- SPEDIPORTO
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Associazione Spedizionieri Corrieri e Trasportatori di Genova
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- ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI
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GENOVA, 25 MARZO 2013
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- RELAZIONE MORALE
DEL CONSIGLIO DIRETTIVO-
- SESSIONE PUBBLICA
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- “Economia e mare...la logica è
FARE”
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- Palazzo Borsa Valori, Sala delle Grida- Camera di Commercio di
Genova
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- Signore e Signori, Gentili Ospiti ed Autorità
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- permettetemi di rivolgere a Voi tutti, da parte del Consiglio
Direttivo e dei Soci della Spediporto, un sincero ringraziamento per
aver voluto, anche quest'anno, partecipare così numerosi alla
nostra Assemblea annuale. Elemento questo che penso testimoni il
forte legame radicatosi tra la nostra categoria ed il mondo delle
istituzioni, delle imprese, del lavoro, del porto, in una parola:
della città di Genova.
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- Un ringraziamento particolare va alla Camera di Commercio per
averci ospitato in questo meraviglioso e prestigioso contesto del
Palazzo della Borsa dove Spediporto celebrò nel 2006, con la
mostra “Gli Spedizionieri e le loro merci, Genova ed il suo
Porto”, i sessant'anni della sua costituzione e dove,
auspichiamo, possa tornarsi in futuro a celebrare altri importanti
traguardi.
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- Dopo la grave crisi che ha investito l'economia mondiale nel
biennio 2008-2009 e la ripresa del 2010, la spinta propulsiva di
recupero dell'economia mondiale è andata progressivamente
affievolendosi nel corso del 2011, sino a perdersi nel 2012.
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- Nella seconda meta del 2012 l'andamento dell'economia mondiale è
rimasta debole, ed anche nel 2013 la ripresa, a detta degli analisti
internazionali, rimarrà fragile e caratterizzata da un'ampia
eterogeneità tra aree e paesi. Solo nel 2014 si vedrà,
con ogni probabilità, un'espansione del prodotto mondiale.
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1Vedasi Banca d'Italia,
Bollettino Economico n. 71, Gennaio 2013
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- Secondo le più recenti stime dell'OCSE il prodotto
mondiale, che nel 2012 avrebbe rallentato in media del 2,9 per
cento, nell'anno in corso dovrebbe segnare un recupero al 3,4 per
cento. Elemento caratterizzante tutte le analisi è il fatto
che la crescita si espanderebbe a livelli e ritmi diversi nelle
varie economie: dal 2 per cento negli Stati Uniti, a poco meno di un
punto percentuale in Giappone e nel Regno Unito, a fronte di un
nuovo ristagno nell'area euro. Nelle principali economie emergenti
la dinamica del prodotto sarà di più vivace
rafforzamento rispetto al 20121.
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- Il PIL dell'area euro ha conservato per tutto il 2012 il segno
negativo risentendo dell'evoluzione negativa della domanda interna
in flessione già nella seconda metà del 2011.
L'interscambio con l'estero ha invece continuato a fornire un
contributo positivo con un incremento delle esportazioni dello 0,9
per cento.
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- La fase recessiva della economia italiana ha seguito l'andamento
europeo, nel secondo semestre dello scorso anno, attenuandosi solo
verso la fine del 2012. Allo stato non emergono ancora segnali di
una inversione ciclica nei mesi iniziali del 2013. La produzione
industriale, importante termometro per chi come gli spedizionieri
internazionali offrono servizi di trasporto e logistica, ha
continuato a contrarsi, sebbene a ritmi meno intensi nella seconda
metà del 2012.
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- Il clima di generale incertezza, la contrazione dei consumi ed
il rallentamento di gran parte delle economie mondiali ha fatto
sentire tutto il suo peso anche nel settore dello shipping e delle
spedizioni.
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2Vedasi sul punto le stime
pubblicate da Alphaliner nel Monthly Monitor January 2013, pagg.
21-22
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- A testimoniarlo sono i dati forniti dallo Shanghai Container
Freight Index dove, con riferimento al bacino del Mediterraneo,
viene evidenziato un ulteriore rischio di contrazione, per il
prossimo semestre, delle rate di nolo sia Container Freight che
Forward.2
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3Vedi “Sailing in a Sea of
Red”. The AlixPartners Container Shipping Study. October 2012.
- 4Vedasi l'articolo apparso su
Capo Horn n. 02-201 3, a cura di Camilla Conti, dal titolo “Allarme.
Mine in Mare”. Nell'articolo viene altresì evidenziato
come ad oggi le prime dieci banche tedesche hanno in portafoglio 98
miliardi di prodotti finanziari legati allo shipping. Secondo la
Reuters la causa scatenante della richiesta della BaFin (autorità
di di controllo del sistema bancario tedesco) sarebbe stato
l'annuncio di HshNordbank di voler riconsiderare i numeri delle
perdite generate dai derivati sullo shipping.
