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- L'opinione di inforMARE
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- Che la riforma della governance dei porti italiani abbia avuto il plauso quasi unanime di tutti gli operatori portuali italiani è un fatto.
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- Un altro fatto è che la modifica del sistema di amministrare gli scali portuali nazionali, attuato dal governo consegnando la guida dei porti a presidenti che in effetti sono commissari governativi nominati dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti previa intesa con il presidente o i presidenti delle Regioni, ha escluso i plaudenti operatori portuali dalla cabina di regia dei porti, in cui già prima - con la legge n. 84 del 1994 - avevano scarse possibilità di muovere qualche leva.
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- Terminati gli applausi, tornati alla normalità, qualcuno di questi operatori sembra accorgersi che quello che sembrava essere per il meglio forse così non è.
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- Il decreto legislativo dell'estate 2016 che ha mutato il sistema di governance della portualità italiana relega i rappresentanti degli operatori portuali, così come quelli dei settori della logistica, dell'industria, dell'armamento e degli altri comparti che hanno a che fare con i porti, nell'Organismo di partenariato della risorsa mare. Un organo a cui il decreto, con tipico bizantinismo italiano, assegna funzioni “di confronto partenariale ascendente e discendente, nonché funzioni consultive di partenariato economico sociale, in particolare in ordine” - specifica la norma - all'adozione di strumenti pianificatori come il piano regolatore di sistema portuale e il piano operativo triennale, nonché a pareri su documenti come il progetto di bilancio preventivo e consuntivo.
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- Alcuni operatori , magari anche tra quelli prima plaudenti, sembrano presentire che l'ambito in cui sono stati relegati dal decreto legislativo dell'agosto 2016 assomiglia tanto ad una riserva indiana, di cui si magnificano prerogative, virtù e peculiarità e che dovrebbe infondere - dentro e fuori - un senso di appartenenza e di esclusività.
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- Esclusività che presto alcuni operatori hanno capito non tesa a renderli qualcosa di unico ed essenziale, quanto piuttosto a dar loro un diritto esclusivo - quello di appartenere all'Organismo di partenariato della risorsa mare - che in realtà li esclude da tutto il resto.
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- Non pare necessario essere esperti bizantinologi per capire che così è. Il decreto legislativo, almeno in questo, è chiaro: qualora l'Autorità di Sistema Portuale - recita il testo - “intenda discostarsi dai pareri resi dall'Organismo, è tenuta a darne adeguata motivazione”. Parole che denunciano un vero afflato democratico. Stalin - verrebbe da osservare - non avrebbe saputo escogitare di meglio. E anche per Stalin - verrebbe da aggiungere - si applaudiva fino a spellarsi le mani.
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- Quando la maggior parte degli operatori portuali italiani - non sappiamo quanti di quelli spezzini fra questi - lodava la svolta attuata due anni fa con il decreto legislativo, forse si sottovalutavano le implicazioni dell'essere estromessi dalla “cabina di regia” dei porti.
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- Dopo la riforma della governance della portualità nazionale, e prima che l'Italia abbia un nuovo governo, è ancora il ministro Graziano Delrio ad essere il comandante in capo della portualità italiana e, giustamente, agenti marittimi e spedizionieri della Spezia bussano alla porta del governo per chiedere di entrare in una stanza dalla quale, con tutti gli onori, sono stati fatti uscire.
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- Certo questa non sembra poter essere una priorità per il governo Gentiloni e per Delrio, il cui incarico è ormai agli sgoccioli. Lo sarà per il prossimo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti? Perché ci sarà lui nella cabina di regia e sarà solo a lui che bisognerà appellarsi perché le petizioni degli operatori portuali vengano ascoltate e, magari, accolte. Perché questo è l'esito dell'applaudita riforma della portualità italiana.
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- Direte che, però, ci sono i presidenti delle Autorità di Sistema Portuale. Quando il 4 agosto 2016 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva pubblicato l'avviso per la raccolta di manifestazioni di interesse da parte di coloro che erano interessati a ricoprire il ruolo di presidente delle nuove Autorità di Sistema Portuale, gli enti subentrati alle vecchie Autorità Portuali, aveva specificato con chiarezza che l'avviso non aveva “natura concorsuale, ma è pubblicato solo al fine di raccogliere le eventuali manifestazioni di interesse. Pertanto - precisava il Ministero - non è prevista alcuna procedura selettiva, non verrà redatta e pubblicata alcuna graduatoria, né sarà reso pubblico l'elenco di coloro che avranno presentato il proprio curriculum”. Annunciando l'emanazione dell'avviso, il Ministero aveva spiegato che “le manifestazioni di interesse ricevute costituiranno una banca dati a disposizione del ministro”.
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- Nominare i presidenti delle Autorità di Sistema Portuale - verrebbe ancora da rilevare leggendo queste frasi - è prerogativa del Capo. Che questo si chiami Graziano o Iosif.
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- Certo voi pensate che sia insensato paragonare il ministro Graziano Delrio a Stalin. Concordiamo. Non nutriamo dubbi che Delrio abbia fatto buon impiego di quella impenetrabile banca dati ad esclusivo uso e consumo del ministro. Ma altri?
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- Bruno Bellio
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- Agenti marittimi e spedizionieri di La Spezia hanno avanzato la richiesta, sia al governo nazionale sia a quello regionale, di assicurare la presenza degli operatori spezzini nella cabina di regia del sistema portuale ligure e la garanzia per La Spezia/Marina di Carrara di poter usufruire al pari di Genova e Savona di tutti i benefici in termini di finanziamenti sia sulle strutture materiali che su quelle immateriali.
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- In una nota Port Community La Spezia, l'organizzazione che rappresenta le due categorie professionali, ha sottolineato che «è venuto il momento che i porti liguri facciano davvero sistema per intercettare una parte del traffico destinato al Nord Europa». Agenti marittimi e spedizionieri spezzini pongono però una condizione pregiudiziale al “fare sistema”: che «gli operatori di La Spezia che per decenni hanno reso possibile il “miracolo spezzino” - ha spiegato Port Community La Spezia - siano coinvolti in questa operazione di coordinamento. Solo in questo modo - secondo l'associazione - potranno porre a fattore comune il patrimonio di esperienze e di innovazione che è stato sperimentato e implementato sulle banchine di La Spezia, garantendo a un coordinamento di sistema un'effettiva marcia in più».
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- Annunciando che Port Community La Spezia « sta mettendo a punto un documento strategico di rilancio», l'associazione ha evidenziato che - per gli agenti marittimi e spedizioni spezzini - «è giusto che all'interno di un coordinamento complessivo della piattaforma logistica ligure La Spezia mantenga i suoi margini di autonomia, ma è altrettanto corretto che quest'autonomia non debba rappresentare un fattore discriminante rispetto alle scelte di investimento e ai flussi finanziari che saranno e dovranno essere convogliati sulla portualità ligure».
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