
Uscito dalla scena portuale pubblica italiana a metà
dello scorso anno, quando aveva lasciato la carica di presidente
dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico
Orientale con sei mesi di anticipo sulla scadenza del suo mandato
per assumere poco dopo l'incarico di presidente operativo del gruppo
ingegneristico Technital, rientrando quindi sulla scena portuale
italiana, questa volta privata essendo il gruppo in questione attivo
anche nel settore delle infrastrutture portuali, Zeno D'Agostino si
è lanciato ieri in un'invettiva contro la spartizione
politica delle nomine di segretario generale e presidente di un
porto che - ha affermato - «non ha nessun senso» ed è
«un'usanza barbara che si vede solo sugli scali italiani».
Come riferito dall'agenzia di stampa “Ansa”,
intervenendo ieri a Trieste ad incontro sulle priorità per il
porto giuliano promosso da Confcommercio, D'Agostino ha sostenuto
che «se c'è una cosa che in porto va fatta è che
nel momento in cui si sceglie il presidente, questo deve essere
libero di scegliersi il segretario generale. Io rimango basito, se
non schifato - ha proseguito - quando sui giornali leggo che il
presidente lo sceglie l'uno e il segretario l'altro e rimango
schifato perché i giornalisti non denunciano mai questa cosa,
la prendono come qualcosa di normale. A Genova è la
normalità. È una cosa che mi fa schifo che si possa
pensare che nella gestione manageriale di un porto il presidente non
sia libero di scegliersi il segretario generale. A me - ha precisato
- questo non è successo. Ho sempre avuto la libertà di
scegliere e ne sono felice. Questa cosa è importantissima: è
importante che ci sia una fiducia fortissima fra presidente e
segretario e che si lascino liberi i presidenti di scegliere i
segretari». «Se qualcuno vuole fare il bene dei porti
italiani - ha concluso - oltre a scegliere i presidenti, li lasci
liberi di scegliere i segretari».
Si chiude così la sconclusionata requisitoria di
D'Agostino, che ha parlato di spartizione politiche delle nomine del
segretario generale e del presidente sorvolando sulla sua, di
nomina. A D'Agostino, che aveva ed ha le carte in regola per
assumere la presidenza di qualsiasi ente portuale italiano, era
stata conferita la sua ultima presidenza di un ente portuale, quello
dell'Adriatico Orientale, alla fine del 2020 quando già era
in vigore la riforma portuale del 2016 che aveva assegnato al
ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti il potere di nomina
del presidente di un'authority portuale da esercitarsi d'intesa con
il presidente o i presidenti della regione interessata. Nomina che
in precedenza, ai sensi dell'articolo 8 della legge 84/94, avveniva
con decreto del ministro dei Trasporti e della Navigazione che
sceglieva il presidente, previa intesa con la regione interessata,
nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata
qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti
e portuale designati rispettivamente dalla Provincia, dai Comuni e
dalle Camere di Commercio. Quindi l'ultimo incarico al vertice di
un'authority portuale conferito a D'Agostino è stato deciso
autonomamente dall'allora ministro Paola De Micheli. Anche per
quella nomina, quindi, si potrebbe parlare di lottizzazione, tanto
più che con la riforma del 2016 al ministro è stato
conferito un potere di nomina pressoché assoluto laddove in
precedenza c'era un minimo di confronto su tre candidati.
D'Agostino si è detto schifato perché i
giornalisti non denunciano mai questa cosa. Ci sarebbe piaciuto che
quattro anni fa avesse in prima persona espresso altrettanto
disprezzo per la procedura di nomina che lo aveva posto a capo
dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico
Orientale. Ora il disgusto è tardivo, anzi ipocrita.
Bruno Bellio