- In Italia il settore della pesca, che totalizza circa il 50% della produzione totale della flotta peschereccia che opera nel Mediterraneo, ha registrato un calo degli infortuni per i marittimi. Il “Secondo rapporto pesca” presentato ieri dall'Inail a Civitavecchia presso il Centro storico culturale della Capitaneria di Porto e riferito al periodo 2004-2008 (ultimi dati disponibili) evidenzia come nel 2008 le denunce di infortunio nel comparto della piccola pesca siano diminuite del 7,7% rispetto al 2004 scendendo da 405 a 374 (con un totale di 17 infortuni mortali), mentre nella pesca in mare aperto le denunce sono calate del 32% scendendo da 253 nel 2004 a 172 nel 2008 (con un totale di 35 casi mortali). Complessivamente nel 2008 le denunce di infortunio sono state 546, con una flessione del 17,0% rispetto a 658 nel 2004. Rispetto a questi dati, però, l'Inail sottolinea come sull'andamento complessivo possa incidere sensibilmente il fenomeno della sottodenuncia.
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- In complesso il comparto della pesca in Italia occupa circa 28.000 persone. Il settore della piccola pesca, che presenta un'esigua presenza di pescatori dipendenti (in media 50 l'anno) rispetto ai lavoratori autonomi (2.700) e ai soci di cooperative (15.700), mostra un decremento occupazionale del 3% nel quinquennio 2004-2008, mentre quello in mare aperto dà lavoro a circa 10.000 persone. Si tratta - precisa l'Inail - di numeri sottostimati a causa anche all'impossibilità di conoscere la consistenza dei lavoratori non regolari e degli addetti alla vallicoltura, miticoltura e ostricoltura.
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- Le informazioni relative agli infortuni sul lavoro registrati complessivamente nel settore della pesca provengono quasi esclusivamente dai due istituti assicuratori, Inail ed ex Ipsema, che - fino all'entrata in vigore della legge n. 122/2010, che li ha unificati - avevano ambiti di “copertura” distinti: l'Inail la pesca in acque interne, la piccola pesca marittima (lavoratori autonomi o cooperative con natanti fino a 10 tonnellate di stazza lorda) e le attività complementari di vallicoltura, miticoltura e ostricoltura, e l'ex Ipsema la pesca in mare aperto condotta con natanti di stazza lorda superiore alle 10 tonnellate e, in generale, i lavoratori dipendenti.
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- Per quanto riguarda gli infortuni di stretta competenza dell'Inail del quinquennio 2004-2008, riferibili al comparto della piccola pesca, la media degli episodi di esito mortale, pari a circa tre casi registrati ogni anno - spiega l'istituto - costituisce un valore troppo esiguo per poter consentire qualsiasi tipo di analisi. Comunque, si rileva che le cadute dall'alto - tra le cause più comuni di incidenti mortali a terra - sono ancora più frequenti a bordo dei pescherecci. La scarsa numerosità degli infortuni occorsi dai lavoratori autonomi, ai quali afferisce solo il 5% delle denunce pur rappresentando questa forza lavoro circa il 14% del complesso degli assicurati, fa pensare che anche questo settore sia interessato dal fenomeno della sottodenuncia. Come accade nella quasi totalità degli altri settori di attività economica - osserva l'Inail - è proprio questa la tipologia di lavoratore che tende a non denunciare i casi più lievi di infortunio per non interrompere la propria attività lavorativa. A essere interessate dal fenomeno probabilmente anche le altre categorie lavorative della pesca, vista l'esiguità dell'indice di incidenza infortunistica. Esiguità in contraddizione con la nota rischiosità del settore, identificato a livello europeo come uno dei più pericolosi con un rischio di infortunarsi di 2,4 volte maggiore della media europea.
- Per quanto riguarda il comparto della pesca in mare aperto, per gli infortuni di competenza dell'ex Ipsema, che risultano appunto tra il 2004 ed il 2008 in calo del 32% - spiega ancora l'istituto - la scarsità dei numeri e il peso che possono assumere le oscillazioni casuali del fenomeno suggeriscono di considerare tale flessione con le opportune cautele. Da segnalare che - se al periodo di analisi considerato nel Rapporto si aggiungono gli anni 2009 e 2010 - il calo degli infortuni nella pesca in mare aperto diventa meno consistente e risulta pari al 18,6%. La diminuzione degli infortuni si abbina a una flessione del numero stimato di “addetti anno”. Il rapporto di gravità (rapporto tra infortuni gravi e totale dei casi indennizzati) nella pesca assicurata con l'ex Ipsema risulta quasi sempre (tranne nel 2008) inferiore a quello delle altre categorie, ma decisamente più elevato di quello rilevato da Inail nella piccola pesca.
