- Il progetto del sistema portuale offshore-onshore di Venezia è stato presentato oggi a Londra all'International Maritime Organization (IMO) dal presidente dell'Autorità Portuale veneziana, Paolo Costa, e da Dimitrios Pachakis e Jim Knott, rispettivamente per conto di Royal Haskoning e BMT Triton, le aziende che sono state incaricate la prima di ottimizzare l'intero progetto e la seconda di studiare i mezzi navali per il trasferimento dei carichi tra la piattaforma offshore progettata al largo della Laguna di Venezia e le banchine e destinazioni onshore.
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- Il progetto offshore-onshore è stato pensato inizialmente per estromettere il traffico petrolifero dalla Laguna accogliendo le grandi petroliere alla piattaforma d'altura (offshore), per rendere quindi compatibile l'attività portuale veneziana con la salvaguardia di Venezia e della sua Laguna, e poi sviluppato per accogliere in altura anche le moderne mega portacontainer garantendo fondali naturali di oltre -20 metri.
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- L'Autorità Portuale ha ricordato che il progetto è stato valutato meritevole di una menzione speciale come innovazione portuale “replicabile” nel mondo nell'ambito del Premio per l'Innovazione nei Trasporti 2014 dell'International Transport Forum (OECD). L'ente ha evidenziato inoltre che l'ipotesi di sviluppare i porti con sistemi offshore-onshore si va affermando nel mondo per ragioni di sicurezza, ambientali ed economiche. Le ragioni di sicurezza spingono ad immaginare di portare la verifica antiterroristica e anticontrabbando del cargo - il controllo del carico di ogni container - in luoghi sicuri, al largo, lontani dalle coste e dalle città, dove si trovano spesso i porti italiani, nonché ad utilizzare le piattaforme offshore quali porti rifugio in caso di emergenza e di incidente alle navi.
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- Il commento di inforMARE
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- Nella presentazione a Londra è stato messo l'accento sulla vocazione di hub portuale regionale attribuita alla piattaforma portuale offshore ideata dall'Autorità Portuale di Venezia, attitudine che non era stata conferita allo scalo d'altura all'atto della sua ideazione e presentazione nel 2010 ( del 2 marzo e 23 settembre 2010). Allora il sistema offshore-onshore – come ricordato dallo stesso ente veneziano - era nato come un progetto di interesse locale.
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- Via via, forse anche per rispondere alle perplessità manifestate da altri porti dell'Alto Adriatico e alle loro proteste per i fondi promessi a sostegno dell'iniziativa, è stato valutato ed evidenziato il ruolo che l'approdo offshore potrebbe rivestire in ambito non solo veneziano, ma più ampio. Un strategia, questa, che sembra più convincente per giustificare investimenti che molti ritengono eccessivi per far semplicemente sì che Venezia abbia un porto per le grandi navi e per passare sopra alle inevitabili diseconomie generate dal trasferimento delle merci dall'offshore all'onshore e viceversa.
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- Una strategia che porta però ad accomunare il sistema offshore-onshore veneziano ai porti di transhipment, dove ormai da molti anni consistenti volumi di traffico containerizzato vengono trasbordati dalle navi madre impiegate sulle rotte intercontinentali alle navi feeder per essere distribuiti in ambito regionale.
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- Se le osservazioni di Aliperta appaiono fondate, sorgono però nuove perplessità alla luce della collocazione della piattaforma d'altura, prossima come sarebbe ai porti che dovrebbe servire e difficilmente in grado di generare il sufficiente interesse commerciale necessario per la creazione di un network di servizi feeder indispensabile per collegarla alle destinazioni onshore.
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- B.B.
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- L'Autorità Portuale di Venezia ha sottolineato anche come le piattaforme d'altura vicine a più di un porto tradizionale consentano di ripartire i flussi di traffico deconsolidando i grandi carichi su più approdi onshore, riducendo l'impatto sull'ambiente sia naturale sia antropizzato. L'ente ha rilevato inoltre che i sistemi offshore (una piattaforma d'altura) onshore (più piattaforme a terra) consentono di godere dei vantaggi da minor costo unitario del bunker delle grandi navi portacontainer (ormai della capacità di 18.000 teu ed oltre) senza dover affrontare costi insostenibili di adattamento dei porti esistenti - patrimoni infrastrutturali che altrimenti sarebbero distrutti - e senza dover riadattare tutte le connessioni stradali, ferroviarie e di navigazione interna a terra per l'inoltro della merce.
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- Dopo la discussione seguita alle presentazioni Cristiano Aliperta, rappresentante italiano all'IMO, ha riassunto la riunione osservando che «di fronte al gigantismo navale in atto non ci possono essere che tre soluzioni: concentrare il traffico in pochi porti e adeguare ai mega volumi di traffico le infrastrutture stradali, ferroviarie e di navigazione interna che li servono, rendendo di fatto obsolete gran parte delle infrastrutture portuali e di trasporto esistenti; adattare tutti i porti a riceverli, e questo si sta facendo in Europa con un enorme investimento di risorse, ad oggi non disponibili; oppure, “uovo di Colombo”, la soluzione Venezia, riguadagnando l'accessibilità nautica con il sistema offshore, mantenendo in vita i “vecchi” impianti portuali e rivitalizzando il patrimonio infrastrutturale stradale, ferroviario e fluviale».
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