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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XVII - Numero 4/99 - APRILE 1999 |
Porti
Lo sviluppo dell'E.C.T.
Gran parte dell'interesse pubblico recentemente incentratosi
sull'E.C.T. (Europe Combined Terminals) si riferisce alla probabile
futura proprietà della società. Allorquando gli
attuali azionisti Royal Nedlloyd, Internatio Muller, Royal Pakhoed
e NS Group annunciarono verso la fine del 1998 che avevano invitato
la HPH (Hutchison Port Holdings) di Hong Kong a mettere assieme
un consorzio di nuovi proprietari, l'orgoglio europeo ne fu dapprima
ferito, e successivamente venne rimpiazzato da timori inerenti
a che cosa qualsiasi nuova proprietà avrebbe potuto voler
significare per il porto ed i suoi clienti. La P&O Ports ha
persino portato la questione davanti alla Commissione Europea
di Bruxelles lamentando una iniziativa sleale.
A marzo, la corte doveva ancora esprimersi al riguardo, ma sembra
più che probabile che la HPH finisca per riuscire ad ottenere
il 50% delle quote, mentre il resto dovrebbe essere suddiviso
tra la RMPM (Amministrazione Portuale Municipale di Rotterdam)
e vari istituzioni finanziarie olandesi. Il prezzo d'acquisto
complessivo dovrebbe essere di circa 680 milioni di fiorini olandesi,
pari a 358 milioni di dollari USA.
Ma in realtà non è questo il problema. Il fatto
è che mentre tutto ciò accadeva, la dirigenza dell'E.C.T.,
invece di concentrarsi su quanto stava succedendo al proprio interno,
ha proceduto ad una serie di decisioni a lungo raggio finalizzate
ad ampliare le frontiere dell'operatore terminalistico e ad assicurarsi
la propria crescita futura. E, senza dubbio, si tratta di iniziative
di non poco conto.
Prima di passare ai dettagli, si dovrebbe notare che - oltre
a servire il proprio hinterland più vicino - lo E.C.T.
fa molta concorrenza ai circostanti porti di Amburgo, Bremerhaven,
Anversa e Zeebrugge in ordine ai carichi da e per l'Europa Centrale.
Esso fa persino concorrenza ad alcuni porti mediterranei in relazione
ai carichi da e per la Germania meridionale, l'Austria e la Svizzera.
Lo scorso anno lo E.C.T. ha movimentato complessivamente 4,38
milioni di TEU (+10,5%) presso le due proprie maggiori unità
operative di Rotterdam. Si tratta della Delta Container Division,
che gestisce quattro terminal containers ad alto pescaggio dell'ultimo
modello sulla penisola di Maasvlakte, alla bocca dell'estuario
della Maas, nonché della Home Container Division, che gestisce
un terminal completamente automatizzato sulle rive del fiume nella
zona Eemhaven del porto. Il fatturato totale della società
lo scorso anno è stato di 729 milioni di fiorini olandesi
(384 milioni di dollari), che ha indotto profitti pari a 43 milioni
di fiorini (22,6 milioni di dollari).
In termini più generici, Rotterdam costituisce il maggior
porto europeo per i traffici asiatici ed intereuropei. Chiaramente,
esso non potrebbe avere conseguito tale posizione senza essere
un buon operatore terminalistico, anche se essere la vera e propria
bocca del fiume Reno gli dà un vantaggio innegabile. Si
stima che l'attuale traffico di chiatte sul Reno valga più
di un milione di TEU all'anno.
L'esatto ordine cronologico delle decisioni attinenti alla politica
di espansione dell'E.C.T. non è chiaro, ma probabilmente
non è così importante, dato il lasso di tempo intercorso
fra il concepimento dell'idea e le concrete iniziative. Ad esempio,
la prima iniziativa concernente il raggiungimento di un accordo
con la Maersk , ai sensi del quale quella linea di navigazione
avrebbe concesso il proprio terminal da 900.000 TEU nell'ambito
del Maasvlakte Delta Terminal, ha visto il proprio esordio più
di due anni fa. Le trattative sono state complicate. Uno dei punti
di contrasto più seri sicuramente dev'essere stato l'accordo
finale dell'E.C.T. di acquisire solamente una quota di minoranza
(un terzo).
