In attesa che venerdì prossimo il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, presenti, come annunciato dallo stesso componente del governo, la proposta dell'esecutivo per una riforma del sistema portuale italiano, Marco Filippi, capogruppo per il Partito Democratico in Commissione Trasporti e Infrastrutture del Senato, puntualizza qual è lo stato dei lavori parlamentari sul tema e qual è la posizione della propria parte politica. «La chiara volontà di dare risposte concrete espressa con la scelta della procedura abbreviata in Commissione Trasporti e Infrastrutture del Senato per l'esame della legge di riforma sui porti, ormai all'approdo alla Camera - chiarisce il senatore - da novembre scorso è in stallo in conseguenza delle dichiarazioni del ministro Lupi. La Commissione - precisa Filippi - non ha potuto proseguire i lavoro di licenziamento del testo del disegno di legge in esame che sarebbe stato di orientamento completamente diverso da quello del ministro, come egli ha più volte dichiarato senza tuttavia tradurlo in atto concreti».-
- Filippi specifica che in questi mesi «con gli esponenti PD della Commissione Trasporti della Camera, l'onorevole Tullo e il presidente Meta, e la responsabile nazionale del settore, la presidente Serracchiani, ci siamo impegnati in un lavoro di riallineamento delle posizioni tra governo, parlamento e forze politiche di maggioranza», ciò - spiega - «nell'assoluta consapevolezza che una riforma della portualità non si fa se non con il consenso più ampio possibile degli interlocutori e di certo non con la contrarietà del governo».
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- «Le questioni più divisive, oggetto di serrato confronto sul tavolo ministeriale - rileva il senatore del Partito Democratico - sono essenzialmente tre: la definizione di uno strumento di pianificazione ministeriale e di governo del sistema della portualità italiana; la classificazione portuale e il numero delle relative autorità; l'integrazione logistica portuale, che a mio modo di vedere, costituisce la vera riforma della portualità italiana. Per recuperare la competitività necessaria ai nostri scali - sottolinea Filippi - riteniamo essenziale che il sistema portuale italiano disponga di uno strumento di pianificazione e di governo nazionale in grado di selezionare priorità e indicare specifiche missioni in una visione di sistema, superando frammentazioni, divisioni e duplicazioni, che sappiamo tutti essere dispersive e implosive. A nostro modo di vedere, il futuro Piano Nazionale della Portualità e della Logistica dovrà rispondere principalmente a questo scopo. Superando la mera ricognizione delle opere necessarie, esso dovrà essere inserito a pieno titolo nella disciplina della legge obiettivo e ricompreso, in una specifica sezione dell'allegato infrastrutture, al documento di economia e finanza approvato ogni anno dal parlamento».
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- «Sulla classificazione portuale - aggiunge il senatore - abbiamo condiviso che il nostro sistema abbia un ancoraggio programmatorio e regolamentare solido, recependo quanto individuato dall'Unione Europea, che identifica per il nostro Paese 14 porti appartenenti alla rete Core o centrale e 25 porti alla rete Comprensive o periferica. In questo senso, abbiamo ritenuto condivisibile che tutti i 39 porti in questione avessero comunque un analogo regime normativo e regolamentare, indipendentemente dalla natura del livello di governo. Abbiamo ritenuto comprensibile che anche il settore della portualità non sia estraneo al regime della "spending review", ma alla condizione che comunque ne sia contestualmente garantito un nuovo modello di sviluppo e di crescita. Semplificare e razionalizzare si può e si deve anche per i porti, ma questo processo non può essere disgiunto da un processo di crescita e di rilancio della portualità … altrimenti sono solo tagli!»
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- Inoltre Filippi evidenzia la necessità di «superare il problema dell'indisponibilità di adeguate risorse pubbliche che nel passato hanno finanziato la portualità con leggi di settore. Il rilancio e lo sviluppo dei nostri porti - osserva - è possibile in forme nuove e inedite di integrazione tra portualità e logistica, che liberano e favoriscono l'apporto anche di risorse private, unitamente alla previsione dell'autonomia finanziaria dei porti, da sempre ritenuta il pilastro di un'effettiva riforma. Qui i nodi con il governo in effetti sono ancora tutti da sciogliere, ed oggi è più che mai necessario che tutto il settore in tutte le sue componenti non ceda alle congetture fantasiose di chi forse guarda le cose come dal buco della serratura, dando più importanza a quello che immagina piuttosto che a quello che è. Ci sono certo differenze che non sono semplicemente semantiche tra la logica dei distretti logistici, avanzati dal ministero e decretati dall'alto, e quanto noi riteniamo sia invece da privilegiare, e cioè una costruzione dal basso dei sistemi logistici portuali. Infatti, noi siamo convinti che solo un approccio dal basso permetta la flessibilità sufficiente e capace di generare forme di parternariato pubblico-privato, strutturate direttamente sui flussi delle merci con sistemi di integrazione logistico portuale non necessariamente omogenei territorialmente. Avulsi e rigidi quadranti geografici o amministrativi non possono generare tutto ciò».
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- Precisando che « non sono stati oggetto di confronto temi quali le concessioni, il regime doganale delle merci e la manodopera portuale», Filippirende noto tali proposte del Partito Democratico sono state presentate al ministro dopo averle rappresentate in una riunione promossa dal PD il primo aprile scorso di fronte a soggetti rappresentativi del cluster marittimo portuale e logistico.

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