L'Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno
Meridionale e Ionio, gli operatori del porto di Gioia Tauro, gli
enti locali e i sindacati hanno sottoscritto un manifesto in cui
rivolgono un appello al governo centrale e a quello regionale, alle
altre istituzioni e alle rappresentanze delle imprese e dei
lavoratori affinché venga scongiurato l'impatto negativo che
la direttiva europea sulle emissioni prodotte dal trasporto
marittimo, che entrerà in vigore il prossimo primo gennaio,
potrà avere sull'attività del porto calabrese.
Nel manifesto ci si chiede se ciò comporterà la
chiusura di Gioia Tauro e se «riusciranno le istituzioni e la
politica italiana a far cambiare tempistica alla UE che, nell'ambito
del pacchetto “Fit For 55” che impone la riduzione delle
emissioni in atmosfera anche in ambito marittimo, ha varato la
direttiva n. 2023/959 ETS, che impone agli armatori di compensare
annualmente le emissioni inquinanti prodotte».
Nel documento, sottoscritto, oltre che dall'AdSP, da Medcenter
Container Terminal, Automar, Comune di Gioia Tauro, Comune di San
Ferdinando, Cgil e Filt-Cgil, Cisl e Fit-Cisl, Uil e Uiltrasporti,
Ugl Calabria e Ugl Mare e Porti, Coordinamento Portuali SUL, OR.S.A.
Mare e Porti, SILPA e De Masi Industrie Meccaniche, i firmatari
evidenziano di temere «che Gioia Tauro possa nel volgere di
qualche mese essere a rischio chiusura, o quanto meno a rischio di
una drastica riduzione di occupazione e investimenti, causa il nuovo
sistema di tassazione che potrebbe verosimilmente indurre le linee
di navigazione a spostare i traffici in scali extra-europei. Il
pericolo - sottolineano - è veramente imminente, le
avvisaglie le stiamo già leggendo sulla stampa di settore e
la mancanza di concreta sensibilità su questo tema
preoccupa».
«Il porto di Gioia Tauro, il più grande d'Italia
per transhipment che quest'anno si appresterà a segnare il
record della movimentazione dei container nella sua storia breve ma
intensa - prosegue il manifesto - potrebbe ritornare ad essere un
deserto, con le gru smontate e le navi dirette verso scali
competitors che si trovano nei paesi del Nord Africa, dove la
direttiva UE non verrebbe applicata o si applicherebbe solo in
parte, in ogni caso garantendo ai porti extra-europei un vantaggio
competitivo notevole».
«Difendere l'ambiente dai cambiamenti climatici in corso -
specificano i firmatari - è un dovere delle nazioni e degli
uomini, ma occorre farlo tutti insieme riavviando il nastro delle
azioni da intraprendere con la massima responsabilità. Perché
non si possono accettare drastici provvedimenti in Europa per
inquinare meno e nessun provvedimento negli scali direttamente
concorrenti a quelli europei, ubicati sull'altra sponda del bacino
del Mediterraneo. Accettare tutto ciò significherebbe non
solo non raggiungere gli obiettivi prefissati in Europa, ma chiudere
gli occhi davanti a provvedimenti illogici e irrazionali, con
conseguenze devastanti sul piano economico, occupazionale e
soprattutto su quello delle potenzialità logistiche
dell'Italia e dell'Europa».
«Quello che rappresenta il porto di Gioia Tauro oggi -
prosegue il documento - è sotto gli occhi di tutti: quasi
4mila addetti tra diretto ed indotto, quasi il 50% del Pil privato
calabrese, la più grande piattaforma logistica dell'Italia e
dell'Europa meridionale, uno dei più grandi hub portuali del
Mediterraneo. Penalizzare gravemente un porto in pieno rilancio come
Gioia Tauro significherebbe affossare la Calabria ed il Mezzogiorno
ed indebolire il Paese intero. E sosteniamo come su questa
drammatica prospettiva l'attenzione debba rimanere altissima».
«Ecco perché - spiegano i sottoscrittori - lanciamo
un nuovo appello al governo nazionale, al presidente della Regione,
che si è espresso tra l'altro con estrema chiarezza, al
Consiglio regionale calabrese, a tutte le istituzioni calabresi,
alle organizzazioni sindacali, ai sindaci, alle organizzazioni di
categoria, ai lavoratori che al porto vi lavorano, al sistema delle
imprese ad aumentare l'impegno per scongiurare la fine di
un'infrastruttura strategica per il futuro della Regione dove si
registra la percentuale di disoccupazione più alta d'Italia,
con le ferite dell'emigrazione che vede migliaia di giovani andare
via ogni anno da questa terra. Fughe per bisogno e per necessità
che impoveriscono la vita e l'esistenza dei nostri territori.
Lanciamo infine un appello alla deputazione parlamentare, ai
sindacati, agli uomini di cultura, agli economisti, affinché
ognuno nel proprio ruolo intensifichi l'impegno per la difesa del
porto di Gioia Tauro e per una difesa più organica e
credibile dell'ambiente».
«Noi - concludono i firmatari - davanti a questi scenari
apocalittici non possiamo tirarci indietro nel ricercare soluzioni
migliori, nel rispetto della transizione energetica, che peraltro
non mancano: l'Autorità di Sistema Portuale le ha
sommariamente indicate al governo ed alle istituzioni europee. Ad
esempio, dare le medesime regole ai porti mediterranei che giocano
la medesima partita, avendo la medesima vocazione al transhipment.
Oppure la previsione per i porti europei a vocazione transhipment,
ma anche per i traghetti di continuità territoriale, di
meccanismi di tutela in deroga alla direttiva che prevedano una
detassazione ai settori esposti al rischio di delocalizzazione».
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