quote non di controllo. In materia - si legge nel comunicato - il governo deciderà entro l'anno, come previsto dal piano Destinazione Italia, con il supporto del Comitato per le privatizzazioni istituito presso il ministero dell'Economia e Finanze».
A Lally Weymouth che gli aveva chiesto come sarà tagliata la spesa pubblica in considerazione della minaccia di sciopero avanzata dai sindacati, Letta aveva risposto: «non ne sono contenti, ma li convinceremo».
Al momento il primo ministro italiano sembra non aver affatto persuaso la Fiom Cgil, che proclama un «no alla svendita del gruppo Fincantieri». Secondo il sindacato, «l'annuncio del presidente del Consiglio in merito all'intenzione di vendere Fincantieri riapre nuovamente e incomprensibilmente la questione della privatizzazione di un'azienda assolutamente strategica per l'industria italiana e per l'intera economia nazionale».
La Fiom ricorda che contro la privatizzazione di Fincantieri, già tentata nel 2007, si schierò, insieme con il sindacato, un vasto fronte di soggetti istituzionali e non, che convinse il governo a non procedere in quella direzione. «Stupisce e lascia allibiti - rileva la Fiom - che questa intenzione sia nuovamente annunciata mentre il settore è alle prese con una crisi di lungo periodo all'interno della quale nella stessa Fincantieri si sta realizzando un piano di riorganizzazione e acquisizioni finalizzato a dare prospettive positive a tutti i siti e cantieri presenti sul territorio nazionale».
Secondo la Fiom, è invece «sempre più urgente la definizione e l'avvio di una specifica politica per il settore da parte del governo, finalizzata al suo consolidamento e sviluppo, che permetta di valorizzare le attività svolte dalle aziende del settore: vanno promossi - spiega il sindacato - gli investimenti verso una diversificazione produttiva che produca occupazione in Italia e va incentivato un percorso di sostituzione del naviglio obsoleto, con particolare riferimento a quello in carico alla Marina Militare che, tra l'altro, è una grande infrastruttura pubblica. A tale fine, il governo deve elaborare un piano nazionale della mobilità e dei trasporti in grado di rispondere alle esigenze del Paese e in grado di coinvolgere direttamente tutti i settori industriali interessati».
«Per queste ragioni, nei giorni scorsi, insieme a Fim e Uilm - ricorda inoltre la Fiom - abbiamo chiesto al governo la convocazione del tavolo di settore della cantieristica navale. L'iniziativa annunciata dal governo, al contrario, rivela l'intenzione di volersi disimpegnare da ogni responsabilità rispetto all'orientamento dell'economia nazionale e alla valorizzazione del patrimonio industriale pubblico. In particolare, nell'attuale situazione economica italiana, quest'operazione avrebbe il carattere di una svendita finalizzata solo a “fare cassa”. Evidentemente questo governo non vuole tenere conto delle catastrofiche esperienze di privatizzazione effettuate in passato, a partire da quelle di Telecom e Alitalia, e intende contribuire all'ulteriore dissipazione di ciò che resta dell'industria italiana».
«Come Fiom - conclude il sindacato - riteniamo che tale scelta sia profondamente sbagliata e vada ritirata perché rischia di peggiorare la situazione già critica del gruppo e dell'intero settore della navalmeccanica, ne compromette stabilità e prospettive e mette a rischio centinaia di posti di lavoro in tutta Italia».
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