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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XX - Numero 1-2/2002 - GENNAIO-FEBBRAIO 2002 |
Porti
La politica portuale europea
Quando la Commissione Europea fece circolare un libro verde sui
porti europei nel 1997, l'iniziativa venne accolta assai favorevolmente
come una opportunità di creare finalmente un campo di gioco
livellato tra queste importanti porte d'accesso al continente.
TABELLA 1: CONFRONTO TRA UNA SELEZIONE
DI INFRASTRUTTURE PORTUALI DELL'UNIONE EUROPEA
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Porto | TEU 2000
| Principali operatori terminalistici
| Proprietà
| Quota merc.
appr.
| Commenti sugli operatori terminalistici
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Amburgo | 4.250.000
| Hamburger Hafen und Lagerhaus AG
| Statale | 66%
| La Hapag-Lloyd di recente ha acquisito una partecipazione del 25% nella Altenwerder.
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Eurokai
| Privata | 33%
| Ora gestita in joint-venture con la BLG e denominata Eurogate
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Bremerhaven | 2.712.420
| Bremer Lagerhaus G.
| Statale | 63%
| Ora gestita dalla Eurogate
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North Sea Terminal Bremerhaven
| Statale / privata
| 37% | Joint-venture 50%-50% tra la Eurogate e la Maersk Sealand
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Rotterdam | 6.300.000
| ECT | Statale / privata
| 70% | Appartenente in parti uguali alla Hutchison Port Holdings di Hong Kong, alla Amministrazione Por-tuale Municipale di Rotterdam ed alla ABN Amro.
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Maersk Delta
| Statale / privata
| - | Joint-venture tra Maersk Sealand ed ECT, inaugurato nel 2000. Ci si aspetta che movimenti 860.000 TEU nel 2001.
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Anversa | 4.100.000
| Hess Noord Natie
| Privata | 80%
| Maggioranza appartenente alla PSA Corporation di Singapore
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P&O Ports
| Privata | 15%
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Zeebrugge | 975.000
| Ocean Container Terminal
| Statale / privata
| 38% | 50% appartenente alla società ferroviaria nazionale belga
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Hessenatie Zeebrugge Flanders Container Terminal
| Privata | 10%
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Le Havre | 1.456.000
| Terminaux de Normandie
| Privata | 44%
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Compagnie Nouvelle de Manutentions Portuaires
| Privata | 22%
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Generale de la Manutention Portuaire
| Statale / privata
| 34% | |
Felixtowe | 2.800.000
| Hutchison Port Holdings di Hong Kong
| Privata | 100%
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Southampton | 1.061.000
| Southampton Container Terminal
| Privata | 100%
| La Southampton Container Services appartiene congiunta-mente alla ABP ed alla P&O Ports.
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Algesiras | 2.009.122
| Maersk Sealand |
Privata | 95%
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Isla Verde
| Privata | 5%
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Barcellona | 1.370.000
| Terminal de Conteneurs de Barcelona
| Privata | 70%
| |
Terminal Catalunya
| Privata | 30%
| |
Fos | 420.000
| Eurofos | Privata
| 100% | Non comprende la città di Marsiglia.
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Genova | 1.500.632
| Voltri Container Terminal
| Privata | 50%
| Appartenente in parte alla PSA Corp di Singapore
|
Southern European Container Hub
| Privata | 19%
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Messina
| Privata | 19%
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La Spezia | 909.962
| Eurogate | Privata
| 88% | |
Gioia Tauro | 2.652.701
| Eurogate | Privata
| 100% | Il 10% appartiene alla Maersk Sealand
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Fonti: Porti e Containerisation International
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Oggigiorno, tutti i porti si accusano reciprocamente di concorrenza
sleale finalizzata a dirottare i carichi dal proprio corso naturale.
Da allora, pochi disegni di legge hanno provocato un dibattito
altrettanto acceso, ed il processo in questione è ben lungi
dall'essersi concluso.
Per capire il conflitto in atto, può essere utile partire
dal presupposto che non tutti i porti dell'Unione Europea sono
gestiti allo stesso modo. Come dimostra la Tabella 1, alcuni appartengono
ancora (e sono da loro gestiti) a monopoli di stato (Bremerhaven),
mentre altri appartengono a (e sono gestiti da) monopoli privati
(Felixtowe). Alcuni altri, come Rotterdam, appartengono a proprietari
a controllo pubblico, ma sono stati concessi ad una varietà
di operatori pubblici e privati, laddove le autorità portuali
provvedono alle banchine ed al dragaggio, mentre gli affittuari
pensano a tutto il resto. Tutti quanti, inevitabilmente, assumono
posizioni diverse quanto alla concorrenza.
