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EDITORIALE
La sburocratizzazione corporativa degli italiani che alimenta la burocrazia
Per i porti spira un vento di cambiamento che non si sa se farà la differenza, lascerà che tutto resti come prima oppure peggiorerà le cose
Genova
9 ottobre 2023
Cosa impedisce all'industria marittimo-portuale e logistica
italiana di fornire alla nazione tutto il proprio potenziale di
spinta alla crescita dell'economia? Qual è la palla al piede
che il settore trascina suo malgrado? Indagini e sondaggi realizzati
negli ultimi decenni hanno unanimemente individuato nella burocrazia
il peso morto che frena questo comparto ma anche la quasi totalità
degli altri segmenti dell'economia nazionale. Un male, quello
rappresentato dalla rigidità e lentezza dell'apparato che
amministra, regola e controlla il sistema produttivo e quello dei
servizi, che sembra impossibile da estirpare.
Nessun governo centrale o locale si sogna di smentire il ruolo
dannoso che ha sulla vita delle imprese e dei cittadini, ai quali
ogni movimento politico promette iniziative per sgravarli da questo
fardello. Impegno che sempre si traduce in nuove norme che si
aggiungono alle precedenti, ma non le annullano, e in nuovi
organismi incaricati di combattere la burocrazia, razionalizzando le
procedure, che si aggiungono ai precedenti. Nessuna politica si fa
carico di pretendere che le norme già vigenti, quelle in
grado di sburocratizzare, siano rispettate e che le strutture già
operative che potrebbero agire in tal senso lo facciano. Nessuna
politica si impegna in un compito anonimo e oscuro, che per di più
suscita le lagnanze di coloro che lo percepiscono come una minaccia
ai loro interessi.
Quindi sempre nuovi organismi creati dalla politica, come quello
prospettato dal vice ministro Edoardo Rixi che ha annunciato una
riforma per il settore portuale che vedrebbe la creazione di un
organo sulla falsariga dell'ente pubblico spagnolo Puertos del
Estado che è incaricato di attuare la politica portuale del
governo di Madrid. Una riforma, quella di Rixi, di cui si sa poco o
nulla. Perché allora parlarne, non conoscendone i contenuti,
senza aspettare che vengano divulgati? Perché, da quel poco
che si sa, sembra una riforma intesa a dare al settore portuale un
nuovo sportello che si affiancherà ai tanti a cui rivolgersi.
Oltre che Puertos del Estado, Rixi ha affermato che un altro
riferimento è l'Ente Nazionale per l'Assistenza al Volo
(ENAV), e questo fa ancor più temere o che il vice ministro
dei Trasporti non sappia quali siano il compito e le funzioni
dell'ENAV, oppure che voglia appunto aprire un altro sportello al
quale, ad esempio, rivolgersi per questioni pertinenti il controllo
del traffico marittimo che sono di competenza del Corpo delle
Capitanerie di Porto - Guardia Costiera.
Assegnare nuovi compiti ad un nuovo organismo guadandosi bene
dal sottrarli ad uno che c'è già, il tutto con lo
scopo di non incrinare quello spirito corporativo di cui è
permeata la società italiana e che nulla fa presupporre che
la riforma possa scalfire.
Cosa c'è di meglio di un ennesimo organismo che sembra
portare uno sbuffo di novità. Un vento di cambiamento, non
gattopardesco destinato ad assicurare che tutto resti come prima, ma
in grado anzi di aggravare la burocrazia sovrapponendo le
competenze, com'è già accaduto con il governo in
carica che ha istituito un Ministro per la Protezione civile e le
Politiche del mare che è stato festeggiato dall'industria
marittima, contenta com'è basta che si parli di mare. Un
nuovo dicastero le cui competenze si accavallano a quelle dei
ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell'Ambiente e
della Sicurezza energetica e di altri.
È quella sburocratizzazione, di cui gli italiani così
tanto sentono la necessità, da attuarsi secondo quello
spirito corporativo che così tanto pervade gli italiani e che
alimenta la burocrazia di cui così tanto si lamentano gli
italiani. Un gatto che si morde la coda. È così che si
creano problematicità percepite come eterne e ritenute
connaturate nelle comunità che ne sono afflitte.
È un circolo vizioso che fa contenti tutti: i sindacati
perché è stato promesso che il lavoro viene difeso,
poco importa se questa salvaguardia impedisce di accrescere
l'occupazione e alla lunga minaccia il poco lavoro che c'è, e
le imprese perché quello che percepiscono è che le
novità non intaccano quel poco che le aziende riescono a
fare, magari non ponendole in concorrenza con altri che in Italia e
all'estero godono di maggiori tutele e di minori costi.
Ma ad essere contenta è soprattutto la politica che
propone e magari impone queste novità che portano il suo
nome, che sente finalmente come una propria creatura e che
consentono di trovare collocazione al suo entourage e ai suoi
sostenitori, allargando la propria base elettorale e la propria
cerchia di potere. E soprattutto le evita di industriarsi per far
funzionare quegli organi, quei meccanismi che già hanno le
competenze, i compiti e le funzioni per gestire quello che la nuova
creatura è chiamata a gestire, e per farlo dovrebbero
rimuovere privilegi e reclamare produttività e impegno, tutte
cose che in un attimo fanno perdere consenso, a partire da quello
che a malavoglia gli hanno concesso gli stessi colleghi di partito e
di governo.
È un procedere che ha un effetto paradossale. È
una spirale perversa. Questo circolo vizioso è assai
probabile che si ripeta, ma non è scontato. Queste righe sono
un appello affinché ciò non accada. Affinché
nessuno ci venga a dire che chi è causa del suo mal pianga se
stesso.
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