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- Onorato Armatori, gruppo marittimo che opera attraverso le compagnie di navigazione Moby, Tirrenia e Toremar, ha annunciato di aver sporto querela per diffamazione nei confronti di Mauro Pili, ex deputato, ex presidente della Regione Sardegna e fondatore nel 2011 del movimento regionalista sardo Unidos. Recentemente Pili ha lanciato una petizione indirizzata al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, chiedendo la revoca della convenzione tra lo Stato e la Tirrenia per l'esecuzione di collegamenti marittimi in regime di pubblico servizio con le isole maggiori e minori e volta quindi a garantire la continuità territoriale tra la penisola e la Sardegna. Pili ha proposto la sua petizione sulla piattaforma web change.org, la stessa che Vincenzo Onorato, presidente della Onorato Armatori, ha utilizzato lo scorso mese per una campagna volta a tutelare i posti di lavoro dei marittimi italiani ( del 13 agosto 2018).
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- Nella querela, che Onorato Armatori ha reso noto di aver presentato «con parallela richiesta di risarcimento danni reputazionali e aziendali per un valore iniziale di 20 milioni di euro», il gruppo ha invitato l'autorità giudiziaria di indagare su una campagna che è ritenuta diffamatoria. Onorato Armatori ha chiamato in causa anche Guido Grimaldi, direttore short-sea della Grimaldi Lines del gruppo armatoriale Grimaldi, azienda che opera anch'essa servizi di trasporto marittimo di passeggeri e veicoli e che negli ultimi anni Vincenzo Onorato ha ripetutamente accusato di inosservanza delle norme sul lavoro marittimo.
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- «Siamo perfettamente convinti, con prove che porremo a piena disposizione degli inquirenti - ha affermato Vincenzo Onorato - che le reali motivazioni di questa campagna diffamatoria traggano origine dalla battaglia nella quale ci siamo impegnati ormai da anni per difendere l'occupazione dei marittimi italiani, denunciando una truffa ai danni dello Stato e una violazione sistematica delle norme che consentono a troppi gruppi armatoriali italiani di attuare a bordo delle loro navi, battenti bandiera italiana e in quanto tali esenti da qualsiasi tassazione, di sfruttare manodopera extra-comunitaria a livello di pura schiavitù lasciando a terra disoccupati migliaia di marittimi italiani».
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