Come dichiarato al momento dal direttore esecutivo Wouter den
Dulk, "i volumi di alcune linee di navigazione sono divenuti
così rilevanti che - a certe condizioni - un terminal a
sé si può facilmente giustificare". Il terminal
della Maersk sarà costruito su 33 ettari di terreno, dispone
di cinque gru e di 900 metri di banchine. Ci si aspetta che esso
venga completato in due anni di tempo.
Questa non è la prima volta che lo ECT deve sottoporsi
ad una simile pressione: la Sea-Land può disporre di un
terminal proprio nel complesso Delta da molti anni, ma l'iniziativa
della Maersk forse permette di definire più chiaramente
in che modo lo E.C.T. percepisca il suo futuro nell'ambito dell'area
portuale. Senza dubbio, altre importanti linee di navigazione
ora vorranno seguirne l'esempio, a patto - naturalmente - che
vi siano terreni disponibili.
La seconda - e più intrigante - iniziativa riguarda una
serie di decisioni inerenti ad importanti investimenti finalizzati
ad allargare le operazioni dell'E.C.T. nel cuore dell'hinterland
commerciale di Rotterdam. L'idea non è proprio nuova, ma
la scala delle operazioni terrestri previste dalla società
lo è, e ciò rappresenta il mezzo per portare più
chiaramente allo scoperto in futuro diverse questioni correlate.
Ad esempio, chi sarà responsabile del trasporto interno
tra il porto ed i terminals interni e se l'operatore terminalistico
in questione si incaricherà di questo, perché dovrebbe
arrestarsi là? Perché non lanciarsi in un sacco
di altri servizi a valore aggiunto presupposti dalla catena dell'offerta,
quali la documentazione ed il magazzinaggio?
Nel rispondere, Jos Dekker, direttore delle comunicazioni societarie
dell'E.C.T., è stato molto chiaro al riguardo: "Checché
se ne pensi, noi continuiamo ancora a considerarci un operatore
terminalistico. Vogliamo solo portare i varchi del nostro terminal
più vicini ai nostri clienti". La società,
perciò, si è attrezzata per costituire una rete
dei propri depositi interni, collegati via chiatta e/o ferrovia".
Altri porti hanno fatto la stessa cosa particolarmente in Germania,
ma non ancora su così larga scala.
L'apripista per lo E.C.T. è stato lo sviluppo di un terminal
interno a Venlo, sul confine tedesco, che era stato realizzato
alcuni anni fa quando il centro distribuzione multi-utente era
stato creato al fine di incrementare i collegamenti trasportistici
con l'Europa centrale. Sebbene non molto ben pubblicizzato a quel
tempo, la società da allora ha istituito un servizio ferroviario
da Rotterdam a Venlo con la NS Cargo, la compagnia ferroviaria
nazionale di Stato. Tra i suoi nuovi programmi di espansione vi
è la costruzione di un terminal fluviale proprio là,
da completarsi nel 2002.
Dato che adesso Venlo si è dimostrato un successo, l'E.C.T.
ha deciso di aprire un terminal fluviale e ferroviario molto più
grande nonché migliore sul Reno, a Duisburg, appena a
nord di Dusseldorf. Più del 40% dei traffici di Rotterdam
è diretto verso la zona vicina del Reno e della Ruhr, di
modo che il terminal è ben piazzato dal punto di vista
strategico. Le attuali infrastrutture terminalistiche del porto
attualmente movimentano più di 130.000 TEU all'anno. Lo
E.C.T. Duisburg sarà il primo terminal interno intermodale
della società interamente di proprietà e sviluppato
autonomamente con sede non nei Paesi Bassi. Una banchina di 360
metri è già stata completata dalla società
di gestione portuale di Duisburg. Lo E.C.T. sta ora costruendo
il proprio terminal contenitori di capacità pari a 100.000
TEU su 5 ettari di terreno adiacente. Il suo completamento era
atteso più o meno per aprile di quest'anno.
Lo E.C.T. subappalterà il trasporto fluviale da Rotterdam
a Duisburg ad un operatore fluviale indipendente ma che si dedicherà
solo a quello, la NPPC, che ci si aspetta fornisca un servizio
giornaliero tra tutti i suoi terminals. I tempi di viaggio per
risalire il fiume saranno di 24 ore, mentre per discenderlo saranno
di 12 ore.
Il trasporto fluviale costituisce una parte importante del sistema
distributivo terrestre di Rotterdam. Il 35% circa del traffico
terrestre dell'E.C.T. viene movimentato in questo modo; l'autotrasporto
ne rappresenta ancora la maggior parte con il 52%, mentre il resto
va per ferrovia.