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- Ma non solo. La contrazione della domanda di stiva ha innescato
sia un crollo della quotazione dei noli che pericolosi meccanismi di
natura finanziaria evidenziati in un recente studio dalla Alix
Partners3 dove, analizzando la rincorsa delle grandi
compagnie armatoriali agli ordini di nuovo naviglio, se ne evidenzia
l'enorme indebitamento a fronte di un mercato che vuole le navi
viaggiare con il 60% della capacità utilizzata.
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- Si pensi che nel 2012 sono entrate in servizio ben 59 nuove navi
da più di 10.000 teu di capacità.
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- Nel 2011 le perdite delle compagnie marittime sono state stimate
in 6 miliardi di dollari e l'indebitamento è raddoppiato
rispetto al 2007 toccando i 90 miliardi di dollari (escluse le
perdite operative).4 Dati questi che hanno cominciato a
preoccupare il settore bancario fortemente esposto.
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5Confetra, Nota Congiunturale sul
trasporto merci- Anno XVI N° 1 - Febbraio 2013
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- I dati congiunturali sul trasporto delle merci in Italia
confermano il trend negativo del settore sebbene in misura inferiore
rispetto al calo registrato nel corso del 2011. Si registra infatti
una riduzione dei volumi in tutti i comparti del trasporto (fatta
eccezione per il settore dei courier e delle spedizioni via mare
trascinate dall'export) in particolare: -5,6 per cento del traffico
ferrovia (Tonnellate/Km); -4,9 per cento del traffico aereo
(tonnellate); -4,1 per cento delle rinfuse e -7,4 per cento del
traffico ro-ro per quanto concerne il traffico via mare.5
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- Pesanti e preoccupanti anche i dati sui tempi medi di pagamento
che, nel settore del trasporto, salgono a 87 giorni, con punte che
superano i 120 giorni, ed ancor più negativi i dati legati
alle insolvenze rispetto al fatturato che crescono del 6,1 per
cento. Sempre più difficile, soprattutto per le aziende poco
capitalizzate, l'accesso al credito.
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6“Legalità
Concorrenza e Sicurezza per l'Autotrasporto Italiano”.
Confetra, Roma 13 Febbraio 2013.
7Nel caso poi di Genova
l'importanza dello sviluppo del porto per il futuro della città
è forse ancora più evidente che in altre parti
d'Italia. Nella nostra città circa il 18% della popolazione
residente trae la propria fonte di reddito dal Porto ed al dato che
quasi il 30% dell'intera forza lavoro della Provincia di Genova è
impiegata in attività portuali o del suo indotto. Se
proiettiamo queste percentuali in un'ottica di sviluppo e rilancio
reale dell'economia marittima, potremmo così arrivare ad
immaginare i riflessi occupazionali e sul reddito che potrebbero
prodursi.
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- Nonostante un quadro generale a tinte fosche, in Italia i
servizi alla merce, catalogati genericamente sotto la voce
logistica, quotano oggi circa 200 miliardi di euro, rappresentando,
a dati 2012, il 13% del PIL.6 Tra dipendenti diretti,
indiretti ed indotto allargato, questi servizi danno lavoro ad 1
milione di persone.7
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- Ciononostante in Italia si continua ad ignorare colposamente
l'importanza del settore della logistica, a sottovalutarne le
capacità di sviluppo, in una parola, a non fare quello che si
deve per sostenerlo adeguatamente. L'Italia dunque sta a guardare
mentre in tutte le principali economie del mondo si scommette ed
investe in infrastrutture, in economia del mare e logistica, per
sostenere sviluppo ed occupazione.
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- Tutto questo si manifesta con assoluta chiarezza comparando e
confrontando ciò che avviene e ciò che si fa nelle
principali economie mondiali rispetto a quanto riusciamo a non fare
in Italia.
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- Chi ha più investito nel settore delle infrastrutture e
del trasporto, chi maggiormente ha creduto nelle potenzialità
della logistica, ha registrato non solo una maggiore capacità
di sopportazione della fase recessiva ma ha manifestato, al
contrario dell'Italia ferma al palo, una maggiore capacità di
crescita già nel 2012.
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- Eppure anche in Italia, a fronte di una stagnazione della
domanda interna, il totale delle esportazioni è stato di
circa 400 miliardi di euro (oltre il 25% del PIL).
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- Nonostante questi significativi dati, che indicano l'enorme
importanza di questo settore e la sua strategicità per
l'economia Nazionale, tutti i principali indici internazionali
collocano l'Italia in posizioni di retroguardia rispetto a questo
tema. Così è per il Global Connedness Index che,
misurando la capacità di penetrazione commerciale di un paese
rispetto ai mercati internazionali, colloca l'Italia solo al 28°
posto nella classifica dei 125 paesi analizzati, ed al 18° posto
in quella dei 38 paesi europei (UE e non UE).
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8Si veda “Doing Business
2013. Smarter Regulations for Small and Medium-Sue enterprises”
10th edition 2013
9World Ecnomic Forum. The Europe
2020 Competitiveness Report: Building a More Competitive Europe.
2012 Ginevra.
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- Non migliore sorte ci riserva la scrupolosa analisi condotta dal
Doing Business 20138 dove l'Italia si colloca al 73°
posto su 185 Paesi del mondo per quanto riguarda la facilità
di fare impresa, o i dati del World Economic Forum (WEF) dove
l'Italia si colloca al 21° posto tra i 27 stati membri
dell'Unione Europea9.