I cambiamenti fondamentali in seno alla Commissione Europea che
hanno provocato contrarietà in molti consistono nel fatto
che, invece di concentrarsi sulla concorrenza tra i porti,
come si prefigurava in origine, l'unico disegno di legge contenuto
nel pacchetto portuale concerne la concorrenza nell'ambito
di ciascun porto. La decisione è stata infine annunciata
nel "pacchetto portuale" proposto dalla Commissione
Europea a febbraio del 2001, in seguito ad ampie consultazioni
tra tutte le parti in gioco.
Wolfgang Elsner, dirigente dell'unità porti e cabotaggio
marittimo della DG TREN (Direzione Generale Trasporti ed Energia)
in seno alla Commissione Europea commenta: "Ciò che
si deve ammettere è che quando si tratta di un libro verde,
sono le sue caratteristiche a gettare sassi nello stagno, dopo
di che non resta che vedere quello che succede. All'inizio, abbiamo
tirato fuori un sacco di idee sulle quali tutti quanti sono stati
chiamati a fare le proprie osservazioni. Date le questioni sul
tappeto, era inevitabile che alla resa dei conti finissimo per
scontentare qualcuno. Ma i cambiamenti sulle sostanza delle cose
che proponiamo adesso non sono fondamentali se confrontati con
le cose che abbiamo già discusso. Intendiamo ancora dialogare
circa la questione dei finanziamenti statali tra i porti come
è previsto nel dettaglio del pacchetto portuale, oltre
alla trattativa in merito alla concorrenza interna".
La differenza fondamentale, tuttavia, è che il suo cosiddetto
"pacchetto portuale" adesso cercherà solamente
di affrontare la questione dei finanziamenti statali concessi
agli operatori portuali. Esso, invece, non si occuperà
della più controversa questione di come debbano essere
finanziati gli investimenti in infrastrutture generali pubbliche.
In termini di cassa, la prima rispetto alla seconda fa la figura
delle noccioline.
Precisa Elsner: "Qui si fronteggiano due filosofie. Una è
quella secondo cui gli investimenti in infrastrutture generalmente
accessibili all'interno dei porti dovrebbero essere trattati come
gli investimenti in strade, e pertanto finanziati dal portafoglio
pubblico, facendo sì che possano essere utilizzate da tutti.
Questo è, ad esempio, l'approccio seguito in Germania,
Olanda, Francia, Italia e, fino ad un certo punto, Belgio".
Continua Elsner: "Poi esiste un'altra filosofia secondo la
quale i porti dovrebbero essere gestiti come un'attività
commerciale, compresa la necessità di reperire finanziamenti
per gli sviluppi infrastrutturali nell'ambito di ciascun porto.
Questa è la linea seguita da paesi come il Regno Unito,
la Spagna, la Norvegia, la Svezia, l'Irlanda (in parte), il Portogallo
(in parte) ed il Belgio (in parte). In questi casi, poi, esiste
una differenza tra il Regno Unito, in cui molti grossi porti appartengono
a privati, ed il continente, in cui invece appartengono ancora
a proprietari pubblici".
La Commissione Europea ha infine deciso di sottrarsi alla scelta
ritenendo che ciò avrebbe equivalso più o meno a
scegliere una religione tra due fazioni in guerra. Lamenta infatti
Elsner: "Avevamo dei dubbi che ciò fosse possibile.
Ma ci sono altri modi di affrontare il problema. In primo luogo
potremmo finire per lasciar perdere ed accettare il fatto che
il mondo non è perfetto, ammettendo che la tendenza degli
ultimi anni, in ogni caso, è nel senso che un numero sempre
maggiore di porti si sta trasformando in strutture commerciali".
