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L'austriaca Rail Cargo rafforzerà i collegamenti ferroviari con i porti di Trieste e Venezia
Confetrra FVG, non esistono pericoli reali provenienti da investimenti esteri nel porto di Trieste. Il terminal TMT si dota di altri mezzi di movimentazione forniti da CVS Ferrari
15 marzo 2019
Lunedì l'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale siglerà due memorandum of understanding per implementare le relazioni ferroviarie tra il porto di Trieste e l'hinterland di riferimento nell'Europa centro-orientale. Il primo accordo sarà firmato da Andreas Matthä, amministratore delegato del gruppo ferroviario austriaco ÖBB, da Maurizio Gentile, amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana (RFI), e da Zeno D'Agostino, presidente dell'AdSP del Mare Adriatico Orientale. Il secondo sarà sottoscritto da D'Agostino e da Erik Regter, executive member del consiglio di amministrazione di Rail Cargo Austria (RCA), la società per il trasporto merci del gruppo ÖBB che nel 2018 ha movimentato 3.365 treni da e per il porto di Trieste.
Oltre che con il porto di Trieste l'austriaca Rail Cargo potenzierà anche l'offerta per il porto di Venezia realizzando un servizio triesttimanale tra lo scalo veneto e il terminal bimodale tedesco di Duisburg. Attraverso il porto di Venezia il servizio sarà connesso via traghetto ai porti di Brindisi, Patrasso e Pendik (Istanbul), mentre Duisburg fungerà da gateway da e per i mercati della Scandinavia.
Intanto la Trieste Marine Terminal (TMT), società che gestisce il container terminal al Molo VII del porto di Trieste, si doterà di ulteriori dieci reach stacker che saranno fornite dalla piacentina CVS Ferrari. Negli ultimi due anni il terminal ha registrato incrementi a due cifre del traffico containerizzato, con il 2018 che si è chiuso con una movimentazione di 625.767 teu, in crescita del +14,5% sull'anno precedente, sui 725.426 teu movimentati complessivamente dal porto di Trieste (+17,7%). Trend di crescita del traffico nello scalo portuale che è proseguito nel gennaio 2019, mese chiuso dallo scalo giuliano con 58.947 teu, con un aumento del +23,7% sul gennaio 2018.
All'incremento del traffico movimentato dal terminal TMT ha contribuito anche l'ingresso nella società terminalista, che è controllata dal gruppo T.O. Delta, del gruppo armatoriale Mediterranean Shipping Company (MSC), cliente dell'azienda, che nel 2015 ha acquisito il 45% del capitale della società (( del 16 settembre 2015).
Se l'authority portuale di Trieste e gli operatori del porto lavorano per sviluppare i legami dello scalo con i suoi mercati di riferimento e per accrescere ulteriormente la capacità del porto, in questi giorni Trieste è anche al centro di discussioni relativamente al reale o supposto interesse della Cina ad investire nel porto giuliano, disegno che potrebbe essere prossimamente esplicitato a seguito dell'accordo d'intesa relativo alla realizzazione della Nuova Via della Seta che il governo italiano ha previsto di sottoscrivere con l'esecutivo di Pechino in occasione della visita in Italia del presidente cinese Xi Jinping in programma dal 21 al 23 marzo prossimi.
Sulla questione è intervenuta oggi Confetra Friuli Venezia Giulia, organizzazione a cui fanno capo ASPT-ASTRA Friuli Venezia Giulia Associazione Spedizionieri del Porto di Trieste, Associazione Agenti Marittimi Friuli Venezia Giulia e AN.TE.P. Associazione Nazionale Terminalisti Portuali - Sezione Friuli Venezia Giulia. Riferendosi a questo dibattito, Confetra Friuli Venezia Giulia ha rilevato che «c'è chi ha elucubrato di pericoli per le industrie italiane, altri paventavano lo spoglio dell'Italia dalle sue infrastrutture strategiche come i porti. Il tutto - ha osservato l'organizzazione regionale della Confetra - è stato poi messo nello stesso calderone e condito con altri temi riguardanti le reti di comunicazione, la fondazione di società pubblico/private tra enti pubblici e partner asiatici per opere infrastrutturali, magari in deroga alle disposizioni del Codice degli appalti. Nessuno, però, si è scomodato per chiedere quali fossero la posizione o le proposte degli imprenditori che, quotidianamente, lavorano e danno lavoro nell'ambito del sistema portuale di Trieste, oggi uno dei porti più importanti d'Italia per tonnellaggio ed il primo per traffico ferroviario, soprattutto internazionale».