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- Significativo anche il fatto che dal 2005 ad oggi l'Italia abbia
realizzato un totale di 14 riforme istituzionali o normative,
riguardanti diversi settore dell'impresa, ma nessuna inerente il
settore della logistica o del commercio transfrontaliero.
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- Ciò che sconvolge è l'illogica posizione assunta
dal Paese rispetto a quella che deve essere considerata una sua
primaria risorsa. I ragionamenti logici paiono funzionare, ed essere
seguiti ovunque, tranne che da noi.
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- Siamo convinti che in un delicato momento istituzionale ed
economico, come l'attuale, sia necessario dimostrare di saper
invertire la rotta, senza mediazioni o ulteriori incertezze. Nostro
auspicio è che dall'odierno incontro, a cui partecipano
importanti esponenti del mondo istituzionale, politico ed
imprenditoriale giunga, una decisa presa di posizione su almeno tre
temi: a) forte sostegno alle politiche di investimento in
infrastrutture, in grado di generare importanti leve occupazionali;
b) semplificazione normativa e dei controlli amministrativi, che
renda più certo l'operare delle imprese; c) politica fiscale
ed impositiva che sostenga il settore e sia in grado di attrarre,
come avviene in ogni parte del mondo, investimenti esteri.
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- Il Sostegno alle politiche di investimento in infrastrutture.
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10Vedasi “An Economic
Analysis Of Infrastructure lnvestiment” October 11, 2010. The
department of the Treasury with the council of economic Advisers
11Nel mese di febbraio 2013, il
numero di occupati americani del
settore non-agricolo è salito
di 236k unità dalle precedenti 119k (con il dato rivisto al
ribasso da 157k), ben sopra l'attesa di 165k. Nel settore
privato sono saliti a 246k da
140k, sopra il consensus di 170k. Nel settore
manifatturiero, l'aumento è
stato di 14k, dal precedente 12k (rivisto al rialzo da 4k) ben sopra
l'attesa di 9k, grazie in particolare all'automobilistico ed al
retail legato ai casalinghi. L'incremento maggiore degli ultimi sei
anni si è registrato nelle costruzioni
(che però resta ancora lontano dalle medie di lungo periodo),
Il tasso di disoccupazione
è sceso al 7,7%, sotto l'attesa di 7,9% che anticipava un
dato invariato. La diminuzione del tasso di disoccupazione è
dovuta sia ad un positivo aumento del numero degli occupati, sia
alla diminuzione della forza lavoro. Sono rimasti stabili i redditi,
mentre è aumentato da 34,4 a 34,5 il numero di ore lavorate,
Il dato è complessivamente molto positivo, conferma il
miglioramento del lavoro e giustifica la tenuta dei consumi
nonostante le problematiche fiscali.
12Comparative Analysis of
lnfrastructure PPP in BRICS Nations. Indian Institute of Management,
Kozhikode. Rameez raja Shaik and NiketaNarain. 2011 international
Conference on Advancements in information technology.
13Recentemente l'Italia ha
fatto importanti passi in avanti autorizzando i finanziamenti
privati nei porti. Tra il 2011 ed il 2012, le leggi 214/2011,
27/2012 e 35/2012 hanno introdotto le obbligazioni di progetto ed i
piani di finanziamento per i partenariati pubblico-privati. Un primo
passo è stato compiuto ma certamente è necessario
avviare riforme legislative ben più strutturate e penetranti.
14World Economic Forum 2011.
Competitivita mondiale.
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- Nell'ottobre del 2010 in piena recessione, il Presidente Obama
annunciò un “Bold Plan” per rilanciare l'economia
e l'occupazione americana attraverso il più massiccio
investimento in infrastrutture mai operato nella storia americana
dopo quello voluto nel 1955 dall'allora presidente Eisenhower.
Attraverso un rapporto dettagliato del Dipartimento del Tesoro10
gli Stati Uniti decisero un piano di investimenti per 50 miliardi di
dollari, in sei anni, e la creazione di una National Infrastructure
Bank con il compito di ottimizzare gli investimenti pubblici,
raccogliere ed orientare gli investitori privati, selezionare i
migliori progetti di interesse regionale e nazionale.
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- Dati alla mano gli ingenti investimenti, pubblico-privati nel
settore delle infrastrutture e dei trasporti, hanno portato ad una
crescente riduzione della disoccupazione negli USA11 e ad
una capacità di questo Paese a saper far fronte ad una crisi
latente con una crescita del PIL del 2,2% nel 2012, ed un risparmio
stimato per famiglia di oltre 6 mila dollari/anno.
