- Secondo lei, chi sarà la prossima? Maersk, ho risposto senza esitazioni. Appunto, è stata la laconica constatazione dall'altra parte della cornetta di uno che di solito è bene informato sulle vicende della portualità genovese (a dire il vero non lo è sempre, e non se ne adonti il personaggio in questione). La conversazione telefonica verteva sul trasferimento annunciato in questi giorni di un pezzo di Costa Crociere dalla sede di Genova a quella di Amburgo e aveva assunto i toni confidenziali di chi sa che la chiacchierata rimarrà privata.
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- Il mio interlocutore si riferiva a quella che, secondo lui, sarà la prossima azienda dello shipping a trasferire attività dal capoluogo ligure ad altre sedi. Lui non è un chiaroveggente. Io tanto meno. Ma ad entrambi è subito venuta alla mente la società armatoriale danese.
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- Il rapporto tra il gruppo Maersk e Genova è da tempo altalenante, con alcuni alti e tanti bassi. Anzi la definizione migliore della relazione è conflittuale. Sono ormai trascorsi anni da quando il gruppo danese ha perso la battaglia combattuta per ottenere spazi terminalistici dedicati sulle banchine del porto genovese ed ha dovuto scegliere il vicino scalo di Savona Vado, dove però è ancora costretta ad affrontare le incognite della costruzione di un nuovo grande terminal portuale, tipologia di progetto che in Italia deve scavalcare mille ostacoli. Molti sono già stati superati, dato che la nuova piattaforma di Vado Ligure dovrebbe diventare operativa tra soli due anni, nel 2017. Ma altri scontri si sono poi succeduti: dai confronti con le istituzioni e i sindacati per le minacciate e in parte attuate riduzioni del personale avvenute dopo l'inaugurazione della nuova sede di Maersk Italia a Genova nel 2006 fino alla lotta giudiziaria incentrata sui costi dei servizi che è stata sostenuta e persa contro gli agenti marittimi e gli spedizionieri di Genova che erano stati incolpati dall'Autorità Antitrust, su informazioni fornite da Maersk Italia, di aver concordato intese restrittive della concorrenza e che lo scorso anno sono stati definitivamente prosciolti dal tale accusa dal Consiglio di Stato.
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- Savona. E questo non le suggerisce niente?, ha incalzato il mio interlocutore leggendo evidentemente nei miei pensieri. Già, perché il porto di Savona, oltre che dal gruppo danese A.P. Møller-Mærsk, era stato scelto ancor prima dalla stessa Costa Crociere, ora di proprietà del gruppo statunitense Carnival, quando la compagnia crocieristica, respinta anch'essa da Genova, aveva dovuto decidere dove insediare un proprio terminal dedicato all'approdo delle navi della sua flotta. Dal 2003 la quasi totalità delle navi di Costa che transitano nell'Alto Tirreno fanno scalo al Palacrociere di Savona dove la compagnia è stata nei giorni scorsi autorizzata a rimanere almeno fino al 2044, data in cui scadrà la nuova concessione trentennale. Genova, a torto o a ragione, allora non volle che Costa Crociere disponesse di banchine del suo porto. Traendone le conclusioni, la compagnia si mosse secondo le proprie necessità operative e aziendali, optando per la vicina Savona.
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- Per questo e per tanti altri ovvi motivi fanno un po' sorridere le dichiarazioni di alcuni rappresentanti delle istituzioni di Genova quando sostengono che Costa Crociere nutre poca affezione per il capoluogo ligure. Sono trascorsi anni da quando la proprietà genovese ha ceduto la compagnia crocieristica al gruppo americano Carnival Corporation. I grandi gruppi sovranazionali, come quello statunitense, operano con logiche differenti e spesso del tutto aliene dal sentimento dell'affetto.
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- Non le dice niente neppure che Carnival abbia deciso di mettere alla guida di Costa un manager tedesco, ha proseguito imperterrito il mio interlocutore anticipando quello che gli avrei voluto far notare rammentandogli che nel 2012 Michael Thamm è subentrato a Pier Luigi Foschi nella carica di amministratore delegato della compagnia. Come no - ho replicato - così è accaduto per Vincenzo Onorato, mi sono limitato timidamente a suggerire ricordandogli che nel 2013 il manager italiano ha lasciato l'incarico di direttore generale di Costa Crociere per assumere quello di amministratore delegato della concorrente MSC Crociere.
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- Il colloquio a distanza è proseguito sulle misure che Genova dovrebbe attuare per non perdere altre attività marittime.
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- Ma dove vogliono andare questi? Su ciò ho dovuto concordare con il mio informato interlocutore, che si è chiesto che senso può avere che i vertici delle istituzioni genovesi e liguri vadano oltreoceano per tentare di far cambiare una decisione ormai assunta da tempo.
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- I segnali c'erano già tutti, ha proseguito la voce alla cornetta. Non si è voluto, o si è fatto finta di non intenderli. I segnali, per Maersk - ha garantito - sono gli stessi.
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- Non ho la stessa certezza sui segnali del mio interlocutore. Ma su una cosa mi sembra abbia sacrosanta ragione: Genova deve chiedersi perché sta progressivamente perdendo la reputazione di capitale marittima.
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- Mi sono astenuto dal ricordare che, come il personaggio bene informato sa benissimo, a Genova c'è chi non ha voluto e non vuole concedere altri spazi al gruppo Maersk, ma ha anche desiderio che non ne abbia a Savona. Dato il tenore già funereo della conversazione, non avevo alcuna intenzione di intonare con lui il De Profundis dell'economia genovese.
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- Bruno Bellio
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