L'associazione lombarda degli spedizionieri e autotrasportatori Alsea ha evidenziato la necessità di risolvere tre problemi che frenano il commercio internazionale dell'Italia. Nel corso dell'odierna assemblea pubblica dell'associazione presso la sede della Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza Lodi, Betty Schiavoni, presidente di Alsea, ha evidenziato che la sanità marittima ed aerea è caratterizzata da una cronica mancanza di personale, medici e tecnici, che fanno sì che una spedizione aerea che giunge a Malpensa in meno di 24 ore di volo debba attendere anche 5-6 giorni in certi periodi per il rilascio di un semplice nulla osta documentale. «Stiamo - ha denunciato - perdendo traffici a favore di porti e aeroporti europei. Basterebbero pochi medici e tecnici per superare il problema ma non si riesce a reclutarli. Risolviamo il problema. Anzitutto togliamo il numero chiuso per accedere alla facoltà di medicina».
Schiavoni ha rilevato che sussiste anche «una cronica mancanza di personale nelle amministrazioni pubbliche. Eliminiamo - ha proposto la presidente di Alsea - il riscontro della Guardia di Finanza all'import e export e destiniamolo ad altre mansioni, visto che l'Italia è l'unico Paese in Europa che ha un doppio controllo all'import export della Dogana e della Guardia di Finanza: non ce lo possiamo più permettere».
Inoltre - ha aggiunto - «gli obiettivi dei funzionari pubblici che intervengono nel momento doganale devono essere modificati. I premi - ha spiegato Schiavoni - vanno calcolati non solo in base ai controlli eseguiti ma anche sulla crescita dei traffici, garanti dall'efficienza delle amministrazioni stesse. Se, infatti, è un obiettivo indispensabile garantire controlli efficienti, lo è altrettanto quello di consentire ai traffici di crescere per far prosperare l'economia italiana. Un obiettivo non deve andare a discapito dell'altro: serve un giusto equilibrio e, soprattutto, la giusta attenzione a tutti e due questi aspetti».
Nel corso dell'assemblea si è parlato, in particolare, dell'evoluzione di nuove tendenze come il reshoring, cioè la scelta da parte di alcune imprese - che si erano precedentemente delocalizzate - di rientrare in Italia. Stefano Elia, professore di International business del Politecnico di Milano, ha presentato i risultati di una indagine condotta su di un campione di oltre 700 imprese per comprendere le scelte di localizzazione delle attività produttive e delle forniture delle imprese italiane e le motivazioni sottostanti le loro scelte. Da questa indagine è emerso che circa il 30% delle imprese che hanno delocalizzato ha dichiarato di aver già realizzato un cambiamento nella strategia di localizzazione, mentre il restante 55% continua a mantenere inalterata la sua scelta localizzativa. Il backshoring della produzione (totale o parziale) è stato fino ad ora scelto dal 16,5% delle imprese che avevano realizzato l'offshoring produttivo. Più del 12% ha dichiarato di aver programmato di riportare in Italia la produzione attualmente localizzata all'estero nel medio-lungo termine (3-oltre 5 anni). Il 14%, ha invece optato per un cambio di localizzazione all'estero (nearshoringo further offshoring).