- La disposizione impartita venerdì dal presidente americano Joe Biden alla Federal Maritime Commission (FMC) di adottare provvedimenti per contrastare energicamente quei vettori marittimi oceanici che impongono agli esportatori statunitensi oneri esorbitanti ha allarmato il World Shipping Council (WSC), l'associazione che rappresenta le principali compagnie di navigazione del mondo che operano nel segmento del trasporto marittimo dei container, settore che - con la sempre più accentuata crescita degli scambi commerciali internazionali - si pone come cardine strategico del sistema economico globalizzato ( del 9 e 9 luglio 2021).
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- L'allarme del World Shipping Council non sembra tanto suscitato dall'ordine formale imposto da Joe Biden alla FMC di accertarsi che i vettori marittimi non violino le norme ricaricando sui clienti oneri non attribuibili ad azioni o disfunzioni di questi ultimi, quanto piuttosto per le più ampie ripercussioni sull'industria dello shipping containerizzato che potrebbe avere l'Executive Order firmato da Biden che ha lo specifico scopo di promuovere la concorrenza nell'economia americana. L'obiettivo - ha spiegato il presidente - è «di abbassare i prezzi, aumentare i salari e compiere un ulteriore passo verso un'economia che funzioni per tutti. Al cuore del capitalismo - ha sottolineato Biden - c'è un concetto semplice: concorrenza aperta e leale». «La concorrenza leale - ha aggiunto - è il motivo per cui il capitalismo è stato la più grande forza mondiale per la prosperità e la crescita». «Invece, quello a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni - ha proseguito Biden, ed è probabilmente da qui che le parole del presidente hanno iniziato ad allarmare il WSC - è meno concorrenza e più concentrazione che frenano la nostra economia». «Invece che competere a vantaggio dei consumatori - ha rilevato il presidente USA riferendosi ad interi settori dell'impresa – quello che fanno è logorare i loro concorrenti. Invece che competere a vantaggio dei lavoratori, stanno trovando modi per avere la meglio sul lavoro. E troppo spesso, a dire il vero, il governo ha reso più difficile per le nuove imprese entrare nel mercato e competere». Ricordando a tutti di essere «un orgoglioso capitalista», Biden ha però chiarito che «il capitalismo senza concorrenza non è capitalismo, ma sfruttamento. Senza una sana concorrenza - ha precisato - i grandi player possono decidere mutamenti e addebitare ciò che vogliono e trattarvi come vogliono». Biden ha sottolineato che qui sta il «grosso problema», problema - ha specificato - che può diventare «un'incredibile opportunità: possiamo riportare più concorrenza a sempre maggiori parti del Paese, aiutando gli imprenditori e le piccole imprese a mettersi in gioco, aiutando i lavoratori ad ottenere un accordo migliore, aiutando le famiglie a risparmiare denaro ogni mese».
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- Più concretamente - ha spiegato Biden - l'Executive Order «impegna il governo federale ad un'applicazione più completa e decisa della nostra legislazione antitrust. Niente più tolleranza per le illecite azioni dei monopoli. Niente più cattive fusioni che portano a licenziamenti di massa, a prezzi più elevati e a meno scelta per i lavoratori e i consumatori». Tutto questo in una serie di settori industriali menzionati dal presidente, dalle telecomunicazioni al settore farmaceutico, dai servizi finanziari al comparto sanitario, senza trascurare affatto quello che sta a cuore al World Shipping Council: il trasporto marittimo. E in quest'ultimo ambito quello che l'Executive Order assegna all'agenzia federale Federal Maritime Commission, a differenza degli altri segmenti dell'industria, è un compito che giocoforza va al di là dei confini nazionali in quanto quella che viene presa in considerazione dall'ordinanza è «l'industria globale del trasporto marittimo containerizzato che si è consolidata in un piccolo numero di dominanti compagnia di linea estere e alleanze che possono penalizzare gli esportatori americani».
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- Se dalla Casa Bianca sembra tirare un vento sfavorevole per il World Shipping Council, dallo stesso suolo statunitense giunge però anche una brezza favorevole alla navigazione delle flotte degli associati del WSC. E definirla brezza è assai riduttivo, dato che un sostegno, magari involontario, a favore delle tesi dell'associazione dello shipping containerizzato è giunto nientemeno che dalla National Retail Federation (NRF), la potente organizzazione che negli USA rappresenta il settore del commercio al dettaglio, settore che dovrebbe essere piuttosto sensibile alle recriminazioni di Biden nei confronti dei vettori marittimi.
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- Se venerdì, replicando alle poco velate accuse ai carrier oceanici avanzate dal presidente americano, il presidente del WSC, John Butler, ha evidenziato che le attuali distorsioni che caratterizzano la supply chain marittima, che si ripercuotono anche su quella terrestre, sono dovute all'impennata storica della domanda di merci di importazione da parte dei consumatori americani, la National Retail Federation ha convalidato questa tesi. L'ultimo rapporto mensile “Global Port Tracker” della NRF conferma infatti che le importazioni attraverso i principali porti container nazionali continuano a registrate una crescita a due cifre rispetto allo scorso anno dato che la notevole domanda da parte dei consumatori continua a perdurare. «La crescita anno su anno a cui abbiamo assistito questa primavera - ha spiegato il vice presidente per la Supply Chain e la Customs Policy della National Retail Federation, Jonathan Gold - era inusuale dato che il confronto era con un periodo in cui la maggior parte dei negozi erano chiusi a causa della pandemia. Tuttavia - ha precisato Gold - stiamo continuando a registrare una forte crescita anche entrando in un periodo in cui lo scorso anno i negozi avevano riaperto. Questo è un segno dell'eccezionale domanda da parte dei consumatori».
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- Queste parole sono oro colato per ciò che il World Shipping Council sostiene da tempo, cioè che i vettori marittimi stanno facendo il possibile per incrementare la capacità delle proprie flotte e dei propri servizi al fine di soddisfare questa domanda, ma fare il possibile non significa riuscire a soddisfare l'impossibile. Da questo derivano gli attuali problemi della supply chain marittima che si riverberano sulla supply chain terrestre: «per i commercianti e la supply chain - ha sottolineato da parte sua Jonathan Gold - la sfida è costituita dal riuscire ad assicurare il rifornimento degli scaffali, dato che la congestione dei porti e le altre interruzioni della supply chain continuano ad avere un impatto sul settore e, in modo più ampio, sull'economia».
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- «I vincoli operativi causati dalla pandemia di Covid-19 combinati con l'aumento della domanda dei consumatori - ha osservato Ben Hackett, fondatore della Hackett Associates, la società di consulenza che collabora con la NRF alla stesura del “Global Port Tracker” - hanno messo a dura prova la supply chain logistica. Nell'ultimo anno il livello di crescita ha esercitato una pressione senza precedenti sugli importatori, sui carrier e sui trasportatori nazionali».
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- Di più e di meglio John Butler non avrebbe saputo dire e argomentare. Chi sa che il presidente del World Shipping Council non abbia già fatto una telefonata di ringraziamento a Jonathan Gold e Ben Hackett.
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- Bruno Bellio
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