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Fim, Fiom e Uilm sollecitano interventi immediati per salvaguardare l'industria navalmeccanica italiana
Burlando: la Regione Liguria è pronta a scendere in strada alla testa del corteo dei lavoratori per opporsi alla chiusura dei siti Fincantieri
21 settembre 2010
inforMARE - Oggi, nel corso del convegno sulla cantieristica navale svoltosi a Roma (inforMARE del 20 settembre 2010), le organizzazioni sindacali Fim, Fiom e Uilm hanno sottoscritto un documento unitario nel quale chiedono, tra l'altro, investimenti pubblici nei vari comparti della cantieristica, il rinnovamento della flotta traghetti e lo sblocco dei programmi per Fincantieri.
Nel documento le organizzazioni sindacali rilevano come il «settore navalmeccanico, oltre a rappresentare una delle poche aree di eccellenza presenti nel nostro Paese, costituisca per lo stesso un indispensabile patrimonio tecnologico, produttivo ed occupazionale; in particolare, per alcune realtà territoriali, rappresenta di fatto la principale entità occupazionale, e conseguentemente la quasi esclusiva fonte di reddito». Chiedono quindi «l'attivazione di adeguate azioni atte a preservare il patrimonio che il settore navalmeccanico costituisce il Paese nell'attuale fase di crisi, e più in generale per consentirne il rilancio».
Fim, Fiom e Uilm ricordano che tale era la strada verso cui «andava il protocollo del 18 dicembre 2009 definito dal ministero dello Sviluppo economico che prevede il finanziamento di commesse pubbliche, il trasferimento della società Tirrenia alle Regioni come opportunità per il rinnovamento della flotta traghetti, nonché investimenti infrastrutturali, attuati anche col concorso delle Regioni, indispensabili per modernizzare in particolare i cantieri di Castellammare, Palermo, Sestri Ponente». I sindacati lamentano come tali iniziative siano state «nei fatti disattese: la commessa pattugliatori capitanerie di porto - anche se finanziata - a distanza di mesi non è ancora cantierabile; è tutto fermo per quanto riguarda la nave multiruolo e quella di supporto logistico; nessun ritorno si è avuto dalla “opportunità Tirrenia”; non c'è più traccia dei carceri galleggianti o delle navi per Eni/Saipem; è in alto mare il finanziamento dei contratti di programma per gli interventi strutturali sui cantieri, soprattutto per quanto riguarda la quota a carico dello Stato centrale. Per il nuovo bacino di Castellammare, la Regione Campania deve confermare che tale investimento riveste il carattere di priorità, provvedendo alla conseguente copertura finanziaria».
«Per il rilancio del settore e ottenere l'apertura di un tavolo di confronto presso la presidenza del Consiglio dei ministri - spiegano i sindacati - si chiede: interventi, assieme alle Regioni, per il finanziamento delle opere infrastrutturali indispensabili per la modernizzazione dei cantieri; misure, anche in sede europea, per favorire il rinnovo delle navi (ecobonus) e investimenti per l'innovazione della tecnologia navale; adeguato finanziamento/ricapitalizzazione di Fincantieri (attualmente interamente posseduta dallo Stato attraverso Fintecna) e di N.C.A. (Nuovi Cantieri Apuania, ndr) a copertura dei piani strategici e degli investimenti per lo sviluppo dei cantieri italiani e per l'innovazione del prodotto; il finanziamento delle leggi nazionali a favore della ricerca e sviluppo e dell'innovazione tecnologica attualmente privi di copertura».
Fim, Fiom e Uilm evidenziano come «il pesante piano di ristrutturazione che sarebbe stato predisposto da Fincantieri, se confermato, pregiudicherebbe definitivamente l'assetto industriale e occupazionale del gruppo nelle sue articolazioni territoriali, con conseguenze sociali imprevedibili, e sarebbe in aperta violazione con i patti sottoscritti, anche a livello governativo, che impegnano invece l'azienda al mantenimento degli attuali cantieri e della relativa occupazione».
Commentando le ipotesi di tagli dell'attività sul territorio ligure contenute nella bozza di piano industriale del gruppo Fincantieri, con la chiusura dello stabilimento di Riva Trigoso e il ridimensionamento di quello di Sestri Ponente, oggi il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, ha replicato che «la Liguria non può perdere i siti produttivi di Fincantieri, che non si posso certo considerare superati, ma tra i più importanti al mondo del settore». «Per questo - ha aggiunto - la Regione Liguria è pronta a scendere in strada alla testa del corteo dei lavoratori per opporsi alla chiusura dei siti».
Riferendosi al problema degli spazi disponibili nel porto di Genova per l'attività del cantiere di Sestri Ponente della Fincantieri e per l'attività di Porto Petroli, società partecipata con il 40,5% dalla Ecofuel del gruppo Eni, Burlando ha detto che è necessario «trovare una soluzione immediata per il ribaltamento in mare. Ne ho già parlato con il presidente dell'Autorità Portuale genovese, Luigi Merlo - ha spiegato - dobbiamo togliere ogni alibi a Fincantieri e organizzare in tempi rapidissimi il ribaltamento a mare, trovando i soldi e chiedendo a Eni di fare un passo indietro. Da troppi anni infatti Eni non affronta il tema del Porto Petroli, deve dare gli spazi di cui Fincantieri ha bisogno, in modo da poter costruire navi anche molto grandi. In Liguria i lavoratori hanno la capacità di costruire molto bene».
Burlando ha rilevato come «i Paesi più forti del mondo, dagli Stati Uniti alla Francia, difendano le loro industrie ed è indicativo come dal piano Fincantieri, che noi abbiamo conosciuto attraverso i giornali, risulti che l'occupazione negli Stati Uniti nella cantieristica sia in aumento». «È evidente - ha osservato - che dopo una crisi prettamente finanziaria, i Paesi che ne usciranno meglio saranno quelli che avranno saputo riposizionarsi su un assetto produttivo forte. In tutto questo, l'Italia dal 4 maggio scorso non ha un ministero alle attività produttive e non si discutono con le istituzioni e le parti sociali i programmi industriali, di cui si viene a sapere invece attraverso i giornali. Mi sembra drammaticamente chiaro ormai, ma evidentemente non a tutti, che non si possono risanare solo i conti della finanza pubblica, ma bisogna mettere sul campo, come facemmo noi dieci anni fa durante il processo che ci portò all'euro, importanti opzioni di politica industriale. Siamo di fronte - ha concluso il presidente dell'ente regionale ligure - a uno scollamento tra la politica nazionale e il Paese. La reazione che si sta registrando, sia da parte del mondo del lavoro, sia da quello delle istituzioni e delle forze politiche anche al governo, è positiva. Mi auguro che alle parole seguano i fatti». (iM)
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