- Uiltrasporti ha bocciato senza possibilità di ricorrere in appello la proposta di riforma delle norme sul lavoro portuale formulata da Massimo Provinciali, segretario generale dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale, l'ente che governa i porti di Livorno, Piombino, Capraia e gli scali dell'Isola d'Elba, proposta volta a consentire agli articoli 16 della legge 84/1994, ovvero alla grande maggioranza delle aziende che operano in porto, «sia di assumere in appalto segmenti di ciclo che di fornire lavoro a chiamata a seconda delle esigenze e delle richieste del terminalista».
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- La proposta è stata avanzata da Provinciali nell’ultimo numero di “Port News”, la newsletter dell'Autorità di Sistema Portuale, e non è piaciuta affatto a Uiltrasporti. «Leggiamo con stupore e con profonda preoccupazione - ha commentato il segretario nazionale dell'organizzazione sindacale, Marco Odone - la proposta del segretario generale della AdSP del Mar Tirreno Settentrionale di scardinare l'attuale impianto della legge 84/94, consentendo alle imprese ex art. 16 della stessa legge di fornire “lavoro a chiamata”. Tali dichiarazioni - ha osservato Odone - rievocano i contenuti del decreto concorrenza che già aveva mobilitato tutto il mondo portuale italiano».
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- «Livorno - ha proseguito il rappresentante di Uiltrasporti - non è nuova ad interventi di “apertura” normativa nei confronti delle imprese ex art 16 come nel caso della circolare 1/2012; certo è che la portualità italiana non può prestare il fianco a tentativi di liberalizzazione delle operazioni portuali specialmente per trovare soluzioni a situazioni locali e contingenti». A Livorno, infatti, a fine 2014 l'Autorità Portuale, che allora governava lo scalo, era entrata nella compagnie societaria dell'Agenzia per il Lavoro in Porto, società che nel corso dello stesso anno era stata autorizzata a fornire lavoro temporaneo. Un'iniziativa - seppur attuata dall'ente dichiarando il carattere temporaneo dell'operazione (ma tuttora in corso) - del tutto inedita nel panorama della portualità italiana e non consentita dalla legge 84/94.
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- «Come ha correttamente richiamato il presidente di Assiterminal, Luca Becce - ha rilevato Odone - è stata proprio l'applicazione disomogenea della legge 84/94 a consentire che si innescasse una vera e propria guerra tra poveri, tra porti limitrofi, basata sui costi del lavoro che non ha fatto bene alla portualità italiana, e quindi alla nostra economia, bloccando lo sviluppo e le potenzialità dei nostri scali».
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- «Non a caso - ha ricordato il segretario nazionale di Uiltrasporti - è da anni che come organizzazioni sindacali rilanciamo un progetto, per la portualità e la logistica italiane, basato su sistemi ampi e coordinati a livello centrale, con al centro le imprese terminaliste quali attrattrici di traffici e le imprese fornitrici di lavoro temporaneo portuale come elemento di flessibilità per l'intera comunità portuale. Questa idea è stata correttamente recepita nella recente riforma della governance portuale ed ora stiamo lavorando proprio per rilanciare il lavoro portuale e ridare nuovo impulso al sistema regolato del porto».
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- «Ai porti italiani, per essere competitivi - ha sottolineato Odone - serve pianificazione, coordinamento e regolamentazione, non di certo concorrenza selvaggia basata sulla compressione dei costi del lavoro e delle tutele sociali. Bisogna guardare alle esperienze virtuose, come quelle maturate in situazioni emergenziali (Taranto e Gioia Tauro) e a quella di Trieste, dove si è puntato sul rilancio del lavoro temporaneo portuale e sugli investimenti».
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- «Se si vuole fare il bene per i nostri porti - ha concluso Odone - occorre quindi mettere da parte gli interessi localistici e le situazioni tampone, traguardando invece un orizzonte più ampio e regolamentato».
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