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- Scelte simili, dettate da obiettivi analoghi e da risultati che
confermano la bontà della strategia, sono state compiuti in
questi anni anche da c.d. “Paesi BRICS” dove politiche
mirate a facilitare le partecipazioni private in investimenti
infrastrutturali, dai c.d. “PPI”, ossia, Private
Participation in Infrastructure, così come l'incremento
delle politiche di Public and Private partnership (PPP) hanno
consentito a questi paesi di chiudere un 2012 con dati di crescita
del PIL sensibilmente migliori al continente europeo.12
-
- Quello della co-partecipazione Pubblico Privata negli
investimenti relativi alle infrastrutture è stato oggetto di
importanti interventi normativi di semplificazione ed apertura anche
in numerosi paesi dell'Europa Centrale e dell'Europa dell'Est.13
-
- Le infrastrutture in Italia, invece, sono vissute come un ospite
scomodo anche in ambito portuale. L'indice di competitività
mondiale del World Economic Forum posiziona l'Italia all'81 posto
tra le 142 economie valutate in base alla qualità delle
infrastrutture portuali, dopo i principali competitor europei.14
La concorrenza per ottenere risorse finanziarie per migliorare le
infrastrutture è serrata tra le stesse autorità
portuali italiane.
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15Si veda studio della
PriceWaterHouseCoopers dal titolo “Building New Europe's
lnfrastructure. Pubblic Private Partnership in Central and Eastern
Europe”
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- E mentre noi riflettiamo sul da farsi, molte economie emergenti
dell'area euro hanno iniziato ad avviare, da un lato, significativi
interventi di semplificazione normativa per sostenere gli
investimenti privati e, dall'altro, provveduto alla creazione di
norme speciali per favorire lo sviluppo di politiche di Public
Private Partnership.15 È il caso, neanche troppo
lontano, di Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Slovakia e
Bulgaria.
-
- È dunque amaro e grave vedere come in questo Paese, ma
anche in questa regione e città, si incontrino ancora tante
resistenze rispetto a progetti di infrastrutture. Pensiamo sia
giunto il momento di aprirsi ad un confronto franco ed aperto dove
chi si oppone ad una politica di investimenti e di rilancio dichiari
di assumersi anche le relative responsabilità per una
politica orientata al non fare o, peggio, all'impedire.
-
- Perché in tanti casi, è amaro constatarlo, c'è
anche chi rema contro come nel caso delle Ferrovie dello Stato,
libere di disfare a proprio piacimento i piani di sviluppo
infrastrutturale di un territorio come il nostro o, peggio ancora
del Paese, forti di un monopolio assoluto che ha soffocato negli
anni ogni possibilità di sviluppo di questo settore vuoi per
impossibilità di aprirlo al mercato, vuoi per averlo reso
obsoleto e troppo costoso per ogni minima aspirazione di rilancio.
-
- Guardando alla Liguria ed a Genova noi spedizionieri diciamo che
non è ammissibile ritardare di un solo giorno opere come
Terzo Valico e Gronda. Basta alle indecisioni ed alla politica dei
riesami infiniti: la politica ed il mondo dell'impresa devono avere
il coraggio di gridare al territorio cosa lo stesso andrà a
perdere se queste iniziative non verranno portate a compimento.
-
- Come categoria siamo fermamente convinti che lo sviluppo futuro
della portualità genovese, sotto il profilo economico,
territoriale, tecnologico ed ambientale non solo debba vedere
fortemente impegnate tutte le categorie di operatori ma, ancor
prima, coinvolta la città. I genovesi ed i liguri devono
capire e convincersi che buona parte del loro futuro, di quello dei
loro figli, dipenderà dalla volontà di fare scelte
orientate a sostenere la vocazione mercantile di questo territorio.
-
- Numerosi indicatori oggettivi sostengono questa nostra ferrea
convinzione.
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16Nel 2010 nella Provincia di
Genova, dove operano oltre la meta delle imprese della Liguria
(85.644 su 167.001), la “forza lavoro”è stata
quantificata in 381.212 persone (di cui 209.355 uomini e 171.856
donne) e fra questi gli occupati sono 356.302 ed i disoccupati
24.910. Il tasso di attività è del 68,86%, quello di
occupazione del 64,27% (per i maschi del 70,77%, per le femmine del
57,92%), quello di disoccupazione del 6,56% a livello generale, del
19,95% a livello giovanile (per i maschi del 21,80%, per le femmine
del 17,51%).
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- Nella nostra città circa il 18 per cento dei nostri
residenti trae la propria fonte di reddito dal Porto, che dà
occupazione a circa il 14,8 per cento della popolazione genovese ed
al 10,5 di quella della provincia. Se proiettiamo queste percentuali
in un'ottica di sviluppo e rilancio reale dell'economia marittima,
potremmo anche arrivare ad immaginare quali potrebbero essere i
riflessi occupazionali in uno scenario di sviluppo dell'economia del
mare.16
-
- Questa città ha bisogno di alternative occupazionali alla
siderurgia ed alla cantieristica, ha bisogno di sinergie più
forti tra mondo dell'impresa, della ricerca scientifica e
dell'Università. Dobbiamo avere il coraggio di metterci in
gioco capendo che la sfida del futuro potrà essere vinta solo
sviluppando nuove competenze e servizi. Pensando ai lavoratori della
Compagnia Unica ed al dibattito di questi giorni siamo convinti che
solo immaginando nuovi schemi organizzativi e nuove funzioni
operative potrà essere garantito un futuro con meno
incertezza e più lavoro.
