- Il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) di Genova, riferendosi alla questione degli stipendi dei lavoratori della Culmv, rivendica il ruolo atipico di "impresa" della Compagnia Portuale genovese e il rilevante “peso” che i suoi lavoratori hanno avuto nella rilevante recente crescita dell'attività del porto del capoluogo ligure.
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- Evidenziando che «il porto di Genova è il primo in Italia e la porta sud dell'Europa, come ci ricordano con orgoglio - ha rilevato in una nota il collettivo - i politici locali, il presidente Signorini, i terminalisti, gli agenti e gli spedizionieri ecc.», che «nuovi progetti sono in via di realizzazione e pronti a partire per rafforzare questo ruolo: la nuova diga foranea, nuove banchine super moderne, nuovi raccordi viari e ferroviari, digitalizzazione dei flussi informativi e automazione dei cicli di lavoro ecc.» e ancora che il porto gode di «finanziamenti pubblici in abbondanza: un miliardo per la diga, centinaia di milioni per le infrastrutture interne, centinaia di milioni a pioggia destinati alle imprese - a cominciare dall'autotrasporto e dalle ferrovie sino alle agenzie di spedizione - grazie al crollo del Morandi anche se armatori, terminalisti non hanno sostanzialmente perso un teu alla fine dell'anno se non per normali motivi di incertezza del mercato», il CALP ha sottolineato che da dieci anni a questa parte anche i lavoratori portuali con la loro produttività hanno «fatto crescere i traffici del 60% e i profitti delle imprese a parità di salari».
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- Quanto alla mancanza di fondi da parte della Culmv per pagare gli stipendi o per chiudere il bilancio, il Collettivo ha ricordato che la vicenda va avanti da dieci anni, «da quando la Culmv ha dovuto partecipare come impresa alla gara bandita dall'Autorità Portuale per la fornitura del lavoro flessibile alle imprese terminaliste». Procedura che - secondo il CALP - è stata «una farsa per cui oggi i portuali della Culmv, che contano la metà dei portuali che fanno funzionare e prosperare il porto, si trovano a non ricevere i salari per il lavoro da loro regolarmente prestato. Insomma il grande porto di Genova da cui dipende l'economia del nord-ovest e persino di parte dell'Europa - ha denunciato il Collettivo - non è in grado di pagare i lavoratori da cui principalmente - altro che dal ponte crollato dell'autostrada! - dipende il funzionamento delle banchine».
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- Il Collettivo ha stigmatizzato che «da dieci anni a questa parte l'Autorità Portuale, i politici, le imprese continuano a addossare la responsabilità di questa situazione alla cattiva gestione della Culmv nonostante essa abbia corrisposto a tutte le richieste che le sono state fatte negli anni, grazie a tutti quei piani di impresa presentati dalla Culmv che sono stati approvati da società di consulenza internazionali e dagli uffici dell'Autorità Portuale. Mentre la Culmv vanta crediti ingenti da parte dei terminalisti e attende da sei mesi che l'Autorità Portuale le finanzi la formazione e le misure di risanamento già approvate».
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- «Non c'è bisogno di esperti di economia - prosegue la nota del CALP - per capire dove stanno le responsabilità: il bilancio della Culmv è fatto di tariffe e di salari. Essa è un'impresa per modo di dire. Può solo lavorare per e a discrezione dei terminalisti e alle tariffe che decide l'Autorità Portuale e che i terminalisti riducono sistematicamente a proprio vantaggio. Le tariffe producono i soli ricavi possibili e che provengono solo dai terminalisti che dispongono del destino dei lavoratori a loro piacimento. Di che cosa stiamo parlando allora? Dove sta la cattiva amministrazione? I consulenti chiamati dall'Autorità Portuale l'hanno scritto a più riprese: bisogna alzare le tariffe e garantire il flusso dei pagamenti e allora la Culmv si risanerà. Bisogna fare un “Piano dell'organico” come prescrive la legge per pianificare la distribuzione del lavoro tra i portuali dipendenti delle imprese e i portuali soci della Culmv. Invece, assistiamo alla farsa vergognosa di costringere i lavoratori con il cappello in mano a postulare i loro salari guadagnati con il lavoro e l'ipocrisia di Signorini-Pilato che non prende decisioni e rimette la questione nelle mani dei terminalisti. Questi, dopo avere estratto profitto dal lavoro dei portuali, ora si prendono anche la soddisfazione di concedere il dovuto come se fosse un'elemosina, come un bancomat come il capo del VTE disse meschinamente qualche anno fa. Tutto questo - ha sottolineato il CALP - è indegno! Indegno per i lavoratori che non intendono più sopportare questa provocazione, ma indegno anche per il porto e la città che pretende di essere la porta d'Europa e non sa pagare i propri portuali. Mentre lascia liberi di approfittarsene i terminalisti, con i loro capitali stranieri, con i loro fondi anonimi, con il loro padroni armatori che con la gestione portuale al ribasso naturalmente nei confronti del lavoro, pretendono di compensare i debiti del trasporto marittimo».
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- «Quei terminalisti - ha denunciato ancora il CALP - che si comprano e si vendono, si prolungano e si incrociano le concessioni pubbliche a loro piacimento, in barba alle norme e ai controlli pubblici, e che dettano l'agenda e le decisioni del presidente Signorini e dei suoi uffici, come nel caso del Piano dell'organico che attende inutilmente da un anno di essere avviato. Al disopra di tutti dovrebbe agire nell'interesse generale, dei lavoratori almeno quanto di quello delle imprese - anche perché pagato generosamente per questo con soldi pubblici - il presidente Signorini, il quale coltiva le sue ambizioni di potere e di carriera su quella prestigiosa poltrona. Noi - ha concluso il Collettivo - gli diciamo: o applica le leggi sul lavoro e risolve il problema dei diritti e dei salari dei lavoratori o si dimetta e vada a fare un altro lavoro. Ci sarà sicuramente qualche armatore o terminalista pronto assumerlo in segno di gratitudine!»
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