Quotidiano indipendente di economia e politica dei trasporti
05:58 GMT+1
COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXV - Numero 7/2007 - LUGLIO 2007
Trasporto marittimo
Il crollo delle
pile di contenitori a bordo: esperti ancora perplessi
Malgrado le copiose,
frenetiche indagini, pochi progressi sono stati fatti in ordine alla
soluzione del mistero inerente a cosa mai abbia causato il crollo
delle pile di contenitori avvenuto lo scorso anno su varie moderne
navi portacontainers.
Oltre un anno dopo la
valanga di incidenti menzionati nella tabella sottostante - e da
allora se ne sono verificati altri ancora - sembra che se ne sappia
quanto prima.
George Fawcett,
direttore reclami sull’equipaggiamento del TT Club, una delle
principali compagnie di assicurazione coinvolte, si lamenta: "Sembra
che ciascuno ancora incolpi gli altri, di modo che cercare di
chiarire la situazione non è facile.
Fino a quando non
sarà stata trovata una soluzione, la nostra capacità
di recuperare un po’ di soldi dai responsabili degli incidenti
resterà, ovviamente, assai limitata".
ESEMPI DI
INCIDENTI NEL 2006
RELATIVI AL CROLLO
DELLE PILE DI CONTENITORI A BORDO
Data
Nome nave
Capacità (TEU)
Bandiera
Perdita approssimativa (containers)
Località
Gennaio 2006
PONL Genoa
2.902
Gran Bretagna
55
Canale della Manica
Febbraio 2006
PONL Mondriaan
8.500
Liberia
58
Costa olandese
Febbraio 2006
PONL Mondriaan
8.500
Liberia
50
Golfo di Biscaglia
Febbraio 2006
CMA CGM Othello
8.500
Francia
50
Golfo di Biscaglia
Febbraio 2006
CMA CGM Verdi
5.782
Bahamas
80
Capo Finistere
Nota: PONL = P&O
Nedlloyd
Fonte: Filiale
Incidenti Marittimi del Regno Unito
E’ facile
constatare perché i vettori marittimi dovrebbero dare la
colpa al cattivo tempo.
Tutti quanti gli
incidenti sono avvenuti in condizioni di vento forza 10 e, come
recenti ricerche hanno rivelato, ci sono più onde "anomale"
di quanto si stimasse in precedenza.
D’altro canto,
le navi portacontainers da anni solcano i mari in tempesta ed il
fenomeno delle pile di box che crollano sul ponte è
relativamente nuovo.
Inoltre, oltre 110
milioni di TEU vengono spediti via mare senza problemi ogni anno, di
modo che il problema diventa maggiormente intrigante.
Al fine di inquadrare
meglio la questione nel suo giusto contesto, è bene notare
che quando la MSC Napoli (4.700 TEU) ha cominciato ad avere
grossi problemi strutturali nel Canale della Manica all’inizio
di quest’anno, sbandando altresì su una fiancata,
l’unico momento in cui qualche contenitore è andato
perduto è stato quando alla fine la nave ha dovuto arenarsi
nella baia di Lyme.
Ciò dimostra
con quanta sicurezza il carico sul ponte possa essere stivato, tanto
che la parte di esso salvata è stata senz’altro
maggiore di quella ritrovata nelle stive allagate della nave.
Il dito accusatorio
può essere altresì puntato sulle errate dichiarazioni
sui pesi dei contenitori effettuate dai caricatori.
Esse hanno
rappresentato certamente un fattore che ha contribuito a ciò
che è accaduto a bordo della P&O Nedlloyd Genoa,
sulla quale un contenitore che si diceva pesasse 24 tonnellate, in
realtà ne pesava 27,8.
Un perito, che ha
chiesto di restare anonimo per ragioni commerciali, sostiene:
"Ritengo che il problema delle errate dichiarazioni sia molto
peggiore di quanto non appaia ufficialmente, perché alcuni
vettori marittimi potrebbero temere di essere iscritti nel libro
nero da parte dei caricatori coinvolti nella vicenda".
Egli afferma di avere
assistito ad un incidente in cui un vettore marittimo sembrava
ansioso di evitare un’ispezione pubblica liberandosi di alcuni
contenitori prima che i loro pesi potessero essere ufficialmente
controllati.
Altre considerazioni
commerciali, tuttavia, potrebbero essere coinvolte, come ad esempio
i limiti di tempo imposti dall’importatore.
E’ interessante
notare come ancora non vi sia alcune norma in vigore che costringa
chiunque a controllare il peso dichiarato della merce per far sì
che corrisponda al peso reale, anche se la maggior parte delle gru a
cavaliere attestano il peso reale dei contenitori ogni volta che uno
di essi viene imbarcato o sbarcato.
Nessuno perde tempo
ad incrociare poi questi dati con ciò che è stato
dichiarato in seguito.
E’ anche facile
capire perché il dito accusatorio resti puntato sui
produttori dei lucchetti d’aggancio, dal momento che un certo
numero di casi ha visto il coinvolgimento dei FATs (lucchetti
d’aggancio completamente automatici).
La MacGregor, tra gli
altri, afferma che non si è riusciti a produrre nessuna prova
che il proprio equipaggiamento non abbia funzionato, sebbene - quale
precauzione per la sicurezza - essa abbia da allora ritirato i suoi
prodotti FATs ALC-2 ed ALC-2/1, ed abbia raccomandato l’uso
dei lucchetti d’aggancio semi-automatici fino alla fornitura
di nuovi modelli FAT.