Oltre a questo terminal, la società ha annunciato nello
scorso mese di novembre di aver deciso di sviluppare un altro
terminal interno transfrontaliero trimodale a Willebroek, situato
strategicamente sul canale Anversa-Bruxelles in Belgio, in prossimità
delle importanti arterie autostradali A12 ed E19.
A differenza di Duisburg, questo terminal sarà sviluppato
secondo una partecipazione al 50% con un fornitore belga di servizi
logistici denominato RCT Verbeke. Noto come TCT Belgio, ci si
aspetta che esso venga ultimato più o meno entro la metà
di quest'anno. Esso avrà una banchina di 120 metri e sarà
costruito su 23 ettari di terra. Ci si aspetta che movimenti circa
10.000 TEU nel suo primo anno. Il trasporto da/per Rotterdam verrà
effettuato per lo più su chiatte.
Contestualmente al processo decisionale relativo a Willebroek,
l'E.C.T. ha altresì acquisito il 53% dell'operatore terminalistico
ceco e slovacco CSKD-Intrans, in partecipazione con la Eurotrafo
e la RMPM. La Eurotrafo è specializzato in trasporto ferroviario
nella Repubblica Ceca ed in Slovacchia.
Anche se il business plan non è stato ancora prodotto,
l'obiettivo di tale investimento è senza dubbio quello
di rafforzare il porto di Rotterdam e la posizione dell'E.C.T.
nel campo del trasporto ferroviario alla volta di entrambi i Paesi.
La CSKD-Intrans ha 11 terminals nella Repubblica Ceca e 6 in Slovacchia
(tra i quali, quelli di Praga e Bratislava).
La questione interessante adesso, per i clienti dell'E.C.T., è
come questa società intende organizzare il trasporto terrestre
da Rotterdam a tutti questi nuovi terminals interni. Dekker è
stato evasivo al riguardo, e per buone ragioni, dal momento che
ciò va a toccare un buon numero di questioni assai delicate.
Da un lato, i clienti della società potrebbero essere suoi
concorrenti. Ad esempio, linee come la Maersk, la Sea-Land e la
P&ON già dispongono di propri servizi intermodali e
potrebbero, perciò, accogliere non tanto favorevolmente
un nuovo soggetto che entra sul mercato quale l'E.C.T.
Non è semplice rispondere a tale domanda, ma Dekker ha
enfatizzato molto un punto particolare: "Non abbiamo intenzione
di competere nell'attività della distribuzione da porta
a porta, od in quella dell'autotrasporto". Continua Dekker:
"Ci interessa solamente movimentare grossi quantitativi di
contenitori fra vari terminals. Oltre alla implicazioni di tipo
commerciale, vi sono vantaggi di natura operativa. I nostri terminals
possono essere sgomberati in modo più efficiente ed il
traffico può essere tolto dalla strada, il che è
un bene per l'ambiente. Se gli armatori, i caricatori o gli spedizionieri
volessero affidarci i loro boxes per la tratta terrestre, allora
noi li accetteremmo con un sovrapprezzo ben definito oltre ai
normali prezzi applicati a Rotterdam".
In altre parole, e come già detto in precedenza, lo E.C.T.
vuole solo definire l'utilizzazione di questi depositi interni
come un'estensione del proprio varco terminalistico, e niente
di più.
Ma, come accennato prima, emergono altri problemi anche se si
segue questa interpretazione limitata, come ad esempio: chi si
occuperà dell'entrata in dogana e dello sdoganamento? Quelle
società logistiche con cui da tempo sono state formate
associazioni (cioè la Eurotrafo e la RCT Verbeke) vedranno
le cose in maniera diversa? Il tempo lo dirà.
Per quanto attiene le pratiche doganali, l'E.C.T. può dire
soltanto che nel caso di Duisburg sono già stati presi
provvedimenti al fine di far sì che vengano applicate ai
carichi in transito a Rotterdam procedure doganali maggiormente
semplificate.
L'E.C.T. non è il solo a cercare di estendere il raggio
d'azione delle proprie operazioni. Come si sapeva sin dalla fine
del 1998, la HHLA di Amburgo ha investito in operazioni terminalistiche
a Lubecca, sulla costa tedesca del Baltico, e non bisogna essere
scienziati spaziali per capire perché. Amburgo è
il principale porto europeo per l'Europa orientale e vuole rimanere
tale. Ha infatti investito anche nella POLZUG, lo specialista
ferroviario per i traffici diretti in Polonia ed in Europa Orientale.
