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Federagenti, come ha fatto l'Australia, per le grandi navi a Venezia si dica un no a soluzioni improvvisate e basate sull'emotività
Santi: le responsabilità andrebbero ricercate, più che negli scali delle grandi navi, nella mancata manutenzione, per decenni, dei canali lasciati interrare all'insegna di un ambientalismo acritico
6 luglio 2021
Federagenti, la federazione degli agenti marittimi italiani, è nuovamente intervenuta sulla questione dell'approdo delle grandi navi passeggeri a Venezia, anche in vista della possibilità che il Comitato del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO inserisca “Venezia e la sua laguna” nella lista dei siti in pericolo, proposta che verrà esaminata nella prossima sessione del Comitato in programma tra il 16 e il 31 luglio.
La federazione degli agenti marittimi, nelle parole del suo presidente Alessandro Santi, ha manifestato «piena disponibilità a discutere con chiunque in primis con il governo al quale abbiamo chiesto formalmente di essere urgentemente e prioritariamente ascoltati prima che venga assunta qualsiasi decisione assieme a tante altre associazioni di categoria; quindi anche all'UNESCO al quale abbiamo dato il nostro contributo, un anno e mezzo fa, senza ricevere alcuna considerazione evidentemente. Ma sia chiaro - ha precisato Santi - che non siamo disposti ad accettare imposizioni che mettono in discussione il presente, rappresentato da più di 4.000 posti di lavoro connessi direttamente con le crociere e da oltre 20.000 posti di lavoro che gravitano attorno al porto di Venezia e il suo ruolo essenziale per l'economia di una delle aree produttive più importanti d'Europa; ma anche con il passato, quello che lega indissolubilmente la storia e la ragione di esistere di Venezia alle attività marittime e al suo porto».
Il presidente di Federagenti ha evidenziato che a tale proposito il “no” dell'Australia rispetto alla similare valutazione dell'UNESCO sul tema della barriera corallina «segna un precedente importante indicando una via alternativa a quella che è, invece, frutto di strategie perfette per gemellare propaganda e interessi lontani dalla realtà locale, nel caso quella veneziana. E anche da Venezia e dal cluster marittimo nazionale - ha sottolineato Santi - deve arrivare alle istituzioni e indirettamente all'UNESCO un “no” rispetto a soluzioni improvvisate e basate su emotività».
«L'alternativa seria - ha spiegato il presidente di Federagenti - è quella di un'analisi tecnica sulle banchine disponibili a Marghera, accompagnata da uno studio scientifico sugli impatti di rischio reali (per dimensionare i limiti) e sugli effetti idrodinamici le cui responsabilità andrebbero ricercate, più che negli scali delle grandi navi, nella mancata manutenzione, per decenni, dei canali lasciati interrare all'insegna di un ambientalismo acritico che ha, irresponsabilmente, voluto rinnegare la storia della città e della laguna. E uno studio che tenga primariamente conto dei lavoratori e delle famiglie alle quali, persone che non rischiano nulla e vivono altrove, vorrebbero imporre il loro diktat».
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