-
- In uno scenario dove tutti i porti italiani stanno soffrendo
perdite di traffico, Genova chiuderà il 2012 con un segno
positivo (+11,79%). Questo trend di crescita, in costanza di una
profonda crisi, è stato possibile non solo quale conseguenza
della logica economica degli armatori che, in un periodo di pesante
crisi economica, hanno sfruttato le economie di scala, scalando meno
porti con unità di capacità maggiore, ma anche grazie
agli sforzi dell'intera comunità portuale.
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PORTO DI GENOVA - EVOLUZIONE TRAFFICO ANNI 2008 - 2012 |
ANNO |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
TEUs |
1.776.605 |
1.533.627 |
1.758.858 |
1.847.102 |
2.064.806 |
Variazione %le* |
- |
-13,68% |
14,69% |
5,02% |
11,79% |
- * (rispetto all'anno precedente)
-
Fonte: Autorità Portuale di Genova
-
Gli scenari futuri non possono non tener conto che il fenomeno
del gigantismo navale interesserà, oltre le rotte
transatlantiche, anche il Mediterraneo.
Va da sé che l'approdo a Genova di navi di queste
dimensioni comporteranno la movimentazione contemporanea di migliaia
di contenitori e la conseguente entrata ed uscita giornaliera dal
porto di miglia di mezzi pesanti.
Per tale motivo l'Autorità Portuale di Genova nel
redigere le sue linee guida ha dato per scontate le grandi opere:
Terzo Valico e Gronda. Ribadendo che senza quelle, ogni
possibile scenario per il porto di Genova sarebbe azzerato.
È bene sottolineare, anche in questa sede, che la Gronda
autostradale non è un'opera alternativa al Terzo Valico (che
aprirebbe Genova ai traffici destinati al Sud della Germania, alla
Svizzera e all'Austria), ma è, se vogliamo, complementare e
vitale per le distanze a corto raggio, ovvero comprese entro i 150
chilometri dal porto di Genova.
Dobbiamo recuperare quelle quote di mercato italiano, presente
in Lombardia e Veneto, che già da tempo hanno abbandonato
l'Italia per i porti del Nord Europa. Si calcola che circa il 47%
delle merci immesse in consumo in Italia entri da porti europei ma
non italiani, con un danno stimabile in non meno di 128 milioni di
euro di soli dazi non incassati.
Nel mondo che avanza e che progredisce, stiamo dunque assistendo
in tutto il mondo, a politiche di governo orientate a FARE
non solo investimenti in infrastrutture ma anche a rimodellare,
semplificandolo, il proprio quadro normativo di riferimento. Cosa
che in Italia pare impossibile a realizzarsi.
La semplificazione normativa ed amministrativa.
Da anni in occasione della nostra assemblea pubblica
riproponiamo, ostinatamente, il tema della semplificazione normativa
ed amministrativa che presiede le attività di importazione ed
esportazione delle merci e le attività legate, più in
generale, allo shipping. Ad oggi nulla è mutato.
Numerosi paesi europei, nel frattempo, hanno attuato importanti
politiche in materia di commercio marittimo, noi non siamo riusciti,
ad oltre due anni di distanza (Legge 242/2010) neanche a vedere i
primi germogli dello “Sportello Unico Doganale”
divenuto, invece, terreno di scontro tra pubbliche amministrazioni
che non intendono perdere prerogative e competenze.
Anche questi ritardi si traducono in sprechi di risorse
economiche ed intellettuali di cui la pubblica opinione dovrebbe
chiedere conto a chi, fino ad oggi amministrando i processi di
implementazione della norma, l'ha di fatto resa inattuabile.
Il comparto marittimo e portuale italiano non può far
dipendere la propria capacità produttiva dal livello di
efficienza dell'Agenzia delle Dogane. Se è giusto, come è
giusto e legittimo, che la dogana eserciti il proprio ruolo di
controllo esattivo dei diritti dello Stato, è diritto delle
imprese italiane chiedere ed ottenere che ciò avvenga sulla
base di costi e performance amministrative in linea con gli standard
europei.
Ecco allora che l'Agenzia delle Dogane dovrebbe essere riformata
in modo tale da adottare orari di lavoro più flessibili ed in
linea con le necessità mercantili. Le norme in materia di
mobilità interna del personale doganale dovrebbero parimenti
essere riformate, ponendo particolare attenzione ai volumi
commerciali. Tuttavia, l'organico degli uffici doganali nei
principali gateway sembra ancora sottodimensionato rispetto
ai volumi degli scambi commerciali soprattutto per quanto riguarda
le funzioni ispettive che, più di altre, incidono sui livelli
di efficienza e tempismo della prestazione doganale.