La società ha inoltre appena siglato una lettera d'intenti
congiuntamente alla BLG ed alla LHG (Lubecker Hafengesellschaft)
di Amburgo, al fine di costituire una società di trasporto
terrestre con la Transfracht International. Questa società,
denominata TDCE (Transfracht Deutscher Container Express), ha
intenzione di servire "quale operatore per tutti i trasporti
ferroviari di contenitori marittimi e per i trasporti porto-hinterland
da e per gli scali tedeschi". Come ed in che misura potrà
farlo non è stato detto, ma non vi è dubbio che
l'iniziativa andrà a toccare molti dei punti delicati di
cui si parlava a proposito delle operazioni terrestri dell'E.C.T.,
e forse lo farà in maniera ancor più pesante.
Il prossimo passo dell'E.C.T. nello spiegare le proprie ali al
di fuori di Rotterdam è costituito dalla ricerca di un
impegno in altre operazioni terminalistiche marittime strategiche,
in particolare in quei Paesi in cui la privatizzazione è
ora possibile ed esistono buone connessioni feeder con Rotterdam.
A questo riguardo, è specialmente l'Europa orientale ad
essere considerata un buon potenziale a lungo termine.
A novembre dello scorso anno, la società si è aggiudicata
l'appalto relativo alle trattative con la Klasco, in Lituania,
al fine di vedere se sia possibile raggiungere alla fine un accordo
di collaborazione/vendita . La Klasco è la società
di stivaggio di Stato della Lituania ed è perciò
impegnata nel principale porto di Klaipeda, dove a gennaio di
quest'anno è stato inaugurato un nuovo terminal da 150.000
TEU. Si dice che il porto abbia movimentato nel 1998 circa 36.000
TEU. Tuttavia, le trattative sono state interrotte a causa del
mancato raggiungimento di un accordo su di un prezzo di acquisizione
accettabile. Resta da vedere che cosa accadrà adesso.
L'E.C.T. sta altresì conducendo trattative in ordine ad
un accordo simile con le autorità estoni per le proprie
operazioni terminalistiche a Tallinn. Sia Klaipeda che Tallinn
fungono da significative porte d'accesso per i carichi da e per
la Russia e la Bielorussia.
Secondo Dekker, la terza fase dell'espansione terminalistica dell'E.C.T.
riguarda i porti del Mediterraneo, e non tanto perché essi
siano in concorrenza con Rotterdam o forniscano servizi di connessione
con quest'ultimo, quanto perché la regione viene considerata
matura per l'espansione e la privatizzazione. La società
ha dato inizio a questa fase nel marzo 1998 allorquando ha rilevato
la gestione e la conduzione del terminal Molo VII dall'autorità
portuale di Trieste, a seguito di un lungo processo di privatizzazione.
Per quanto nel Mediterraneo non siano stati annunciati altri piani,
presumibilmente sono in corso altri progetti.
Il terminal di Trieste attualmente movimenta circa 200.000 TEU/anno.
Il vantaggio del porto è che esso serve anche l'Europa
centrale, di modo che condivide molti clienti con l'E.C.T. I tempi
di viaggio dei vettori marittimi da e per l'Asia sono più
rapidi ed i carichi inter-mediterranei sono in aumento.
Tornando alle questioni interne, la parte più importante
dei progetti di espansione dell'E.C.T. dev'essere ancora decisa.
Va molto bene parlare dell'acquisizione di nuovi carichi per il
porto, ma se il porto non è in grado di movimentare altro,
quei discorsi contano poco. Secondo le cifre contenute in uno
studio sui flussi dei carichi elaborato dalla RMPM nello scorso
mese di ottobre, l'E.C.T. si aspetta di saturare la capacità
terminalistica nella penisola di Maasvlakte più o meno
attorno al 2004/2005. Poiché il terminal Delta è
stato inaugurato nel 1984, ciò significa che la sua capacità
massima di 300 ettari sarà raggiunta nel giro di 20 anni.
Lo studio della RMPM è stato giustamente denominato 2020
e prevede che i risultati containerizzati di Rotterdam avranno
raggiunto i 17 milioni di TEU per il 2020, e questo partendo dal
presupposto di una crescita economica solo moderata e che non
si verifichi alcun mutamento nelle quote di mercato.
