- Per Fedespedi, la federazione delle case di spedizione italiane, è necessario riconsiderare l'esenzione dalla Global Minimum Tax per gli armatori o almeno limitarla alle operazioni a mare svolte dalle società armatrici, escludendo quelle a terra dove competono direttamente con tutti gli altri attori della supply chain. Intervenendo ieri alla presentazione dell'ottavo rapporto Italian Maritime Economy di SRM, centro di ricerca del quale la Fedespedi è partner, la presidente della federazione, Silvia Moretto, si è soffermata sulle possibili ripercussioni sulla supply chain della proposta di introdurre un sistema globale di tassazione delle multinazionali lanciata dalla nuova amministrazione statunitense guidata da Joe Biden e che è stata accolta per lo più favorevolmente in ambito internazionale.
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- «In questi giorni - ha rilevato Moretto - è stato raggiunto un primo accordo a livello OCSE sulla Global Minimum Tax, che dovrebbe regolamentare il mondo delle grandi multinazionali. Ebbene - ha precisato - l'unico settore che sembra essere esentato dalla nuova tassazione al 15% è quello armatoriale. L'ITF - ha ricordato la presidente di Fedespedi - ha calcolato che attualmente la tassazione media per gli armatori sia al 7%: auspichiamo si possa porre rimedio a questa situazione di chiara distorsione del mercato quantomeno limitando il vantaggio alle sole attività svolte a mare, escludendo quelle a terra, gestite anche dagli attori della supply chain che non godono di alcuna esenzione».
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- Moretto si è soffermata anche sull'esenzione dalle norme sulla concorrenza dell'UE di cui godono le compagnie di navigazione containerizzate riunite in consorzi. «Il Covid-19 - ha osservato - ci ha lasciato una lezione da imparare: quando il mercato è controllato da pochi operatori vi sono grandi rischi. I carrier marittimi concentrati in tre grandi alleanze hanno saputo controllare intelligentemente la capacità di stiva disponibile per contenere i costi. Lo hanno potuto fare perché esiste il Consortia Block Exemption Regulation UE che consente alle shipping line di scambiarsi dati commercialmente sensibili al fine di condividere la capacità di carico sulle navi e coordinare la programmazione delle rotte. Si tratta di una deroga alle normative antitrust europee cui sono soggette, invece, tutte le imprese operanti lungo la supply chain marittima. Questa condizione - ha denunciato la presidente di Fedespedi - ha portato oggi a noli quintuplicati rispetto al periodo pre Covid sulle principali rotte commerciali (Europa-Far East e Transpacifica), a congestione dei porti, penuria di container, affidabilità che è arrivata a toccare il picco negativo del 35%, il tutto con inevitabili ricadute sui prezzi al consumo». «Le conseguenze di questa situazione - ha proseguito - le paghiamo tutti: terminalisti, spedizionieri, caricatori, consumatori finali. Con una eccezione: le compagnie di navigazione, che secondo i dati elaborati da SRM, hanno guadagnato 27 miliardi di dollari nel 2020, numero destinato a triplicarsi nel 2021 arrivando a sfiorare secondo Drewry i 100 miliardi». Ricordando che in autunno è prevista una ulteriore consultazione promossa dalla Commissione Europea su una revisione del CBER, Moretto ha auspicato che «questa volta la voce di tutti gli attori della supply chain marittima venga ascoltata».
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- Riferendosi più specificamente all'ambito nazionale, Moretto ha evidenziato la necessità di «agire su un altro punto debole delle catene globali del valore: l'utilizzo - ha spiegato - della resa Ex Works da parte del 73% delle aziende. In questo momento si parla molto di nearshoring e accorciamento delle filiere per ridurre i rischi di rotture di stock e difficoltà di approvvigionamento. Strategie di questo tipo - ha rilevato la presidente di Federagenti - funzionano quando le aziende decidono di presidiare la loro logistica, piuttosto che delegarla a soggetti terzi. In Germania solo il 30% delle imprese vende in Ex Works: per questo da anni il Paese è primo nel ranking LPI della Banca Mondiale, per questo la logistica tedesca si è organizzata e sviluppata in maniera efficiente e risponde efficacemente ai bisogni delle imprese. Con le risorse del PNRR - ha evidenziato Moretto - possiamo colmare il gap infrastrutturale del nostro Paese, sia materiale sia digitale, ma occorre anche ragionare su come incentivare le imprese italiane ad abbandonare il franco fabbrica e riprendere il controllo della loro supply chain. Sarà un percorso importante e obbligato, dati i nuovi trend: l'e-commerce, che cresce ormai costantemente a tassi double digit ed è letteralmente esploso con la pandemia, è incompatibile con l'approccio “Ex Works”. Per cogliere questa opportunità le imprese italiane devono adeguarsi al cambiamento in atto nelle abitudini di acquisto e consumo. Fedespedi e Confetra stanno lavorando intensamente a fianco delle istituzioni, in particolare il MIMS, per dare attuazione ai progetti del PNRR: Sudoco, E-CRM, laboratori di analisi, riforma della disciplina civilistica sul contratto di spedizione. La sfida per l'Italia - ha concluso Moretto - è fare sistema tra pubblico e privato, usando il Recovery Fund per colmare un gap di 50 anni e accrescere così la competitività della nostra manifattura, del Made in Italy».
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