A tal proposito Confetra Friuli Venezia Giulia ha evidenziato che «va innanzitutto sottolineato che il oorto di Trieste, come tutti gli altri scali italiani, non è in vendita perché ciò è materialmente e giuridicamente impossibile. Il demanio marittimo non è in vendita. È corretto, invece, parlare di concessioni in base alla legge 84/94, che prevede regole, diritti e doveri. Se le condizioni stabilite all'atto della firma della concessione non vengono rispettate, al concessionario si può revocare la concessione. In secondo luogo, è utile ricordare come a Trieste, senza clamori mediatici, l'Autorità Portuale abbia ottemperato a quanto richiesto dalle leggi riguardo l‘ambito portuale, sia in materia di lavoro portuale (Piano dell'organico) che di Piano regolatore portuale (approvato). A ciò si aggiunga che si tratta dell'unico Porto franco internazionale in Europa, la cui disciplina codificata è di diritto pubblico internazionale. Confidiamo - ha esortato Confetra Friuli Venezia Giulia - che chi governa il Paese sia consapevole di quale strumento di politica internazionale e commerciale dispone e quali ne siano (nel dettaglio) le regole.
Relativamente al tema del pericolo, per l'industria nazionale, di investimenti esteri nel Porto franco di Trieste, Confetra Friuli Venezia Giulia ha osservato che «sarebbe utile capire in base a quali dati concreti esso trovi fondamento, a differenza di quanto accaduto altrove in Europa. Forse - ha spiegato l'organizzazione confederale - sfugge che il porto di Trieste serve per l'85% il Centro ed Est Europa (via ferrovia), mentre il mercato italiano pesa per il 15% circa. Pertinenti sembrano invece le considerazioni sul fatto che l'arrivo di investitori esteri non sarà la panacea per i porti italiani: lo condividiamo, in primo luogo perché se il nostro porto già cresce a doppia cifra, questo è dovuto principalmente al duro lavoro delle aziende private - spedizionieri, terminalisti portuali e retro portuali, agenti marittimi ed operatori in genere - che promuovono lo scalo giuliano a livello internazionale, lavoro agevolato dalle scelte operate dall'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale. È altresì privo di fondamento il campanello d'allarme, suonato dai soliti ben informati, sul pericolo di contraffazione dei prodotti: questo è un rischio sempre esistente, indipendentemente dalla provenienza dei prodotti, al quale devono ovviare gli organi statali preposti al controllo. Tali controlli sono regolarmente effettuati presso i Punti franchi di Trieste, presidiati dall'Agenzia delle Dogane e dalla Guardia di Finanza. Se queste considerazioni dovessero paralizzare le attività logistiche, sarebbe la fine del commercio internazionale, compreso quello dei prodotti italiani: questo sarebbe, in effetti, un gravissimo pericolo per l'industria italiana votata all'export».
Secondo Confetra Friuli Venezia Giulia, «una politica concreta per mantenere il controllo della catena logistica non prevede di “chiudersi a riccio” bensì, ad esempio, la promozione di una crescita della cultura industriale nel campo delle condizioni di vendita internazionale dei propri prodotti. I termini di resa Incoterms® 2010 - ha evidenziato l'organizzazione - andrebbero approfonditi e, per creare valore aggiunto, si suggerisce di accantonare la pervicacia degli imprenditori nostrani nel vendere franco fabbrica. La convinzione di liberarsi di ogni problema una volta che i prodotti sono usciti dal cancello del proprio stabilimento, regala ad altri attori (del trasporto e industriali) fino al 30% del valore commerciale dei beni e la perdita del controllo sulle vie che tali prodotti percorrono per raggiungere il luogo di destino».
«La partita che stiamo giocando - ha concluso Confetra Friuli Venezia Giulia precisando che è a disposizione dei decisori politici e delle altre associazioni professionali per discutere di questi temi - è storica e si gioca ora, con molteplici partner internazionali. Da essa dipenderà una parte consistente del futuro economico ed occupazionale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e di parte del nostro Paese. Perdite di tempo o, peggio ancora, improvvisazioni, non ce le possiamo permettere».
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