Sotto il profilo dei servizi alle merci vogliamo però
citare un esempio positivo di cui attribuiamo il merito all'impegno
del Presidente della Regione Claudio Burlando, del Presidente
dell'Autorità Portuale Luigi Merlo ed alla disponibilità
orientata al FARE di ARPAL, Presidi ed anche, in
questo caso, dell'Agenzia delle Dogane. Ci riferiamo qui alla
realizzazione dei due centri unificati di controllo sulle merci in
importazione (i c.d. PED) che, come più volte sostenuto nelle
nostre assemblee ed oggi finalmente in fase di realizzazione,
daranno un significativo contributo alla qualità dei servizi
portuali del Porto di Genova. La nostra categoria garantirà
il necessario supporto e siamo ben lieti di poter a breve
sottoscrivere l'accordo quadro con APGE ed ARPAL.
Un altro esempio del non fare cose che dovrebbero
già funzionare, nel senso della semplificazione, ma sono
ancora confinate entro gli angusti confini del “salviamo le
apparenze”è il tema del “Pre-Clearing
doganale”. Cosi come strutturato e confinato non può
funzionare! Perché possa portare benefici tangibili agli
operatori è necessario che Autorità Doganale e
Marittima trovino, celermente, una soluzione che consenta ci
ritenere dichiarabile il carico di una nave almeno 48 ore prima del
suo arrivo fisico. La tecnologia per farlo - sappiamo - esiste, qui
manca solo l'accordo tra le parti.
Confidiamo come categoria che l'Ammiraglio Felicio Angrisano,
che ringrazio per la partecipazione, in qualità di futuro
Comandante Generale delle Capitanerie di Porto, si impegni a trovare
con la Direzione Generale delle Dogane una soluzione orientata a
sostenere il mercato italiano.
Ma vi sono anche altri significativi esempi di come questo Paese
abbia compiuto scelte illogiche, rispetto a quello che l'Europa
testimonia, ed anche dannose per le proprie imprese.
Basti citare, ancora una volta, il tema dei “Costi
Minimi dell'Autotrasporto” su cui dopo una lunga
attesa - anche il tema dei tempi della giustizia pesa gravosamente
sul ranking mondiale dell'Italia - il Tar del Lazio si è
determinato a sottoporre la questione alla Corte di Giustizia
europea accogliendo peraltro, nell'ordinanza di rinvio, molte delle
eccezioni di illegittimità da noi tradotte in atti.
17Lo studio realizzato dallo
studio legale VerhaegenWalravens e presentato a Roma lo scorso 13
Febbraio 2013 si intitola “Legalità concorrenza e
sicurezza dell'autotrasporto in Europa - Studio Comparato”.
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Un recente studio presentato a Roma da Confindustria e Confetra
illustra, attraverso una attenta e scrupolosa indagine comparativa
condotta a livello europeo dallo studio legale Verhaegen
Walravens17, come i costi minimi siano una
peculiarità italiana che non ha eguali in Europa ed in grado
di penalizzare fortemente il settore dei trasporti, bypassato dalla
concorrenza proveniente dall'est europeo, e della logistica a cui
vengono imposti livelli tariffari che non hanno pari in Europa. Un
altro classico pasticcio all'italiana.
Sul tema delle semplificazioni occorre una vera e propria
rivoluzione culturale.
Occorre pensare a vere e proprie terapie d'urto, con la
soppressione di tutto ciò che non è strettamente
necessario per rispettare i dettami minimi europei, con la
valorizzazione a tutti gli effetti delle certificazioni private o
delle autocertificazioni. Le imprese e gli investitori hanno bisogno
di certezza: certezza negli adempimenti, certezza nei tempi,
certezza nei costi.
Semplificazione normativa ed amministrativa significa anche una
nuova legge in materia portuale con cui, sulla base dei canoni
adottati in Europa, si arrivi ad attribuire alle Autorità
Portuali, una reale autonomia funzionale e finanziaria. Basta
parlare della legge di riforma 84/94, andiamo oltre e pensiamo ad
una reale e radicale riforma del sistema portuale.
Assunta la rilevanza dei porti in materia di ricavi IVA e di
accise sulle attività di importazione ed esportazione, le
risorse dovrebbero essere distribuite ad ogni porto in funzione del
relativo valore economico e contributivo al PIL.
Ma non solo. Le Autorità Portuali devono essere dotate di
poteri dispositivi e di coordinamento amministrativo su tutte le
amministrazioni che, a livello portuale, intervengono nel flusso di
importazione ed esportazione delle merci. Pari poteri devono essere
espressi in rifermento alle attività retroportuali ed a
quelle di prossima generazione delle macro-regioni doganali. Altra
aberrazione normativa italiana. Non ultimo auspichiamo, e
sosterremo, una reale semplificazione delle procedure amministrative
per le attività di dragaggio dei fondali, iniziata con la
legge 27/2012 e di adeguamento delle infrastrutture portuali
rispetto alle necessità evolutive del mercato.
Quest'ultimo spunto ci permette di introdurre alcune rapide
riflessioni sull'approvando nuovo Piano Regolatore Portuale.