Continua Elsner: "La seconda via è quella di affrontare
di petto la situazione mediante l'introduzione di un appropriato
sistema di tariffazione completa. Se ci fosse un sistema simile
per tutte le modalità di trasporto in seno all'Unione Europea,
strada e ferrovie comprese, non ci sarebbe motivo di preoccuparsi
circa il reperimento di fondi. La Commissione Europea è
intenzionata a fare una proposta al riguardo il prossimo anno,
ma non possiamo cominciare proprio dai porti perché per
noi sarebbe come spararci sui piedi. La piena tariffazione probabilmente
renderà più costosi i trasporti. In un momento in
cui stiamo cercando di dirottare una quota maggiore di traffico
dalla strada all'acqua, non sarebbe saggio cominciare proprio
dai porti".
Ma, nel passaggio da questo campo di battaglia a quello della
concorrenza all'interno nei porti, la Commissione Europea
sembra essere caduta dalla padella nella brace. Sin dall'annuncio
della decisione a febbraio dello scorso anno, essa ha dovuto reggere
l'urto delle ondate di lamentela da parte di quei porti che più
probabilmente ne subiranno le conseguenze, per quanto talvolta
celate in parte dalle graziosità del linguaggio diplomatico.
La parte del "pacchetto portuale" che in particolare
ha infiammato molti operatori portuali del Regno Unito e dell'Europa
settentrionale consiste nella necessità di avere almeno
due operatori terminalistici per ciascun porto primario, a meno
che non siano da prendersi in considerazione circostanze speciali.
Il che non equivarrebbe a dire che devono per forza essercene
due, ma solamente che agli altri operatori terminalistici dovrebbe
essere concessa una opportunità concreta di competere in
quei porti in cui la concorrenza al momento è impedita,
nel caso dovessero richiederlo. E' questa la situazione di Amburgo,
Lubecca, Kiel, Bremerhaven, Rotterdam, Felixtowe, Southampton
e Thamesport.
I favorevoli a questa iniziativa comprendono la ECSA (Associazione
Europea delle Comunità degli Armatori) e lo ESC (Consiglio
dei Caricatori Europei), oltre a quei porti che già sono
allineati a questa linea di pensiero. I contrari comprendono invece
i porti e gli operatori terminalistici che con tutta probabilità
dovranno subirne le conseguenze, rappresentati in parte da organizzazioni-ombrello
come la Feport (Federazione degli Operatori Portuali Privati Europei),
la ESPO (Organizzazione Europea Porti Marittimi), ed il Raggruppamento
Porti Primari del Regno Unito. Anche la ITF (Federazione Internazionale
Lavoratori Trasportistici) si è espressa con forza contro
il provvedimento per quanto attiene alla sicurezza.
Così come stanno le cose adesso, le proposte della Commissione
Europea, unitamente a diversi emendamenti, tra cui l'omissione
dei servizi di pilotaggio, sono state appena approvate dal Parlamento
Europeo. Le sue conclusioni, più le osservazioni della
Commissione Europea su tali emendamenti, ora devono essere discussi
dal Consiglio dei Ministri dei Trasporti dell'Unione Europea.
Ed è quella la sede in cui la questione diventerà
davvero politica, poiché il settore dei trasporti potrà
anche non essere di alto profilo, ma dispone di un sacco di voti
elettorali nei paesi membri: il cibo e le bevande dei ministri.
Mentre l'attuale presidente del Consiglio, che è belga,
sembra avere poco interesse a definire la questione, il prossimo
presidente (spagnolo) in carica da gennaio 2002 sembrerebbe invece
intenzionato a portarla a conclusione.
Ci si deve, perciò, aspettare nei prossimi mesi un gran
pigia pigia che vada dritto al cuore ed alla mente degli elettori.
Commenta Elsner: "Non ci si rende conto che ci sta volendo
così tanto tempo per arrivare ad una conclusione sul pacchetto
portuale perché si devono tenere in considerazione approfondite
discussioni prima che tutti lo comprendano - sempre che lo vogliano,
naturalmente".
"Se si guarda allo scenario mondiale, si troverà uno
sviluppo che comporta l'abbandono del vecchio sistema in cui lo
stato è l'unico responsabile delle strutture portuali e
dei suoi servizi, sia direttamente che indirettamente. Sta succedendo
persino in Cina ed in Russia. Ma vi sono alcuni porti in Europa
che ancora pensano che la vecchia via sia la migliore. Io non
sono d'accordo. Perché ci dovrebbe essere la concorrenza
tra venditori di giornali e non tra i fornitori di servizi portuali?".
Elsner scende quindi nei dettagli: "Guardate i porti italiani.
