Un'unica azienda centrale, probabilmente una Spa, che debba
rendere conto a un consiglio di amministrazione, che selezioni ed
effettui gli investimenti e che operi sulla base di un piano
industriale. Questa “azienda” sarebbe il fulcro della
riforma portuale di cui si sta discutendo e di cui nulla si sa, se
non che il vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti,
Edoardo Rixi, che è stato incaricato dal suo ministro Salvini
di occuparsi della cosa, a questa “azienda”, modellata
sulla spagnola Puertos del Estado, intenderebbe forse assegnare
queste competenze.
Nulla si sa di più di una riforma che appare comunque
destinata a partorire “un organismo”, non si sa a
“quanta” partecipazione pubblica, ma forse anche a
partecipazione privata come evocherebbe la parola “azienda”.
Oppure una Spa ad esclusiva partecipazione pubblica come Puertos del
Estado, per la quale potrebbe essere più appropriatamente
affibbiata la parola “ente”, se questa (orrore!) non
evocasse nell'immaginario collettivo burocrazia e inefficienza.
Una riforma di cui oggi Rixi ha parlato nel corso di un convegno
a Palermo e di cui, si spera, ne parli più diffusamente,
entrando nel merito, in occasioni più costruttive quali i
confronti con i rappresentanti delle Autorità di Sistema
Portuale e con le parti sociali dell'intero settore-marittimo
portuale e, finalmente, con le parti politiche chiamate almeno a
confrontarsi con un disegno di legge.
Mica per altro, ma per capire veramente di cosa si sta parlando
e per non sprecare parole parlate o scritte.