Complimentandoci con l'Autorità Portuale di Genova per lo
scrupoloso lavoro di composizione delle varie istanze, da ultimo
testimoniato dall'attività di raccolta di impressioni e
giudizi, sulle varie ipotesi progettuali, riteniamo che i! nuovo PRP
debba essere audace, guardare al futuro dello scalo genovese con
realismo, si, ma pur con giusto ottimismo.
Con realismo l'Autorità Portuale di Genova ha elaborato
le linee guida del nuovo PRP di Genova al 2030, prospettando otto
possibili scenari che hanno come filo conduttore lo spostamento
delle dighe esistenti per permettere l'accoglienza e l'evoluzione di
navi portacontenitori fino a 22 mila TEU.
Sebbene impegnativi i progetti sia di VOLTRI che di AEROPORTO
definiti “Isole”, hanno affascinato la categoria in
funzione degli spazi che sviluppano, a favore della merce, e delle
potenzialità di incremento commerciale, sia marittimo che
aereo, che possono garantire. Insomma la categoria ha visto in
questi progetti un modo di sognare in grande per il Porto di Genova
e per il suo Aeroporto perché, vogliamo sottolinearlo, questa
città se vuole pensare in grande ha bisogno di uno scalo
aeroportuale adeguato. Volendo restare con i piedi per terra le
soluzioni intermedie, legate alle ipotesi VOLTRI AVANZAMENTO E
SAMPIERDARENA AVANZATA appaiono più realistiche sebbene
limitate rispetto ad una visione di porto che voglia andare oltre i
prossimi 10 anni.
Una politica fiscale ed impositiva adeguata allo sviluppo
dell'economia marittima e di quella italiana in generale.
Tra gli indicatori del malessere italiano, sicuramente figura
quello relativo agli investimenti esteri in Italia. Ebbene ai primi
posti del ranking mondiale stilato da UNCTAD e BLOOMBERG per
capacità di attrarre investimenti esteri compaiono Cina, Usa
e Brics. L'Italia, che non compare nella special top twenty, è
solo 87° a livello mondiale (superata tra gli altri da Zambia,
Albania e Mongolia) con una contrazione, registrata nel corso del
2010, di ben il 53% degli investimenti a capitale straniero!!
18In questi paesi vengono
infatti garantite, alle imprese straniere che investono nel
territorio: agevolazioni su imposte da reddito lordo, da imposte sul
reddito immobiliare e da imposte di registro; riduzioni delle
tariffe di fornitura di elettricità e/o gas; agevolazioni
all'acquisto, locazione o comodato di beni dello Stato; riduzioni
della aliquote di imposta.
19Si pensi che nel nostro
ordinamento esistono ben 720 voci che cadono attualmente sotto la
definizione di “spese fiscali” che rendono complesso,
farraginoso, incerto e poco trasparente il sistema tributario
italiano.
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È pertanto necessario sostenere con determinazione
l'attivazione dei necessari strumenti normativi, fiscali ed
amministrativi che possano consentire all'Italia di tornare ad
essere beneficiaria di investimenti esteri. A tal riguardo un valido
strumento di indirizzo può essere costituito dalle politiche
di numerosi Paesi Extra-UE che, grazie a “Regimi di
promozione industriale”, hanno visto incrementare in
maniera rilevante gli investitori stranieri.18
Tale esperienza, con le dovute distinzioni, caratterizza
l'azione amministrativa anche dei paesi BRIC, come la Cina, dove
sono da tempo operative le c.d. “Special Economic
Zones”ossia vere e proprie Zone Franche, in grado di
godere di significativi benefici fiscali e doganali.
La complessità e l'incertezza dell'ordinamento tributario
italiano pesano sulle imprese quasi quanto le aliquote elevate.
Scoraggiano gli investimenti e riducono l'attrattività
dell'Italia. Bisogna rendere la normativa tributaria più
lineare, di facile interpretazione. Bisogna, in sintesi, eliminare
quelle distorsioni introdotte per aumentare il gettito, che hanno
reso l'ordinamento opaco e di difficile lettura dei suoi
obiettivi.19
Come può questo Paese immaginare di attrarre investitori
esteri o di mantenere quelli italiani quando, già oggi, si
devono attendere mesi ed anni per avere un rimborso IVA? Questo è
il caso di molti operatori genovesi, penso ai terminalisti, ma anche
di molte altre medio-grandi imprese che, oltre allo sforzo di
resistere alla crisi e di continuare a competere con la concorrenza
internazionale, si trovano ad avere quale loro peggiore pagatore, e
spesso causa di insolvenza, lo Stato italiano.
Infrastrutture, semplificazione normativa ed amministrativa,
riforma fiscale e creazione di zone di promozione industriale. Su
questi quattro punti si gioca il futuro del sistema paese ed, in
particolare, del sistema portuale italiano.
Nel caso di Genova si tratta di scelte, come già
evidenziato, in grado di determinare il futuro occupazionale della
città e di intere nuove generazioni.