Fino a non molto tempo fa, non avevano speranze, e Rotterdam era
il principale porto containers per l'Italia. Ma poi hanno cominciato
a darsi da fare e adesso non sono più gli ultimi d'Europa.
Come hanno fatto? Rinunciando al controllo statale su tutto quanto
e accettando ciò in cui gli italiani sono bravissimi, cioè
la concorrenza. La stessa situazione ora più o meno esiste
in Spagna. In breve, devo ancora riuscire a trovare una buona
ragione perché la concorrenza illimitata tra i porti non
debba esistere, mentre c'è in tutti gli altri settori".
Gli altri porti in cui vige la limitazione alla concorrenza interna
chiedono rinvii in base alle più varie argomentazioni,
tra le quali non ultima è quella consistente nella domanda:
se l'attuale sistema non è guasto, perché ripararlo?
I porti europei generalmente vengono considerati più efficienti
e competitivi di quelli situati altrove. Patrick Verhoeven, segretario
della ESPO, riassume questa posizione: "Non abbiamo alcuna
obiezione rispetto al cambiamento, ma solamente laddove sia stata
identificata una impellente necessità a farlo. Di conseguenza,
bisogna ancora riuscire a persuadere molti dei nostri membri circa
il fatto che tale necessità sia stata riscontrata".
A conferma di questa opinione, la Feport ha commissionato l'analisi
sulle tariffe portuali mostrata nella Tabella 2.
Secondo John Dempster, direttore esecutivo del Raggruppamento
Porti Primari del Regno Unito, i suoi membri non hanno ancora
ricevuto un solo reclamo diretto dai propri clienti riguardo
allo scarso livello dei servizi.
Elsner, tuttavia, dispone di argomentazioni per contrastare tutti
questi punti di vista, affermando che c'è molta "disinformazione"
diffusa in giro. Afferma infatti: "Tutto ciò che bisogna
fare è studiare il recente studio sui colli di bottiglia
nel cabotaggio marittimo, laddove risulta che un sacco di caricatori
e di vettori marittimi si sono lamentati degli alti costi dei
porti europei e della loro inefficienza. I clienti vogliono avere
la possibilità di scelta in ordine a coloro di cui intendono
servirsi e sanno che la scelta deve avvenire tra soggetti che
sono stati selezionati in modo trasparente".
TABELLA 2: CONFRONTO TRA LE TARIFFE
PER LA MOVIMENTAZIONE DI CONTENITORI NEL 2000
|
Regione | Import/export1 (dollari USA)
| Trasbordo2 (dollari USA)
|
Europa settentrionale - media
| 113,98 (133,91)
| 131,94 (155,10)
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Trasbordo Mediterraneo3
| d.n.d. | 94,80 (118,50)
|
Costa Orientale Nord America
| 204,20 (208,50)
| d.n.d. |
Costa Occidentale Nord America
| 261,10 (262,50)
| d.n.d. |
Giappone | 324,00 (365,15)
| 404,00 (421,00)
|
Sud Corea | 186,00 (204,20)
| 165,15 (184,27)
|
Hong Kong4
| 305,00 (317,00)
| 365,00 (385,00)
|
Sud-est asiatico - Singapore
| 127,00 (140,50)
| 151,00 (157,00)
|
Note: 1 = da nave a varco; 2 = da nave a nave; 3 = media di Algesiras, Gioia Tauro e Marsaxlokk; 4 = terminals Kwai Chung. Le tariffe indicate sono per container.
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Fonte: Ocean Shipping Consultants
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Le risultanze del suddetto studio sullo short-sea contengono un'accusa
nei confronti di molti porti, colpevoli di avere imposto servizi
non necessari, oneri per servizi non resi, tariffe eccessive e
non trasparenti basate su posizioni monopolistiche nonché
condizioni di lavoro rigide e pericolose.
Lo ESC e la ECSA sono, con pochissime eccezioni, assai favorevoli
al pacchetto portuale. Commenta Alfons Guinier: "Tempo fa,
e precisamente nel 1998, in risposta al libro verde della Commissione
Europea, sia lo ESC che noi avevamo dichiarato che occorreva incoraggiare
i seguenti principi:
- libero accesso al mercato
- libera e leale concorrenza nell'ambito dei e tra i porti
- posizioni monopolistiche non abusate ed eliminabili laddove possibile
- servizi non imposti da comprovare
- tariffazione leale e trasparente
- adattamento delle prassi lavorative.
