- La vicenda dell'attuale blocco del traffico nel canale di Suez, che è stato provocato dall'arenamento della portacontainer Ever Given, fa scattare due allarmi che anche un Paese come l'Italia, che cronicamente sottovaluta il mare in quanto fattore primario anche del sistema economico nazionale, non può permettersi di non ascoltare: da un lato, l'importanza strategica del trasporto marittimo e della Blue Economy nel suo complesso e, dall'altro, l'estrema fragilità e vulnerabilità del sistema dei trasporti marittimi e in particolare di infrastrutture strategiche come il canale di Suez, ma anche i grandi porti - quelli italiani in primis - di fronte ai rischi posti in essere dai cambiamenti climatici e da eventi meteo che ormai non possono più essere qualificati come straordinari.
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- Lo ha sottolineato il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, precisando che «se è vero che la causa che ha spinto una delle più grandi navi del mondo a ruotare su se stessa e a incagliarsi nelle sponde sabbiose del canale, sarebbe stata una tempesta di sabbia e quindi il forte vento, è urgente porsi interrogativi anche relativi alla fragilità dei porti italiani, oggi del tutto impreparati e non attrezzati ad affrontare episodi che saranno generati da condizioni meteo sempre più estreme».
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- Ricordando che Federlogistica, in stretta collaborazione con Enea, sta combattendo da tempo una battaglia solitaria su questo tema, dimostrando con studi e proposte l'esistenza di una vera emergenza, Merlo ha specificato che la federazione sa di poter contare su interlocutori attenti e competenti quali i ministri Cingolani e Giovannini per poter predisporre adeguati action plans, «ma - ha aggiunto - occorre un impegno consapevole di tutto il governo anche per affrontare brusche mutazioni nei possibili scenari geopolitici, facilmente ipotizzando che quanto accaduto nel canale di Suez sarà utilizzato in particolare da Cina e Russia per promuovere la rotta artica». Quest'ultima - ha osservato il presidente di Federlogistica - rappresenta «una scelta molto pericolosa dal punto di vista della sostenibilità ambientale, ma altrettanto pericolosa perché da un lato tenderebbe a isolare il Mediterraneo, dall'altro favorirebbe ulteriormente le ambizioni della Cina di controllo monopolista sui traffici e quindi sull'interscambio mondiale via mare».
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