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UK Chamber of Shipping, abbiamo preso atto della Brexit, ora andiamo avanti
Un po' prosaicamente l'associazione britannica esorta ad agire di conseguenza. “Business is business”
24 giugno 2016
Se vogliamo stare sul piano degli stereotipi, essendo l'isola del self control e del politically correct, davvero non c'è da stupirsi delle parole con cui l'UK Chamber of Shipping ha commentato l'esito del referendum di ieri sull'appartenenza del Regno Unito all'Unione Europea. L'associazione che rappresenta l'industria britannica del trasporto marittimo precisa di «rimanere neutrale» su tale questione. Scontato, sempre stando ai luoghi comuni, che la Chamber proclami anche «il riconoscimento della decisione del popolo britannico», ovvero di uscire dall'UE, strada per cui si è optato con il 51,8% dei voti.
Anche volendo ignorare i luoghi comuni, bisogna dire che l'UK Chamber of Shipping ci mette del suo tanto sembra compiacersi delle frasi fatte nell'appellarsi ai connazionali. “Business is business” è il significato ultimo del comunicato dell'associazione rivolto all'altra parte dell'Europa e al resto del mondo.
«La Chamber - ricorda l'associazione - ha sempre sostenuto che il settore dello shipping è per sua natura resistente. Il trasporto marittimo - sottolinea la Chamber - muove il 95% del commercio con l'estero del Regno Unito e non vediamo come ciò possa cambiare».
«Ora - prosegue la nota - possiamo iniziare il processo di uscita dall'Unione Europea, ma siamo ancora una nazione insulare che deve farsi strada nel mondo attraverso acquisti e vendite, e il settore dello shipping è qui proprio per questo scopo».
Dai e dai la Chamber sembra crogiolarsi negli stereotipi con un (non voluto?) commento sardonico sulla politica: «ciò di cui abbiamo bisogno ora è di mantenere sangue freddo. Abbiamo avuto il dibattito politico, ora è il momento di pensare razionalmente e strategicamente».
«Al di là dell'Europa - osserva la Chamber - il resto del mondo ha registrato una significativa crescita economica, e un argomento chiave della campagna “Vote Leave” è stato che il Regno Unito sarebbe stato in grado di sottoscrivere rapidamente accordi di libero scambio con i partner commerciali di tutto il mondo. Ora - rileva pragmaticamente la Chamber - il governo deve agire velocemente per assicurare che ciò accada».
L'associazione propone una “French leave”: uscire dall'UE senza strepiti e scossoni. La Chamber specifica che «lasciare l'Unione Europea è un processo, non un evento, e questo processo deve essere gestito con attenzione. La decisione di David Cameron di non invocare immediatamente l'articolo 50 - specifica l'associazione dello shipping britanni riferendosi alla “clausola di recesso” inclusa nel Trattato di Lisbona che stabilisce le modalità per l'uscita di uno Stato dall'Unione Europea - è senz'altro benvenuta e per il suo successore (Cameron ha annunciato oggi le sue dimissioni, ndr) non ci dovrebbe essere alcuna fretta di farlo». «Per prima cosa - esorta l'UK Chamber of Shipping - dobbiamo mantenere i nervi saldi».
«Riteniamo - è la ricetta della Chamber per far fronte alla Brexit - che il governo dovrebbe istituire una nuova Commissione di Libero Scambio che lavori con i ministeri delle Attività economiche e dell'Interno alla formazione di negoziatori, che inizi la procedura di creazione di nuovi legami commerciali in tutto il mondo e che sia pronta per i negoziati con i restanti membri dell'UE».
I visti e i permessi di lavoro, i controlli alle frontiere presso i terminal traghetti e crociere, gli accordi fiscali, tra cui la tonnage tax, il futuro della missione UE Navfor e la collaborazione tra le Marine europee per contrastare la pirateria e per sostenere le attività di soccorso nel Mar Mediterraneo sono le questioni che, secondo l'UK Chamber of Shipping, il governo di Londra dovrebbe affrontare prioritariamente prima dell'uscita del Regno Unito dall'UE.
Non un accenno ai decenni persi da gran parte della comunità britannica per costruire qualcosa che in meno di ventiquattro ore è franato. Bando ai sentimentalismi, sono inglesi.
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