Quale riflessione conclusiva, in questa relazione vogliamo
parlare di lavoro. I principali indicatori elaborati dall'Ufficio
Economico della CGIL rappresentano ancora una volta una situazione
dell'economia ligure drammatica. Dall'inizio della crisi, la Liguria
ha perso circa 17 mila posti di lavoro, di cui 11 mila nei primi
nove mesi del 2012. I dati convenzionali ISTAT sui disoccupati
rivelano in oltre 53 mila le unità in cerca di lavoro nel
primo trimestre 2012.
20Dati INPS riportati all'interno
“Cruscotto economia genovese, I Semestre 201 2” Comune
di Genova
21Il riferimento è relativo
ad una recente intervista dell'Assessore regionale al lavoro, Enrico
Vesco il quale ha dichiarato “per il 2013 in Liguria sono
finiti i fondi per la Cassa Integrazione in deroga e per la
mobilità. Per ricevere gli ammortizzatori sociali ci sono
risorse fino a Marzo”. Attualmente i lavoratori in cassa
integrazione sono 9317 quelli in mobilita sono 741. Il problema
nasce dal fatto che, come ha spiegato l'assessore Vesco la Regione
contava di poter utilizzare i 24 milioni di saldo attivo del 2012 ma
il ministero avrebbe affermato che non è possibile.
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Se da un lato diminuiscono le ore di cassa integrazione
ordinaria o straordinaria, aumentano quelle di cassa integrazione in
deroga che investono in modo specifico il settore marittimo e
spedizionieristico che nel corso del 2012 ha registrato un
incremento del +13,9%.20
Elemento questo preoccupante non solo perché il settore
marittimo rappresenta ormai da decenni il solo settore produttivo e
di servizi della Regione e della Città in grado di offrire
occupazione stabile, ma anche perché attualmente l'erogazione
della Cassa Integrazione in Deroga ai dipendenti sta subendo
rilevanti ritardi con tutte le inevitabili conseguenze per
lavoratori e famiglie. La preoccupazione si trasforma in allarme se,
stando alle recenti dichiarazioni dell'Assessore Vesco, i fondi a
cui può accedere la Regione sono appena sufficienti a coprire
i primi tre mesi del 2013. Su questo drammatico scenario invitiamo
le Istituzioni presenti a farsi carico, con noi, del problema per
una sua soluzione.21
Un confronto dei dati legati alla crescita dell'occupazione
nella Provincia di Genova, relativo alle attività portuali,
conferma la capacità delle attività logistiche di
essere un vero e reale moltiplicatore dell'occupazione.
Significativi a tal riguardo sono i dati riportati nelle tabelle che
seguono:
ANNO |
ADDETTI ATTIVITA' PORTUALI DIRETTE |
OCCUPATI NELL'INDOTTO DIRETTO |
2002 |
9.000 |
15.300 |
2010 |
11.000 |
26.000 |
PERCENTUALE DI CRESCITA |
22.22% |
69.93% |
-
1995 |
2.500 |
2010 |
11.000 |
PERCENTUALE DI CRESCITA |
340% |
- La lettura di questi dati non può non aprire gli occhi su
almeno due considerazioni conclusive.
-
- La prima: gli importanti investimenti operati nel Porto di
Genova negli ultimi otto anni (2002 -2010) hanno reso possibile una
crescita costante dell'occupazione, consolidando il ruolo del porto
quale prima industria cittadina in controtendenza a tutti gli altri
settori economici di tipo industriale che hanno invece segnato nel
2012 una perdita del 16% rispetto all'anno precedente. Non possiamo
dunque smettere di investire e soprattutto non è possibile
continuare a mettere lacci e lacciuoli alle politiche di sviluppo
del porto.
-
- La seconda: prendendo per veri i dati relativi alle future
ipotesi di investimento e proiettando gli stessi su quelli che sono
stati i trend di crescita dell'occupazione negli ultimi 15 anni - è
lecito attendersi un ulteriore incremento dell'occupazione del
29.55% che potrebbe portare già nel 2015 a ben 14.250 le
unità di occupati in attività portuali dirette nel
territorio di Genova e ad oltre 30 mila quelle nell'indotto. Per
questo chiediamo ai genovesi di sostenere, insieme alle categorie
dell'impresa, le attività marittime che alimentano l'economia
della nostra Provincia e Regione.
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- Ecco perché la logica dice di FARE senza indugi e senza
scusanti.
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- Il porto e la logistica rappresentano un formidabile volano di
sviluppo del territorio, un polo funzionale in grado di generare
ricchezza ed occupazione, catalizzare risorse imprenditoriali ed
investimenti, stimolare lo sviluppo territoriale. Non può
essere trascurato il gettito fiscale prodotto dai traffici marittimi
che si attestano nei porti, punti naturali di frontiera doganale.
-
- La nostra speranza, dunque, è che le forze sociali,
politiche ed imprenditoriali di questa città sposino la
cultura del FARE ed attraverso essa diano prospettive e lavoro ai
giovani, sostegno alle imprese, restituendo così alla città
la possibilità di guardare con speranza al futuro.
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- Grazie per l'attenzione e buon prosieguo di lavoro.
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