La svedese Loxystem
ha in programma l’introduzione a breve di un nuovo lucchetto
d’aggancio automatico con comando a distanza.
Non tutti gli
incidenti, peraltro, hanno visto il coinvolgimento dei FATs.
Ad esempio, nel caso
della P&O Nedlloyd Genoa, in cui 27 unità da 40
piedi sono andate perdute fuoribordo, mentre altre 28 unità
da 40 piedi sono crollate sul ponte, erano stati utilizzati
lucchetti d’aggancio semi-automatici.
Jens Fuge, direttore
vendite dei sistemi di fissaggio della MacGregor, dichiara:
"Malgrado ciò, pensiamo di aver fatto la cosa giusta,
poiché è facile vedere come un FAT possa essere
talvolta indotto a credere erroneamente che le forze verticali
causate dal rollio della nave siano invece quelle cagionate da una
normale operazione di scarico condotta da una gru a cavaliere, che
ne provocano lo sgancio automatico".
Il dito accusatorio è
altresì ancora puntato sul modo in cui le barre di fissaggio
del contenitore possano essere attaccate negligentemente dagli
stivatori, una volta completate le operazioni di carico.
Questo lavoro è
pericolosamente difficile, in particolare quando viene compiuto
entro il tempo limite imposto da operatori ansiosi di mandar via le
proprie navi in orario.
Questo è
difficile da provare, dal momento che la prova di solito viene
distrutta quando l’incidente si verifica.
Le prime cose che si
saltano via, in quei casi, di solito sono le aste di fissaggio
impiegate.
Anche le società
di classificazione restano sotto esame, poiché esse sono
responsabili del rilascio dei certificati di lavoro in sicurezza
rispetto all’equipaggiamento utilizzato dagli armatori e
stabiliscono come esso debba essere usato.
Il dr. Olaf Mager,
portavoce della Germanischer Lloyd, una delle principali società
di classificazione che effettuano ricerche dettagliate
sull’argomento, afferma: "Noi siamo, naturalmente, molto
preoccupati al riguardo, e stiamo ricollaudando tutto ciò che
necessità di essere controllato.
Tuttavia, i nostri
test finora ci dimostrano che non abbiamo fatto nulla di sbagliato.
Ammettiamo che alcune
forze a bordo della nave in mare possano essere maggiori di quanto
sia stato calcolato in precedenza, probabilmente a causa dei nuovi
criteri di progettazione dello scafo delle navi, e stiamo quindi
facendo un sacco di lavoro sin nei dettagli per controllare da capo.
Ovviamente, abbiamo i
nostri sospetti su cosa possa essere andato storto: si tratta di
qualcosa che non ci attiene, ma, fino a quando non ne avremo la
certezza, saremo riluttanti a dire qualcosa di più".
La società ha
collegato un certo numero di navi simili alla P&O Nedlloyd
Mondriaan con un’ampia gamma di elettrodi per controllare
le forze di bordo interessate, ma devono ancora essere sperimentate
condizioni meteorologiche simili al fine di consentire un accurato
confronto con ciò che è avvenuto in precedenza.
Nel contempo, agli
armatori è stato detto di far sì che vengano
rispettati i manuali di carico della Germanischer Lloyd, compresa la
corretta applicazione dei limiti di peso nello stivaggio, delle
barre di fissaggio e dei lucchetti d’aggancio.
Gli armatori hanno
altresì ricevuto istruzioni nel senso di assicurare il
rispetto degli standard di manutenzione dei contenitori.
Curiosamente, una
volta che un nuovo contenitore è entrato in servizio, non vi
è nulla che costringa gli armatori ad accertare in seguito la
sua forza e rigidità strutturale.
Ciò comporta
che sia oltremodo importante seguire gli altri controlli stabiliti
dalla CSC (Convenzione Internazionale per la Sicurezza dei
Contenitori) del 1972.
Un contenitore
vecchio 10 anni che sia stato assoggettato ad una manutenzione non
corretta, in cima ad una pila pesante 100 tonnellate, è senza
dubbio più probabile che crolli, rispetto ad uno nuovo,
quando la nave viene "sbatacchiata" durante una
tempesta.
Di modo che, quali
possono essere le conclusioni?
Una cosa è
certa: nessuno dovrebbe trattenere il respiro in attesa di risposte
più chiare.
In ultima analisi, la
causa del crollo delle pile di contenitori potrebbe proprio
risiedere in una combinazione di tutti gli errori menzionati sopra,
mentre la sola cosa che è cambiata sarebbe il modo in cui il
lavoro adesso viene organizzato.
In luogo degli
esperti lavoratori impiegati per fare un lavoro di cui essi
potrebbero essere fieri, forse le procedure robotiche che la moderna
gestione oggi incoraggia non vanno ancora abbastanza bene per
affrontare i pericoli del mare.
(da: Containerisation
International, giugno 2007, pag. 61)
- Via Raffaele Paolucci 17r/19r - 16129 Genova - ITALIA
tel.: 010.2462122, fax: 010.2516768, e-mail
Partita iva: 03532950106
Registrazione Stampa 33/96 Tribunale di Genova
Direttore responsabile Bruno Bellio Vietata la riproduzione, anche parziale, senza l'esplicito consenso dell'editore