Pensiamo che tali principi siano ancora attuali e ci piacerebbe
vederli applicati appena possibile".
In relazione al confronto tra le tariffe portuali, Elsner ribatte:
"E' sempre pericoloso confrontare i porti poiché essi
hanno strutture tariffarie differenti. Se si vogliono confrontare
i porti, bisognerebbe esaminare tutte le tariffe, comprese le
tasse portuali sulle navi (che riguardano l'uso delle banchine
e dei canali), sul pilotaggio, sul rimorchio e sull'ormeggio,
perché talvolta le cose non sono sempre come sembrano.
Quando si parla dei costi portuali, di solito si attira l'attenzione
sui soli elementi che convengono".
Egli afferma, altresì, che Hong Kong e Singapore sono cattivi
esempi di porti d'oltremare, essendo entrambi dei quasi-monopoli
che attualmente perdono quote di mercato a favore di altri (v.
Tabella 2). Le loro tariffe di movimentazione ai terminali possono
anche essere più alte rispetto a quelle degli altri, ma
i loro oneri su tutto il resto sono inferiori.
In relazione al fatto che nessuno si è ancora direttamente
lamentato di specifici porti od operatori terminalistici in Europa,
Elsner commenta: "Potrà anche essere così,
ma si dovrebbe riconoscere che se qualcuno dovesse mai davvero
lamentarsi formalmente, ci potrebbero volere da tre a quattro
anni per risolvere i conseguenti problemi legali. La gente non
dispone proprio di tutto questo tempo da perdere. Hanno bisogno
di risposte in tre/quattro settimane o mesi, non anni, perché
alla fine di quel periodo il mondo potrebbe essere un posto molto
diverso".
Come già detto, la ITF è un altro organismo che
ha sollevato parecchie obiezioni nei confronti del pacchetto sui
porti della Commissione Europea. Al fine di fornirne una dimostrazione,
dal momento della sua pubblicazione sono state organizzate dai
portuali di diversi porti un paio di giornate di protesta. Ci
si preoccupa del fatto che i parametri di sicurezza potrebbero
essere sacrificati se la concorrenza portuale sia interna che
esterna dovesse divenire troppo intensa, più o meno allo
stesso modo in cui adesso alle navi sub-standard viene permesso
di entrare in ed uscire da certi porti, a dispetto dei controlli
che teoricamente esistono al fine di evitarlo. L'organismo suddetto
afferma altresì di non essere stato consultato nelle forme
dovute.
Commenta Elsner: "E' cosa del tutto falsa dire che noi non
abbiamo consultato i sindacati in relazione al pacchetto portuale.
Li abbiamo invece consultati in parecchie occasioni. Solo perché
le nostre proposte non sono al 100% in linea con le loro richieste,
ciò non costituisce una mancanza di consultazione, a meno
che questa non sia la loro definizione di consultazione".
Continua Elsner: "Rispetto ai futuri standard di sicurezza,
la direttiva afferma esplicitamente che le regole inerenti alle
attuali strutture di sicurezza dovrebbero restare in vigore. Tuttavia,
questo non ha impedito ai sindacati di lamentarsi del fatto che
i datori di lavoro saranno liberi di scegliere i loro dipendenti.
Tale situazione già esiste oggi. Essa non dice che i primi
possono far entrare chiunque nei porti. L'autorità portuale
avrà ancora la facoltà di stabilire i criteri ai
sensi dei quali la gente potrà essere assunta nei porti.
Di modo che, se l'autorità portuale oggi è contenta
di impiegare dei vaccari, potrà farlo anche domani".
A partire dal voto del Parlamento europeo del 14 novembre, un
certo numero di operatori terminalistici privati, tra cui la Hutchison
Ports, ha nuovamente chiarito che a meno che - e finché
- il pacchetto portuale non venga modificato dal Consiglio dei
Ministri dei Trasporti, i futuri investimenti in infrastrutture
esistenti saranno a rischio, mettendo di conseguenza a rischio
posti di lavoro. La ITF, dal canto suo, ha chiarito che ci si
dovrà aspettare un numero maggiore di scioperi.
Se mai esistono questioni destinate a rivelare di che pasta sono
fatti i ministri dei trasporti, questa promette di esserne una.
(da: Containerisation International, gennaio 2002)
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