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Damanaki: con la Blue Economy possono essere creati 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro in Europa
Incontro a Roma sull'economia del mare organizzato da Federpesca e dalla Federazione del Mare
5 dicembre 2013
«La sostenibilità è un elemento chiave della politica marittima dell'UE. Se sfruttati in modo sostenibile, i nostri mari e oceani hanno un potenziale enorme per promuovere l'innovazione, contribuendo alla crescita blu in tutta Europa. Le nostre stime sono che potremmo creare quasi un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro in Europa entro il 2020». Lo ha detto oggi Maria Damanaki, commissario europeo per gli Affari marittimi e la pesca, partecipando all'iniziativa “Una strategia europea per la Blue Economy, condizioni per la Crescita Blu nel Mediterraneo”, organizzata da Federpesca e dalla Federazione del Mare, che si è tenuta a Roma presso la sede di Confitarma.
«La posta in gioco - ha proseguito Maria Damanaki - è alta. Se ci riusciremo, trarremo profitto da oceani e mari in salute che possono creare posti di lavoro interessanti e sostenibili per i nostri giovani. Se non lo facciamo, potremmo mettere questa preziosa risorsa a rischio e l'UE non seguirà la strada che porta nella nuova economia blu». «Tutti gli aspetti dell'economia europea - ha rilevato - sono essenziali per fronteggiare le difficoltà di questa fase di crisi e la Blue Economy presenta notevoli opportunità di crescita economica sostenibile nei settori marittimi, sia affermati sia emergenti. Innovazione e dinamicità caratterizzano al meglio questi ambiti dell'economia europea». Secondo Maria Damanaki, «la crescita blu deve partire dalle istituzioni e dagli Stati membri per arrivare alle regioni e alle piccole e medie imprese: lavorare insieme, per superare le sfide attuali e assicurare un utilizzo produttivo e sostenibile di quanto i nostri mari e le nostre coste offrono». «“L'Italia - ha sottolineato Maria Damanaki - può fare molto con i suoi 8.000 chilometri di coste e le sue tradizioni mediterranee. Nel corso del 2014, Grecia e Italia si alterneranno alla presidenza dell'UE e ciò consentirà di lavorare su base annuale per progetti concreti. Per questo sono molto felice che il 2014 sia l'anno del Mediterraneo».
Il cluster marittimo italiano - ha ricordato Corrado Antonini, presidente d'onore della Federazione del Mare, aprendo i lavori - è sempre stato favorevole alla politica di Blue Economy e Blue Growth adottata dall'Unione Europea, in un'ottica “olistica” che consideri lo sviluppo di tutte le differenti realtà legate al mare: turismo, ambiente, ricerca, pesca, nautica e, naturalmente, trasporto. Antonini ha poi affermato che «la politica europea di sviluppo della Blue Economy deve tenere in debito conto questa complessa realtà, che riguarda peraltro tutti gli Stati europei: è in particolare importante - ha chiarito - che le normative rivolte al settore corrispondano nei modi e nei tempi a quelle adottate a livello internazionale, affinché non si determinino situazioni di minore competitività delle imprese europee che finirebbero per rivelarsi controproducenti».
Ricordando che il cluster marittimo italiano contribuisce all'economia e all'occupazione nazionale con una produzione annuale pari a 40 miliardi di euro e circa 480.000 addetti tra diretti e indiretti, Luigi Giannini, vicepresidente di Federpesca con delega a internazionalizzazione, filiera ittica e innovazione, ha evidenziato che «la Blue Economy offre importanti opportunità di azione per la crescita: incoraggiare gli investimenti, garantendo prevedibilità, trasparenza e norme più chiare per contribuire a rafforzare lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e delle relative reti; valorizzare zone marine protette e agevolare investimenti; accrescere il coordinamento tra le amministrazioni nelle singole regioni, attraverso l'uso di un unico strumento per conciliare lo sviluppo delle attività marittime, ottenendo così maggiore semplicità e costi più contenuti; incrementare la cooperazione transfrontaliera; proteggere l'ambiente, tramite l'individuazione precoce dell'impatto e delle opportunità per un uso polivalente dello spazio; promuovere la ricerca e l'innovazione. E in questo contesto - ha concluso Giannini - il comparto della pesca e dell'acquacoltura riuscirà a trovare risposte chiare e concrete per una sfida importante, che vede le imprese tutte impegnate: occorre però che nel Mediterraneo sia assicurata un'uniformità di regole tra operatori europei e non europei».
Anche Andrea Orlando, ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, ritiene che sia necessario guardare al mare, non solo dal punto di vista della tutela ambientale, ma anche come un bene economico: scambi, numeri e attese di crescita occupazionali lo confermano. Il tema della sostenibilità, deve essere un elemento qualificante per un progetto di sviluppo, quello della Blue economy e della Blue growth strategy, che si basa sulla valorizzazione di tutti i fattori della risorsa mare. Il ministro ha anche ricordato che la strategia di crescita blu si inserisce nel quadro delle politiche dell'Unione Europea volte a incentivare le attività economiche legate al sistema-mare, e a promuovere la crescita sostenibile nel rispetto dell'ambiente marino e della biodiversità. In questo contesto è importante il tema della transizione, cioè il processo di cambiamento che pesa sulle singole imprese e che con idonee politiche industriali devono essere aiutate a sviluppare nuovi modelli produttivi per adeguarsi alle nuove esigenze di sostenibilità. Il ministro Orlando ha concluso il suo intervento lanciando l'idea di una conferenza nazionale sul mare, di cui l'Italia si fa promotrice anche per lo sviluppo di nuovi sistemi di relazione con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo.
Guido Milana, europarlamentare membro della Commissione Pesca del Parlamento europeo, ha sottolineato l'esigenza che l'Italia si adegui al più presto ai modelli di pianificazione spaziale marittima introdotti ormai da tempo dall'Unione Europea, essenziali per ottenere risultati. Inoltre, con riferimento alla pesca marittima, secondo Milana è importante guardare alle politiche da attuare in termini dinamici e non di pura conservazione degli stock ittici: guardare al mare non solo come una miniera da cui prelevare, ma come a un grande campo da coltivare. Anche secondo l'europarlamentare c'è un urgente problema di governance: le attività marittime in Italia - ha precisato - fanno capo a ben sette ministeri mentre negli altri Paesi europei la rilevanza del settore è riconosciuta con enti istituzionali dedicati e quindi in grado di gestire in modo efficiente le diverse attività produttive riferite al mare.
Sono intervenuti alla successiva tavola rotonda intitolata “L'uso sostenibile delle risorse marine”, coordinata da Carlo Lombardi, segretario generale della Federazione del Mare: Fabio Trincardi, direttore dell'ISMAR - CNR e responsabile del progetto RITMARE; Raffaele Rinaldi, capo dipartimento Credito dell'ABI; Giuseppe Balzano amministratore delegato Cons.A.R., Consorzio armatori italiani per la ricerca; Pierpaolo Campostrini, membro consiglio del programma congiunto Iniziativa per gli oceani e i mari; Paolo Lotti, direttore generale Assonave; Andrea Garolla di Bard, presidente Giovani Armatori di Confitarma; Enrico Maria Pujia, direttore generale della Navigazione - Ministero delle Infrastrutture e Trasporti; l'ammiraglio Osvaldo Brogi, in rappresentanza dello Stato Maggiore Marina Militare; l'ammiraglio Felicio Angrisano, comandante generale delle Capitanerie di Porto - Guardia Costiera.
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