Fedespedi, la federazione delle case di spedizione italiane, ha
espresso una forte critica rispetto alla riforma doganale nazionale,
così come articolata dal decreto legislativo n. 141 del 2024
pubblicato in “Gazzetta Ufficiale” lo scorso 4 ottobre,
in quanto - ha spiegato Fedespedi - «la riforma presenta
elementi che implicano un forte impatto negativo sulle attività
di import e export nazionale, e sull'efficienza e la competitività
del sistema logistico del Paese».
La federazione degli spedizionieri ha quindi rivolto un appello
all'Agenzia delle Dogane e al Ministero dell'Economia esortando ad
introdurre «importanti richieste di modifica sulla bozza di
decreto, da apportare prima della sua pubblicazione in “Gazzetta
Ufficiale”». Fedespedi ha ricordato che la sua la
posizione si allinea così a quanto già richiamato
all'attenzione delle istituzioni e dell'opinione pubblica da parte
della Confetra - Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e
della Logistica.
Relativamente ai correttivi che la federazione degli
spedizionieri ritiene necessario introdurre, Fedespedi ha
specificato che, «in riferimento al reato di contrabbando, si
chiede di: alzare la soglia del livello minimo di dazi evasi per
configurare la fattispecie di reato; introdurre l'istituto del
ravvedimento operoso per consentire la rettifica degli errori
formali compiuti in buona fede; sancire in maniera inequivocabile
nella norma il principio dell'accertamento del dolo». Inoltre,
Fedespedi ha specificato che «si ritiene indispensabile
rivedere la qualifica dell'IVA all'importazione».
«Senza i correttivi che insieme a Confetra chiediamo di
introdurre - ha affermato il presidente di Fedespedi, Alessandro
Pitto - la riforma rischia di generare una distorsione dei traffici
a favore degli altri Paesi europei con conseguenze anche sulla
fiscalità dell'Agenzia delle Dogane di cui un terzo è
sostenuta dagli incassi di dazio e IVA. Dalle nostre stime, se
l'Italia perdesse anche solo il 10% dei traffici, l'Agenzia delle
Dogane incasserebbe circa 2,7 miliardi di euro in meno all'anno».
«In particolare - ha aggiunto il vicepresidente di
Fedespedi con delega Customs, Domenico de Crescenzo - la revisione
dello schema sanzionatorio previsto dalla riforma prevede la
fattispecie del reato di “contrabbando” anche in caso di
semplici errori formali nelle pratiche doganali che le imprese di
spedizioni internazionali svolgono al servizio del commercio
internazionale, esponendo gli operatori al rischio concreto di dover
intraprendere contenziosi penali e subire gravi sanzioni
amministrative, tra cui la confisca dei beni e dei mezzi di
trasporto. Il reato scatta quando l'errore compiuto genera un
mancato incasso di dazio e IVA da parte dello stato superiore a
10.000 euro: è una soglia molto bassa, che si raggiunge
facilmente nelle dichiarazioni doganali».
«Riteniamo - ha spiegato Ciro Spinelli, vicepresidente di
Fedespedi con delega legale - che tale novella legislativa sia
contraria al principio di proporzionalità delle sanzioni
previsto dal Codice Doganale dell'Unione Europea e manchi sotto il
profilo operativo di realismo, rinnegando buon senso e
ragionevolezza, ossia il principio di equilibrio tra esigenze di
controllo e agevolazione degli scambi commerciali che sono la forza
dell'Unione Europea. Altro elemento di criticità è la
qualifica dell'IVA all'importazione come dazio di confine,
contrariamente a quanto sancito dal Codice Doganale dell'UE, dalla
giurisprudenza a livello unionale e di cassazione. Questo elemento è
problematico perché equiparare l'IVA ai dazi contribuisce al
raggiungimento della soglia dei 10.000 euro che fa scattare la
fattispecie di reato. I rischi concreti che allo stato attuale
possiamo ipotizzare sono di certo l'aumento del contenzioso (anche
penale) generato per fatti che, in principio, non sono ascrivibili
all'agire degli spedizionieri nonché l'esposizione anche a
sanzioni gravose in applicazione del decreto legislativo 231/2001.
Detto ciò, sarebbe auspicabile una revisione della norma
eseguita con serena ragionevolezza dagli organi dello Stato e dai
rappresentanti degli spedizionieri al fine di calare correttamente
la norma nel contesto industriale in cui viviamo ogni giorno e
modificarne l'essenza punitiva che oggi pare inadeguata».