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Trasportounito denuncia che le politiche italiane per l'autotrasporto tengono conto solo delle casse dello Stato
L'ecologia - sottolinea l'associazione - troppo spesso viene interpretata come un mantra, mentre maschera interessi particolari
30 settembre 2020
Trasportounito protesta perché da domani in Italia i veicoli industriali motorizzati euro 3 non potranno più recuperare una parte delle accise sul gasolio acquistato - pari a circa 214 euro per mille litri di carburante, ha specificato l'associazione sindacale - e perché medesima sorte toccherà agli euro 4 dal prossimo gennaio nonostante gli appelli ad un rinvio delle misure al post-Covid e a ricorrere alla gradualità del rimborso.
Secondo Trasportounito, ciò avviene «all'insegna di un'ecologia che troppo spesso viene interpretata come un mantra, mascherando interessi particolari che sovente, solo in Italia, trovano facile ospitalità. Non lontano dai nostri confini - ha evidenziato l'associazione - un Paese come la Francia, attraverso l'ultima circolare (3 giugno 2020) in materia di recupero parziale della Ticpe (accisa francese), ha dato indicazioni diametralmente opposte prevedendo che l'erogazione del beneficio non sia vincolato ad alcun tipo di classificazione dei veicoli industriali e quindi non escludendo i veicoli ritenuti più inquinanti».
«In Francia - ha rilevato il segretario generale di Trasportounito, Maurizio Longo - prevale quindi il concetto di competizione sana fra imprese e proprio questo approccio porterebbe a suggerire alle aziende italiane che si trovano in difficoltà, e che pertanto non dispongono di adeguata finanza per il ricambio veicolare, ovvero di garanzie contrattuali in un mercato sempre più sregolato legislativamente e sempre più povero produttivamente, di stabilire la loro sede in Francia, in assoluto il Paese comunitario che, nell'autotrasporto delle merci, si è dotato delle migliori pratiche legislative».
Trasportounito ha denunciato che in tal modo, «paradossalmente, mentre si chiudono i rubinetti alle imprese italiane, quelle comunitarie che vengono in Italia, sostenute fiscalmente nei propri Paesi, e quindi con un parco veicolare più recente, incassano le nostre accise».
L'associazione ha evidenziato che «lo scenario che si profila in Italia è quello di oltre 200mila veicoli industriali, attualmente circolanti, costretti a pagare le conseguenze di norme distorsive, e a cercare qualsiasi tipo di compensazione. Una missione quasi impossibile per i più che rischiano di chiudere o di ridimensionarsi drasticamente per ottemperare alle norme di una distorta competizione sul mercato e di un ulteriore abbassamento degli standard di sicurezza stradale».
«Se il risultato finale consiste nella diminuzione dello “0 virgola qualcosa” delle emissioni Pm10 (su 5,7 milioni di veicoli in circolazione) e nell'aumento del tasso di incidentalità con ulteriore degrado dell'autotrasporto italiano - ha concluso Trasportounito - si può dedurre, anche in questa circostanza, che si scrive “ecologia” ma si legge “convenienza economica”, in questo caso a favore di uno Stato che dimostra di privilegiarle sempre e comunque anche quando in ballo c'è il degrado di un intero comparto economico».
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