
Navi e imbarcazioni, nonostante i controlli, continuano ad
inquinare le acque dell'Unione Europea. Lo denuncia una una
relazione della Corte dei Conti Europea pubblicata oggi che rileva
come, nonostante la normativa dell'UE mostri miglioramenti e sia a
volte più rigorosa delle norme internazionali, la sua
applicazione da parte dei 22 Stati membri costieri dell'Unione sia
lungi dall'essere soddisfacente. Le azioni volte a prevenire,
affrontare, monitorare e sanzionare i vari tipi di inquinamento
provocato dalle navi - ha evidenziato la Corte - non sono
all'altezza del compito.
In particolare, la Corte avverte che vi sono anche lacune che
l'UE deve ancora colmare, specie per quel che riguarda i rischi di
inquinamento. Ad esempio - spiega la relazione - è ancora
possibile per gli armatori eludere l'obbligo di riciclo dei
materiali delle navi scegliendo una bandiera di uno Stato non-UE
prima di procedere con lo smantellamento della nave. Una pratica che
è stata denunciata dalla Commissione Europea che nei giorni
scorsi ha pubblicato una nuova valutazione del regolamento europeo
sul riciclaggio delle navi
(
del 3
marzo 2025). I dati - ha sottolineato la Corte dei Conti Europea
- parlano da soli: nel 2022 una nave su sette nel mondo batteva
bandiera di uno Stato dell'UE, ma tale cifra scendeva del 50% per il
parco navi a fine ciclo di vita.
Inoltre, la Corte ha rilevato che anche le norme UE sui
container persi in mare sono tutt'altro che a tenuta stagna non
essendovi innanzitutto garanzia che tutte le perdite siano
dichiarate, per non parlare poi del limitatissimo numero di
container che vengono recuperati.
La Corte ha poi osservato che i paesi dell'UE sottoutilizzano
strumenti quali ad esempio una rete di navi pronte a intervenire in
caso di sversamenti di idrocarburi oppure il rilevamento tramite
droni, dei quali l'UE li ha dotati per aiutarli a combattere
l'inquinamento provocato dalle navi. Un esempio - ha specificato la
Corte - è il sistema europeo di sorveglianza satellitare per
il rilevamento di chiazze di idrocarburi (CleanSeaNet), che consente
la sorveglianza e il rilevamento precoce di possibili casi di
inquinamento. Nel periodo 2022-2023 tale sistema ha individuato in
totale 7.731 possibili sversamenti nei mari dell'UE, per lo più
in Spagna (1.462), Grecia (1.367) e Italia (1.188). La Corte ha però
constatato che gli Stati membri si sono attivati per meno della metà
di queste segnalazioni, confermando l'inquinamento solo nel 7% dei
casi, anche a causa del tempo trascorso tra l'acquisizione
dell'immagine satellitare e l'effettivo controllo dell'inquinamento.
La Corte ha inoltre rilevato che le autorità degli Stati
membri non conducono sufficienti ispezioni preventive delle navi e
che le sanzioni per gli inquinatori restano miti. Coloro che
scaricano illegalmente in mare sostanze inquinanti sono raramente
soggetti a sanzioni efficaci o dissuasive e l'azione penale è
rara. Analogamente, pochi Stati membri segnalano violazioni relative
al recupero di attrezzatura da pesca abbandonata, persa o dismessa.
Dall'audit è emerso che l'UE ha difficoltà a
monitorare l'inquinamento provocato dalle navi e l'effettivo
ammontare di sversamenti di idrocarburi, di sostanze contaminanti e
di rifiuti marini provenienti dalle navi resta sconosciuto, così
come non si conosce l'identità di chi inquina.
La Corte ha concluso quindi che né la Commissione Europea
né gli Stati membri monitorano appieno l'utilizzo dei fondi
europei per contrastare l'inquinamento delle acque marine né
dispongono di una visione d'insieme dei risultati effettivamente
ottenuti, né delle modalità con cui questi ultimi
potrebbero essere replicati su scala più ampia.
«L'inquinamento marino provocato dalle navi - ha affermato
Nikolaos Milionis, il membro della Corte responsabile dell'audit -
continua ad essere un grave problema e, nonostante una serie di
miglioramenti negli ultimi anni, l'azione dell'UE non è
realmente in grado di tirarci fuori dalle cattive acque. In effetti
si stima che più di tre quarti dei mari europei abbiano un
problema di inquinamento e, dunque, l'ambizioso obiettivo di
raggiungere un inquinamento zero per proteggere la salute delle
persone, la biodiversità e gli stock ittici non è
ancora in vista».