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Assarmatori denuncia che nei porti italiani vige «un clima di assoluta incertezza per non dire di illegalità diffusa»
Secondo l'associazione, è necessario scongiurare che i porti vengano sottratti alle norme e affidati alla discrezionalità delle autorità locali
8 gennaio 2019
La legge magari è una sola, ma le interpretazioni della norma - escludendo talvolta, ma solo talvolta, quelle dei giuristi - sono molteplici. Per fare chiarezza sulla corretta applicazione di normative e regolamenti in materia portuale Assoarmatori, la nuova associazione armatoriale italiana istituita un anno fa e costituita da compagnie nazionali e internazionali che svolgono servizi regolari in Italia, ha sollecitato un intervento della politica. Incontrando oggi a Palazzo Madama la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, una delegazione dell'associazione armatoriale guidata dal presidente Stefano Messina ha rivolto un appello affinché le istituzioni del Paese pongano la massima attenzione alle tematiche attinenti la cosiddetta “blue economy” «vigilando, in particolare - precisa una nota di Assarmatori - sulla legalità e il rispetto delle norme».
Secondo Assarmatori, infatti, «l'assetto di una struttura strategica, qual è il sistema portuale, presenta ancora troppi coni d'ombra a causa di una riforma portuale in larga parte incompiuta e rivelatasi per molti aspetti carente e inadeguata allo sforzo di efficientamento dei porti». Sottolineando che l'associazione si è già candidata a collaborare ad una ulteriore riforma della legge portuale, Messina ha evidenziato che tuttavia «non si deve dimenticare che le regole ci sono e vanno rispettate da tutti gli operatori».
Assarmatori ha portato ad esempio i recenti casi verificatisi nei porti di Civitavecchia e di Livorno, dove - secondo l'associazione - «le regole che sottendono all'esercizio delle attività di terminal sono state violate in nome di un'asserita tutela del traffico operato da certuni operatori», casi che per Assarmatori impongono «la massima cautela per scongiurare che i nostri porti e di conseguenza le attività marittime vengano sottratte alle norme e affidate alla discrezionalità delle autorità locali spesso poi censurata dalla magistratura anche penale, il tutto creando un clima di assoluta incertezza per non dire di illegalità diffusa».
In occasione dell'incontro con la presidente del Senato, Stefano Messina ha evidenziato anche come il progetto delle Zone Economiche Speciali (ZES), la cui fattibilità è stata circoscritta ai soli porti del Mezzogiorno, «rischia di produrre solo marginalmente i risultati positivi attesi, mentre l'efficacia di questo strumento dovrebbe essere comunque estesa ad altre realtà, in primis a quella genovese, penalizzata in modo cogente dal crollo del Ponte Morandi».
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