L'argomento attinente a qualsiasi futura espansione non è
una materia semplice, tuttavia, poiché va a toccare la
possibile definizione del porto quale infrastruttura sociale per
la comunità locale e la nazione olandese. Il porto e l'infrastruttura,
banchina ecc. compresi, ad esempio, sono ancora di proprietà
dell'organismo parastatale RMPM. L'E.C.T., come operatore terminalistico,
si limita ad "affittare" il terreno da quest'ultima,
ed inoltre non è l'unico operatore terminalistico presente
sul posto, sebbene esso movimenti più del 70% dell'attività
containerizzata complessiva del porto (4,38 milioni di TEU su
6 milioni di TEU).
Qualsiasi altro progetto di espansione portuale, perciò,
richiede un'approvazione da parte del governo sia municipale che
nazionale e, allo scopo di conseguire ciò, tutti e due
gli organismi devono decidere se la crescita pianificata è
giustificata e - in secondo luogo - il governo nazionale deve
decidere se l'espansione di un altro porto non costituisca cosa
migliore. Il progetto è già arrivato a quest'ultimo
stadio, ma - come accennato da Dekker - è assai improbabile
che sia preferita l'espansione di un altro porto in Olanda.
Dal momento che a Rotterdam non vi sono altri terreni disponibili,
l'E.C.T. vorrebbe allargare la propria infrastruttura del terminal
Delta nel Mare del Nord a partire dal lato occidentale dell'attuale
penisola Maasvlakte. Gli olandesi, d'altro canto, non sono nuovi
ad imprese di questo genere.
L'E.C.T. ha proposto un progetto notevole al ministero dei trasporti,
secondo cui 17 km di dighe e 12 km di dune sabbiose circonderebbero
una laguna interna di circa 4.000 ettari confinante con l'area
dell'attuale terminal Delta. Il sito verrebbe poi colmato di terra
quando se ne presentasse la necessità.
Un pregio del progetto è che esso riconosce il grado d'incertezza
che inevitabilmente circonda qualsiasi progetto a lungo termine
di questo tipo. Ad esempio, allorquando venne sviluppata per la
prima volta l'attuale penisola Maasvlakte, la capacità
era stata adeguata alle esigenze di un'acciaieria e di un impianto
chimico, nessuno dei quali è mai stato realizzato. Il progetto
dell'acciaieria ha dovuto essere abbandonato a causa della crisi
dell'acciaio negli anni '80, mentre l'impianto chimico non è
stato poi costruito a causa delle successive obiezioni di natura
ambientale. Come afferma Jos Dekker, "all'inizio là
c'era il deserto a causa della cancellazione di quei progetti,
ed in seguito tutti sono stati felici che ci fosse".
Un'altra parte innovativa della proposta dell'E.C.T. è
stata il fatto che l'intero progetto per la prima volta è
stato finanziato sia dal settore pubblico che da quello privato.
Come detto poc'anzi, tutte le infrastrutture portuali, tra cui
le dighe e le banchina, finora sono state finanziate dallo Stato.
Lo E.C.T., tuttavia, propone che esso investa nel riempimento
del mare e nella costruzione delle banchine. L'argomentazione
è che siccome l'area verrà utilizzata solamente
da un numero limitato di imprese, a differenza - poniamo - di
una strada che ha molti utenti diversi, a quelle stesse imprese
dovrebbe essere consentito di condividere il rischio e - naturalmente
- i guadagni. Lo E.C.T. ha perciò messo assieme un consorzio
d'investimento di cui fanno parte - oltre al terminal medesimo
- il gigante creditizio ed assicurativo olandese ING ed il gruppo
specialista in dragaggi Ballast Nedam.
Concludendo, si potrebbe dire che senz'altro al momento attuale
all'E.C.T. l'immaginazione non manca, al punto tale che si potrebbe
essere scusati se si pensasse che anche la proposta di vendita
della società sia stata ispirata dalla sua dirigenza. Dopo
tutto, la HPH non è estranea all'espansione del terminal
contenitori ed è notorio che condivida molte delle stesse
opinioni dell'E.C.T. Inoltre, com'è stato dimostrato in
altri Paesi, essa dispone con tutta evidenza dei mezzi e della
volontà di metterle in pratica, di modo che ha posto gli
occhi su questi spazi. E' chiaro quindi che lo E.C.T. e certi
altri operatori terminalistici vogliano spiegare le ali.
(da: Containerisation International, marzo 1999)
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