Quotidiano indipendente di economia e politica dei trasporti
18:09 GMT+1
PORTI
Porto di Gioia Tauro, sequestrate oltre quattro tonnellate di cocaina per un valore di 800 milioni di euro
Eseguite 36 misure cautelari in otto regioni
Reggio Calabria
6 ottobre 2022
Nel porto di Gioia Tauro è stata smantellata la “logistica del Narcotraffico”. Lo ha reso noto oggi la Guardia di Finanza comunicando l'avvenuto sequestro di oltre quattro tonnellate di cocaina per un valore al dettaglio di circa 800 milioni di euro nell'ambito di un'operazione che ha coinvolto 300 militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia.
I militari stanno eseguendo provvedimenti restrittivi della libertà personale nei confronti di 36 soggetti, di cui 34 in carcere e due ai domiciliari, coinvolti in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravato dalla finalità di agevolare la 'ndrangheta. Contestualmente, sono in corso perquisizioni e sequestri per dare esecuzione a provvedimenti cautelari finalizzati alla confisca di beni e disponibilità riconducibili ai membri dell'organizzazione, fino alla concorrenza dell'importo di oltre sette milioni di euro, nonché dell'intero patrimonio aziendale di due imprese attive nel settore dei trasporti ed utilizzate per il compimento degli illeciti.
La Guardia di Finanza ha spiegato che, a seguito di complesse indagini che hanno visto il coinvolgimento delle più importanti istituzioni ed agenzie europee ed internazionali dedite al contrasto dei crimini transnazionali, l'operazione ha consentito di destrutturare un'articolata organizzazione criminale attiva all'interno dello scalo portuale gioiese che avrebbe garantito tanto il recupero di ingenti partite di narcotico, giunte a bordo di navi cargo provenienti dal Sud America, quanto il successivo stoccaggio presso depositi ritenuti sicuri.
La forza di polizia finanziaria ha specificato che l'organizzazione, che avrebbe assicurato la logistica del narcotraffico come se fosse una vera e propria società di servizi, era articolata su tre distinti livelli di soggetti coinvolti: esponenti delle principali famiglie di 'ndrangheta in grado di garantire l'importazione delle partite di cocaina in arrivo dal Sud America; coordinatori delle squadre di addetti portuali infedeli che avrebbero retribuito la squadra con una parte della “commissione”, variabile tra il 7 e il 20% del valore del carico, ricevuta dai committenti (le dazioni ricostruite ammonterebbero ad oltre sette milioni di euro); operatori portuali materialmente incaricati di estrarre la cocaina dal container e procedere all'esfiltrazione dello stesso verso luoghi sicuri.
Dopo l'indicazione ai referenti locali da parte dei fornitori sudamericani del nominativo della nave in arrivo e del contenitore con la sostanza stupefacente, l'importazione passava sotto la supervisione degli addetti coinvolti, i quali si attivavano affinché il container venisse sbarcato al momento opportuno e posizionato in un luogo convenuto. Avuta la disponibilità dello stesso, la squadra di portuali provvedeva a collocarlo in un'area “sicura”, appositamente individuata, per consentirne l'apertura e, quindi, lo spostamento del narcotico in un secondo container che veniva ritirato nelle ore successive da un vettore compiacente e trasportato nel luogo indicato dai responsabili dell'organizzazione.
La Guardia di Finanza ha illustrato le modalità con cui avveniva la complessa fase dello spostamento dei container con gli stupefacenti all'interno del porto e il successivo trasbordo della droga con una modalità denominata come sistema del “ponte”dagli stessi responsabili dell'organizzazione. Nello specifico, individuata l'area idonea allo scopo, il contenitore veniva posizionato di fronte al contenitore in cui trasferire gli stupefacenti, lasciando tra i due la sola distanza necessaria all'apertura delle porte per lo spostamento della merce illecita. Al di sopra dei due container, quindi, ne veniva adagiato un terzo, denominato appunto “ponte”, con lo scopo di celare, anche dall'alto, i movimenti nell'area sottostante. Una volta allestita l'area, al fine di non destare sospetti, i portuali coinvolti nel traffico illecito venivano trasportati sul luogo delle operazioni nascosti all'interno di un quarto container che veniva adagiato nella medesima fila ove era stata allestita la struttura. Infine, per evitare che soggetti estranei ai fatti intralciassero le operazioni illecite, due straddle carrier condotte dagli indagati stazionavano ai lati della fila di contenitori ove era stato costruito il ponte, per impedirne l'accesso e monitorare, dall'alto, l'eventuale arrivo delle forze dell'ordine. Terminate le operazioni, ai container venivano applicati sigilli contraffatti. A quello proveniente dal Sud America veniva apposto un sigillo “clone”, spedito dalla stessa organizzazione fornitrice ed occultato all'interno di uno dei colli contenenti la sostanza stupefacente, mentre al container in uscita veniva apposto un sigillo fasullo predisposto dalla compagine criminale incaricata del recupero del narcotico.
È emerso anche il coinvolgimento di un appartenente all'Ufficio Antifrode dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Gioia Tauro, destinatario di misura cautelare in carcere, il quale - al fine di agevolare l'organizzazione criminale investigata - sfruttando le proprie mansioni nell'ambito dei previsti controlli ispettivi, avrebbe alterato l'esito della scansione radiogena operata su un container contenente 300 chili di cocaina, oscurando le anomalie riscontrate e attestando la coerenza della scansione con il carico dichiarato. Per tale comportamento il doganiere avrebbe ottenuto una somma di denaro par al 3% del valore del carico illecito.
Inoltre le indagini hanno consentito di individuare i soggetti responsabili della progettazione ed esecuzione di un rilevante traffico dal Sud America alla Calabria, caratterizzato da periodiche e imponenti importazioni di stupefacente, ognuna di circa due tonnellate. In una occasione, al fine di eludere i controlli, gli indagati calabresi avrebbero ideato e richiesto ai fornitori colombiani specifiche modalità di occultamento del narcotico, inviando veri e propri schemi in cui veniva suggerita, mediante la raffigurazione del container, la ponderata distribuzione del carico, con la previsione dell'occultamento di quattro panetti di cocaina all'interno di ogni singola scatola del “carico di copertura” (banane), ad esclusione delle prime e delle ultime file di scatole, da non “contaminare” poiché più facilmente ispezionabili. Il carico, consistente in circa 1.920 panetti di cocaina, che avrebbe dovuto eludere i controlli effettuati con l'utilizzo dello scanner, è stato tuttavia intercettato e posto sotto sequestro dai finanzieri.
- Via Raffaele Paolucci 17r/19r - 16129 Genova - ITALIA
tel.: 010.2462122, fax: 010.2516768, e-mail
Partita iva: 03532950106
Registrazione Stampa 33/96 Tribunale di Genova
Direttore responsabile Bruno Bellio Vietata la riproduzione, anche parziale, senza l'esplicito consenso dell'editore