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- Sul versante delle malattie professionali è da sottolineare la forte prevalenza di patologie muscolo-scheletriche nella popolazione dei pescatori. Infatti, dai dati sulle malattie comuni registrati dall'ex Ipsema per gli anni 2004-2008, è evidente la netta predominanza di pratiche relative a quest'ambito (circa il 60%), che in parte potrebbero essere dovute ad una fisiologica degenerazione dell'apparato, in parte potrebbero invece essere “disturbi da stress fisici ripetuti”, cioè risultare l'effetto di specifiche attività svolte a bordo delle imbarcazioni da pesca (come ad esempio la movimentazione dei carichi pesanti a mano o con la forza del corpo).
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- L'Inail individua per la piccola pesca quali luoghi principali di infortunio non quelli sull'acqua (29%) bensì quelli a terra (71%), dove si concentrano le principali operazioni di carico e scarico merce (16%). In base all'attività fisica specifica - che descrive l'attività svolta dalla vittima al momento dell'infortunio - risulta che l'80% degli infortuni avviene per il trasporto manuale (28%): attività che comprende tanto il carico/scarico merci quanto lo spostamento di oggetti sull'imbarcazione; la manipolazione di oggetti e il lavoro con utensili a mano (rispettivamente il 22% e il 10%); i/la movimenti/presenza (20%): attività che vanno dal compiere movimenti al semplice essere presenti sul posto di lavoro.
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- A prevalere come modalità di infortunio sono le cadute, l'urto con oggetti contundenti e i movimenti del corpo durante il trasporto manuale e la manipolazione di oggetti, resi ancora più rischiosi e frequenti dalla pavimentazione spesso bagnata, ingombra di reti e funi e dalla minor stabilità dovuta alla fluttuazione dell'imbarcazione. Oltre il 90% degli infortuni provoca ferite, contusioni, lussazioni e fratture, che si distribuiscono per età evidenziando una maggior concentrazione nella classe 35-49 anni. Circa la metà degli infortuni interessa la mano, il piede, il ginocchio e la caviglia e un infortunio su quattro interessa la colonna vertebrale o la parete e il cingolo toracico.
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- L'ex Ipsema individua come maggiore luogo di infortunio la navigazione in mare aperto, circa l'86% (dati 2007). Le parti del corpo più colpite sono mani e dita - in generale gli arti - che risultano le più vulnerabili (56,4% degli eventi). Dal punto di vista della gravità degli infortuni, si noti che il 16,4% ha provocato delle conseguenze gravi (grado di inabilità compreso tra 6 e 100 o morte). Le lesioni a mani e dita sono in gran parte riconducibili al maneggio di cavi e attrezzature da pesca, soprattutto all'uso di verricelli e cavi in trazione. Oltre il 60% degli eventi è avvenuto per “schiacciamento in movimento verticale o orizzontale”. Nel complesso, dunque, si può affermare che circa la metà degli infortuni accade a seguito di una caduta, dovuta prevalentemente a scivolamento o inciampamento. Dal punto di vista delle misure di prevenzione il Rapporto suggerisce di porre attenzione al problema della sicurezza delle pavimentazioni e delle scale, che spesso sulle navi da pesca sono scivolose a causa della presenza di residui del pescato e anche ricche di ingombri e cime nelle quali impigliarsi.
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- Il “Secondo rapporto pesca” fornisce anche dati sulla produzione ittica in Italia che, compresa l'acquacoltura, dopo un significativo periodo di flessione dal 2003 al 2008 - pari al 10,8% - nel 2009 ha registrato un lieve incremento toccando quota 475.000 tonnellate (rispetto alle 464.000 dell'anno precedente). In generale, la contrazione complessiva sarebbe stata anche superiore senza l'apporto dell'acquacoltura: quest'ultimo comparto rappresenta il 51,1% della produzione del 2008 ed è cresciuto dal 2003 del 23,9%. La pesca marittima (senza l'allevamento) la cui produzione nel 2008 è stata pari a circa 227.000 tonnellate, nello stesso anno, il 2008 ha subito di contro una diminuzione di oltre il 31% e, se si trascura l'incremento del 5% registrato tra il 2005 ed il 2006, le catture, nel periodo, sono sempre risultate in calo. Nel 2008 - ultimo anno di osservazione considerato - il decremento va ricondotto principalmente alla riduzione della flotta peschereccia, alla diminuzione delle giornate di lavoro conseguenti al rincaro del costo del carburante. Il costo del carburante, per esempio, nel 2008 ha inciso mediamente per il 57% sui costi intermedi e per il 38,1% sui costi complessivi. A tutto ciò va aggiunto che la diminuzione delle catture non è stata accompagnata da un aumento dei prezzi alla produzione che sono risultati stabili o addirittura in diminuzione. Il 2010, secondo l'Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), dovrebbe segnare un nuovo più per la produzione ittica nazionale: è stimato un rialzo del 2,2% a fronte però di un calo dei consumi del pesce fresco del 5%.
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